Sarah King si immise nel traffico della Fifth Avenue con il piede affondato nell'acceleratore, lanciando una rapida occhiata nello specchietto retrovisore per accertarsi che l'aggressore non le stesse alle calcagna prima di frenare bruscamente per evitare le auto in coda davanti a lei. Il contraccolpo le procurò una scarica di dolore nel collo, dove le dita dell'assassino si erano strette per strangolarla.
Nell'auto ferma, nonostante l'aria condizionata e il maglione di cotone, Sarah si sentiva gelare. Dal finestrino infranto entrava una corrente di aria fredda che la investiva ululando. I fiocchi di neve granulosa si appiccicavano ai suoi vestiti e agli interni dell'auto prima di sciogliersi.
Ignorando le fitte alla gola, si voltò e raccolse dal sedile posteriore il piumino invernale e la sciarpa di lana con il logo della Columbia University. Tornando a guardare nello specchietto retrovisore, si infilò la giacca e si mise la sciarpa attorno al collo, senza però smettere di tremare.
Stava ancora cercando di dare un senso alla spaventosa piega che aveva preso quella giornata. La sua mente pretendeva una risposta. Chi è quell'uomo? Perché sta cercando di uccidermi? Più ci pensava, però, più si rendeva conto di non avere la minima idea del motivo che potesse aver spinto un uomo ad aggredirla e puntarle contro una pistola.
Si sentiva in balia di una sorta di vertigine ripensando alla scia di sangue che aveva lasciato dietro di sé nel corridoio del laboratorio dopo che il proiettile dell'assassino l'aveva ferita alla spalla. Per un momento, si domandò se anche John fosse coinvolto e se l'assassino l'avesse già eliminato, ma scosse la testa, incapace di considerare quella possibilità.
Muovetevi, forza! Pensò, colpendo ripetutamente il volante con il pugno. Le auto bloccate nell'ingorgo, però, non si mossero di un centimetro.
Con il cuore che le martellava, si guardò nuovamente alle spalle, sforzandosi di individuare l'utilitaria nera dell'aguzzino, ma l'imponente facciata neogotica della Cattedrale di San Patrizio, all'angolo tra la Fifth Avenue e la cinquantunesima strada, le impediva la visuale.
Mentre tornava a voltarsi verso le cinque ampie corsie invase dal traffico, si rese improvvisamente conto che più sarebbe rimasta ferma con l'auto, più per l'assassino raggiungerla e premere il grilletto sarebbe stato semplice.
Alzando gli occhi dalla strada, passò in rassegna i vari edifici che la circondavano, soppesando l'ipotesi di abbandonare l'auto e uscire per cercare un cellulare con il quale chiedere aiuto, ma accantonò subito l'idea. Se avesse chiesto il telefonino a un passante, l'assassino avrebbe potuto approfittare di quel momento di vulnerabilità per eliminarla, soprattutto contando sul fatto che in mezzo alla folla sarebbe potuto passare del tutto inosservato. Se rimango qui, sono morta comunque.
Senza il finestrino, l'aggressore avrebbe potuto raggiungerla a piedi sul marciapiede e fingere di averla incontrata per caso lungo la strada e, chinandosi per salutarla come se fossero vecchi amici, infilare la pistola nel varco.
Le rimaneva un'unica possibilità. Di nuovo, guardò in alto, leggendo le varie insegne esposte sui palazzi in pietra calcarea. Questa volta lo vide subito, a soli pochi metri di distanza. Il resto della città parve scomparire di fronte all'imponente edificio di undici piani che si ergeva davanti a lei.
Le quattordici bandiere che sventolavano sulla facciata principale con il marchio della catena di grandi magazzini Saks Fifth Avenue sembravano un ulteriore invito ad entrare. Ora o mai più. Pensò, spegnendo l'auto.
Prese la borsetta e si lanciò fuori dalla Mercedes, abbandonandola in mezzo alla strada.
Mentre si infilava di corsa tra le porte in vetro, Sarah non vide il taxi fermo all'incrocio con la cinquantunesima strada, a solo un isolato di distanza.Seduto all'interno di un vecchio taxi che puzzava di sigaretta, Anton Bogdanov seguì con lo sguardo il suo bersaglio correre fuori dalla sua auto ed entrare all'interno del grande magazzino al numero 611 di Fifth Avenue.
Un rivolo di sangue gli scendeva dalla ferita che si era procurato colpendo la fiancata della macchina della dottoressa King quando lei aveva accelerato, ma si sforzò di non lasciarsi distrarre dal dolore pulsante e di concentrarsi per pianificare una strategia. I motivi che avevano spinto la donna a cercare rifugio nel grande magazzino erano facilmente intuibili. La prima cosa che avrebbe cercato di fare, molto probabilmente, sarebbe stata procurarsi un cellulare, oppure chiedere aiuto a uno degli agenti di sicurezza. In entrambi i casi, Anton sapeva di avere poco tempo per agire.
Il tassista, seduto davanti, sospirò. Il traffico nella Quinta Strada sembrava essersi congelato. Il sicario, fortunatamente, non aveva più bisogno del suo servizio. Allungò al guidatore una manciata di banconote più che generosa e si fiondò all'inseguimento della dottoressa King, la pistola infilata in una fondina sotto l'ascella.
Alla sua sinistra, le due guglie gemelle della grande cattedrale di San Patrizio svettavano contro il cielo plumbeo. Mentre superava la folla, Anton si concesse un secondo per ammirarle prima di attraversare la cinquantesima strada e rallentare subito prima dell'entrata dell'edificio.
Il viso gli bruciava per il freddo e sentiva i polmoni in fiamme per lo sforzo. Ad Anton sembrava quasi di sentire un'energia pulsare dentro di sé nel momento in cui varcava l'ingresso. Dentro, l'aria era calda e odorava di detergente per pavimenti.
Le decorazioni natalizie addobbavano qualsiasi superficie della stanza: scaffali, pareti, vetrine, insegne, perfino sul pavimento era steso un tappeto decorato in tema con il resto degli addobbi.
Piccoli altoparlanti affissi al soffitto diffondevano nell'aria allegre canzoncine di Natale.
Anton non riusciva pensare a un luogo meno adatto per commettere un efferato omicidio.
Serpeggiando tra la folla e i banconi delle esposizioni, perlustrò il mare di sagome alla ricerca della dottoressa King, ma senza riuscire a individuarla. Fece più volte il giro del piano terra, lanciando continue occhiate all'uscita, prima di dirigersi verso le rampe di scale. Appena raggiunse il primo piano, si rese conto di aver sottovalutato la strategia della dottoressa. Quel posto era immenso.
Sentendo crescere la rabbia, si costrinse a chiudere gli occhi e a fare alcuni respiri profondi. Quando li riaprì, cercò di fare il punto della situazione. C'erano negozi in tutte le direzioni, affacciati a un unico, ampio passaggio perpendicolare alla scalinata e altri ancora in nicchie e corridoi laterali. Ispezionarli tutti sarebbe stato impensabile.
Per un attimo, considerò la possibilità di uscire e di attenderla all'esterno dell'edificio, quando, per una frazione di secondo, la vide correre tra la folla verso una porta in fondo al corridoio. Anche da quella distanza Bogdanov riuscì a scorgere il simbolo impresso sulla targa appesa sopra la porta. Sta cercando di nuovo riparo in bagno?
Anton sogghignò, consapevole che questa volta sarebbe certamente riuscito a tagliarle ogni via di fuga. Le finestre del primo piano si trovavano a più di sei metri da terra, e un salto da quell'altezza sarebbe stato sufficiente a procurarle gravi fratture. Anche se avesse tentato la fuga, lui le sarebbe stato addosso prima che riuscisse a mettersi in salvo.
Non salterà mai, non stavolta. Pensò avvicinandosi lentamente alle porte. No, vuole mettersi in contatto con la polizia con il telefonino di qualcuno e chiudersi in uno dei cubicoli fino all'arrivo degli agenti.
Bogdanov era già capitato in una situazione simile, diversi anni prima, e ora sapeva perfettamente come fare. Con cautela, infilò la mano destra in una tasca interna della giacca ed estrasse un lungo cilindro metallico, che applicò alla parte terminale della canna della pistola. Appena si fu assicurato che il silenziatore fosse inserito, passò all'azione.
Fingendosi trafelato, entrò di corsa nel bagno, con il fiatone. «Scusate, è per caso entrata una giovane donna qui, poco fa? È piuttosto alta, magra, capelli e occhi scuri. Ha iniziato a non sentirsi molto bene e mi ha lasciato al tavolo del bar per correre in direzione del bagno.»
Un uomo piuttosto grasso che si stava asciugando le mani si strinse nelle spalle e scosse la testa. Altre due donne, una con una capigliatura afro mentre l'altra con un caschetto biondo platino, fecero di no con la testa. Appena tutti e tre furono usciti, all'interno della stanza calò un silenzio assoluto. Purtroppo per lui, nessuno era riuscito a dirgli in quale cubicolo la dottoressa King si fosse nascosta ma, con il bagno deserto, gli sarebbe bastato provarli tutti.
Aprì con la spalla la porta che collegava le toilette femminili al locale con i lavandini. Dentro c'erano sei porte. Sfilò la pistola con il silenziatore dalla fondina e si chinò, lanciando una rapida occhiata sotto le porte dei bagni. Come si aspettava, non vide nulla.
Tenere i piedi sollevati da terra non ti servirà. Pensò, aprendo la prima porta. Vuoto. Spalancò anche la seconda, la terza, la quarta e la quinta, trovando tutti e quattro i cubicoli deserti. Rimaneva soltanto l'ultima porta. Afferrò la maniglia e tirò, ma il battente era stato chiuso dall'interno. Trovata.
Sentì un rumore di passi e le risate di un gruppo di ragazze provenire dalla stanza accanto e, allarmato, si affrettò a chiudersi nella toilette vicino a quella in cui si era rifugiata la dottoressa King. Si arrampicò sulla tazza del gabinetto e, una volta in piedi, si sporse oltre il pannello divisorio con la pistola in mano, pronto a fare fuoco.
Appena guardò nel cubicolo, però, si sentì come se lo avessero appena preso a schiaffi.
Della dottoressa, nemmeno l'ombra. Appoggiato sul sedile copriwater, un paio di stivaletti invernali da donna. Per terra, una serie di etichette.
Gli ci volle qualche secondo per comprendere il trucco. Poi, rivide per un secondo la donna con il caschetto biondo platino che era uscita dal bagno subito dopo che era entrato lui.
Furibondo, uscì dalla toilette e, ignorando le grida delle ragazze nel bagno, si lanciò all'inseguimento di Sarah.
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Crono
Science FictionStoria vincitrice nella categoria SCIENCE FICTION ai Premi Wattys 2020 [In revisione, non su Wattpad] Nel nordovest dell'Argentina, in una cava di sabbia, un operaio viene brutalmente sbranato vivo da un animale misterioso, morendo nell'infermieria...