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Dopo quasi sessanta minuti di viaggio, Tom Harris potè tirare un sospiro di sollievo.
Per quasi tutta la durata del tragitto, avevano discusso a lungo sulle implicazioni che ne sarebbero conseguite se avessero dimostrato effettivamente che il responsabile dell'aggressione all'operaio fosse un dinosauro.
Inizialmente, Foster aveva suggerito che, con i giusti compromessi, si sarebbe rivelata sia un'ottima fonte per studi scientifici in una marea di campi differenti, che un'attrazione turistica unica del suo genere, che avrebbe fatto chiudere rapidamente decine di parchi a tema e zoo di cittadini perché in poco tempo avrebbero perso visitatori.
Amy si era schierata soprattutto con la prima delle due idee ipotizzate dall'uomo, anche se aveva specificato che molto probabilmente la specie ne avrebbe risentito dell'improvvisa invasione di centinaia di scienziati da tutto il mondo che avrebbero preteso qualsiasi cosa si sarebbe potuta prestare a diventate un campione da laboratorio.
Pur non commentando la seconda ipotesi, Tom era riuscito a decifrare dal suo tono di voce che non avrebbe mai permesso di chiudere quell'animale in una gabbia e di esportarlo nei vari giardini zoologici nazionali e internazionali.
Lui si era schierato dalla sua parte, sapendo di avere in comune con Amy lo stesso risentimento nei confronti dell'imprigionare animali selvatici.
Non che fosse un animalista convinto che gli zoo rappresentassero una prigione, perché sapeva che ormai la maggior parte degli animali chiusi nei vari recinti, che ogni giorno vengono osservati da numerosissimi turisti, discendono direttamente da animali precedentemente vissuti in cattività. La liberazione di questi, a volte avrebbe comportato la loro inevitabile morte, perché non più abituati a procacciarsi il cibo e a sopravvivere senza gli agi che gli zoo gli garantiscono, non si sarebbero adattati e sarebbero deceduti in pochissimo tempo.
Quegli animali "addomesticati", che molti vorrebbero tanto liberare pensando possa essere un bene per loro, finirebbero col morire per colpa di quelle persone.
Può sembrare ingiusto. Pensava, ogni volta che fissava uno di quegli animali che ricambiava il suo sguardo oltre un vetro. Ma è meglio così.
Per molti di quegli animali, inoltre, gli zoo rappresentavano anche una salvezza, soprattutto per i problemi di bracconaggio e distruzione dei loro territori che, talvolta, finiscono con l'estinguere quella specie.
Sono molte le iniziative che si impegnano a salvaguardare queste specie in cattività, a farle riprodurre e poi a reintrodurle in riserve naturali protette da organizzazioni di livello mondiale.
Certo, vedere un dinosauro che tutti credono estinto nello zoo dietro casa sarebbe stata sicuramente una cosa che lui aveva desiderato fin da bambino. Circondato da modellini e peluches, aveva sempre sperato un giorno di poter vederlo davvero un dinosauro, di poterlo toccare con le proprie mani. Un sogno che, stando alle poche informazioni che, stando in quel momento avevano a disposizione, stava per avverarsi.

Quando l'auto si fermò appena fuori da un grande cancello di ferro, Amy sentì un improvvisa voglia di uscire dall'auto e scavalcare i quattro metri di rete metallica che la separavano dalla scoperta di tutta una vita.
Fissando il profilo montuoso che si delineava oltre i quadrati ottenuti dall'intersezione dei vari fili della rete, voltò lo sguardo verso i due uomini seduti davanti di lei.
«Ci siamo?» domandò, cercando di contenere a stento l'eccitazione.
Foster si girò e annuì, invitandoli a scendere con un cenno del capo.
«Se mi aspettate vicino al cancello, mi giro per parcheggiare in modo da avere il cofano verso la strada, così sono più comodo per ripartire.»
«Subito» fece Tom, slacciandosi la cintura di sicurezza e uscendo dalla Volvo. Amy fece lo stesso, raggiungendolo sforzandosi di mantenere un passo controllato. Mano a mano che la cava si faceva sempre più vicina, si intensificava dentro di lei il desiderio di correre e spalancare di peso il pesante cancello.
Non sono in un musical. Pensò, ridacchiando mentre raggiungeva l'amico.
Quando si fermò accanto a lui, notò che la stava guardando anche lui divertito.
«Non me lo hai neanche mai detto» le disse, infilandosi le mani in tasca.
«Che cosa?»
«Quanto poco hai dormito questi giorni? In aereo mi è parso stessi recuperando una settimana in bianco.»
Lei si sentì un attimo in imbarazzo. «Poco, questo sì, ma almeno quattro o cinque ore a notte le facevo. Inizialmente, quando mi sono resa conto che durante la notte era l'unico momento in cui potessi pensare un po' a questo viaggio, ho quasi subito smesso di dormire. Poi, verso le due del mattino, solitamente crollavo sfinita sul letto e, dal ventitré dicembre, ho smesso con i caffè.»
«Ha aiutato?»
Lei sospirò. «Abbastanza, anche se non riuscivo a smettere di pensare all'illustrazione del noasauro nel libro.»
Tom annuiva con fare comprensivo, mentre Foster parcheggiava l'auto, scendendo poco dopo. Mentre li raggiungeva, li guardò per un attimo con un'espressione tesa in volto, che mutò in un attimo in un sorriso radioso.
«Entriamo?» domandò, infilando la chiave nel lucchetto e, con un rapido giro, spalancò il cancello, facendo loro segno di precederlo. Mentre Amy gli passava accanto, notò con più chiarezza i segni di stanchezza sul viso dell'uomo, e ne dedusse che negli ultimi giorni, approssimativamente dall'attacco all'operaio, doveva aver passato giorni e notti con un peso insopportabile sulla coscienza.
Pur non essendo una persona che elabora teorie in anticipo basandosi solo su una misera parte di prove, quel pensiero si era delineato istantaneamente nella mente.
Anch'io mi sentirei come lui, effettivamente. Pensò, provando un senso di rimorso dentro, come una stretta allo stomaco. Negli ultimi giorni si era arrabbiata con lui semplicemente basandosi solo su alcune azioni che, - malgrado la situazione - erano comunque sbagliate. Da nascondergli l'attacco all'operaio alle analisi che avevano già compiuto alcuni specialisti a Salta, Amy non aveva potuto che sentirsi offesa dal suo comportamento, benché in quel momento una vocina nella sua testa gli suggeriva di perdonarlo e provare a capire le sue azioni immaginando la valanga di emozioni che doveva averlo investito in quell'ultimo periodo.
Se anche lei avesse subito un lutto come quello, probabilmente non sarebbe stata lucida quanto lui in quel momento, e probabilmente non sarebbe riuscita ad agire come aveva fatto Foster.
Sono stata davvero perfida nei suoi confronti. Pensò, girandosi per incrociare gli occhi di Tom, sperando in uno dei suoi sguardi comprensivi che la faceva sempre sentire meglio, ma senza che lui se ne accorgesse. Ora, però, sono qui, e farò di tutto per aiutarlo.
Attraversarono in silenzio un grande pianoro sabbioso, che terminava in un semicerchio di otto gradoni artificiali larghi più di sei metri l'uno, collegati fra di loro da alcune rampe di terra battuta.
Una strada, larga quasi il doppio dei gradoni stessi, scendeva formando ampi tornanti nella parte centrale del semicerchio, raggiungendo poi un secondo spiazzo.
«La tenda dove ci aspettando tutti è oltre il secondo terrapieno che vedete» gli disse Foster, raggiunto il bordo e indicando un punto triangolare quasi a seicento metri da loro.
Seguendo la direzione del dito, Amy vide anche un complesso di due edifici allungati e un grosso parallelepipedo irregolare bianco con una figura rossa sopra, posizionati poco sopra la piccola tenda, su uno spiazzo scavato nel fianco della montagna.
«Forse è meglio se scendiamo con la macchina, non credete?» domandò poi, ridacchiando mentre si aggiustava il cappello sugli occhi per proteggersi dal sole.
Amy annuì debolmente, ringraziandolo mentre lui usciva dal cancello spalancato di corsa, per raggiungere la Volvo.
Tornando a guardare di nuovo verso lo spiazzo più in basso, un'altra forma catturò la sua intenzione.
Fissandola per alcuni minuti senza riuscire ad emettere alcun suono, osservò un taglio orizzontale nella montagna, a forma di occhio, completamente nero, dall'altra parte dello spiazzo rispetto agli edifici.
Che diavolo è quello?

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