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Jonas Franco non aveva neppure udito lo sparo quando, piegato in due dal colpo improvviso, vide il sangue farsi strada tra le pieghe della camicia, scorrendo da un piccolo foro aperto sotto la cassa toracica, all'incirca tra lo stomaco e il pancreas.
Il dolore fu immediato, ma durò appena una frazione di secondo. In seguito subentrò il terrore.
Sentì le gambe tremare e cedere sotto il suo peso, mentre il bruciore al ventre gli offuscava la vista e il suo corpo perdeva l'appoggio sotto i piedi, come se una forza invisibile lo avesse appena spinto all'indietro, verso il vuoto, e lui non fosse riuscito a contrastarla.
Per un attimo, a Franco parve di essere privo di peso, prima di precipitare dall'altura verso il suolo roccioso trenta metri sotto di lui. Accadde tutto a una velocità spaventosa.
Colpì il terreno con violenza, rimanendo senza respiro. Il male si diffuse in ogni fibra del suo corpo, paralizzandolo, con la schiena contro le pietre che affioravano dal terreno, le gambe e le braccia aperte, mentre il sangue prendeva a scorrere a fiotti dal foro all'addome.
Sputò del sangue, il petto contratto dal dolore e dai conati. Distolse lo sguardo dalla ferita, come se in quel modo potesse alleviare il suo strazio, inutilmente.
Pochi secondi dopo, ancora agonizzante, avvertì un fruscio e dei suoni simili a squittii provenire dalla vegetazione che lo circondava.
Attaccarono senza preavviso. Sei o sette sagome sbucarono da dietro i cespugli e da sotto le fronde più basse degli alberi, le piccole teste allungate rivolte verso di lui. Con gli occhi socchiusi, Franco riusciva a malapena a distinguerle dalle massa informe della foresta.
Gli animali che lo accerchiavano erano alti poco più di un metro e lunghi il doppio, e ricordavano grandi uccelli privi di piume, dalla postura bipede, una lunga coda parallela al terreno, le zampe anteriori lunghe e munite di tre dita artigliate e il collo a S. La pelle squamata era verde chiaro, striata di marrone sulla schiena.
Una delle creature avvicinò il muso sottile verso il suo addome, sopra il foro del proiettile e annusò, dilatando e contraendo le sottili narici verticali. Franco lo fissò, il cuore che martellava.
Di colpo, l'animale balzò su di lui, conficcando gli artigli nella carne e strappandogli un grido di dolore. Il piccolo essere lo ignorò e tornò ad annusare la ferita sanguinante al suo stomaco, spostando continuamente il suo peso per restare in equilibrio, e spingendo sempre più in profondità gli artigli nel suo addome.
Poi, con un rapido movimento del collo, aprì di scatto la bocca e gli strappò un lembo della camicia, sprofondando con i denti e lacerandogli la carne. Appena alzò il muso, tra le fauci stringeva un brandello sanguinante.
Franco tentò di divincolarsi, di alzarsi in piedi, ma fu inutile. Un secondo animale gli saltò sul bacino e un terzo gli morse la pelle sulla coscia, affondando i denti fino al femore. Lui lanciò un altro grido, non appena una delle creature afferrò con i denti il suo intestino, strappandone un pezzo e ingoiandolo, per poi infilare nuovamente il muso nella lacerazione.
In preda allo spasimo e al terrore, Franco voltò la testa all'indietro, sputando altro sangue, e osservando le ultime immagini del suo mondo, ormai ridotto solo a forme scure, indefinite, lontanissime, eppure a pochi metri da lui. Per la prima volta dopo anni, straziato, Jonas Franco sentì le lacrime scorrere lungo le guance.
Mentre chiudeva gli occhi, pregando che tutto finisse al più presto, uno degli esseri gli conficcò i denti nel suo collo e, come una risposta alle sue suppliche, lo sollevò lentamente da terra e compì una rapida torsione col capo.
Poi divenne tutto nero.

In cima all'altura, Rivas Evian voltò lo sguardo dal punto in cui Franco era appena precipitato e tese l'arma verso Amy, la canna metallica della semiautomatica puntata all'altezza del suo cuore.
In quel momento, nonostante il caldo sempre più opprimente, Amy sentì il sangue gelarsi nelle vene, mentre in lei si fece strada una nuova ondata di paura.
Affondando le unghie nel palmo delle mani socchiuse gli occhi, prese tre boccate d'aria e li riaprì, alzando lo suo sguardo. Non nutriva alcun dubbio che nemmeno questa volta il cacciatore avrebbe esitato a premere il grilletto se si fosse reso conto che non gli stesse venendo detta tutta la verità.
Nonostante la prospettiva della morte, tuttavia, Amy era certa che non avrebbe mai ceduto.
«Non ti dirò nulla di quello che vuoi sapere» gli disse, stupita della sua stessa fermezza.
Il volto rigido del cacciatore si rilassò mentre le sorrideva, divertito.
«No, certo che non lo farà.» La calma nella sua voce si rifletteva nell'imperturbabilità del suo sguardo. «Ma non le starei puntando la pistola se volessi quelle informazioni da lei.»
Con la coda dell'occhio, Amy vide Tom, accanto a lei, irrigidirsi di colpo e stringere le mani attorno al calcio della semiautomatica. «Io? Perché dovrei farlo? Che cosa mi dice che quando avrai ottenuto ciò che vuoi non ci eliminerai ugualmente?» gli domandò, teso.
«È davvero disposto a rischiare, professore?» gli rispose il cacciatore, rivolgendogli un ghigno e passandosi una mano sulla fronte sudata.
Tom esitò. «Prometti che se ti dico ciò che vuoi sapere poi la lascerai andare.»
«A quale scopo?» Rivas aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Se le assicurassi di non spararle se dovesse collaborare, che cosa otterrei, mi dica? Per quanto ne so, lei potrebbe mentire, inventare su due piedi un paio di nomi, degli indirizzi... Professore, lei ora deve capire che io non ho alcun interesse verso queste informazioni. Per me sono solo parole, niente di più. Se lei mente, o non collabora, questa situazione non si ritorcerà contro di me, ma contro di lei. La persona per cui lavoro ha bisogno di quei nomi, quindi le sto dando la possibilità di tirarsi fuori da questa situazione, prima che peggiori.»
Amy provava un senso di ripugnanza mentre fissava l'uomo che le puntava contro la pistola. Le sue ultime affermazioni la avevano completamente colta alla sprovvista.
È un sicario. L'idea la raggelò. C'è qualcun altro coinvolto... qualcuno che vuole che questa scoperta non venga mai rivelata.
«Professore, agisca con intelligenza» continuò l'assassino, risoluto. «Le ho offerto la possibilità di collaborare; non sia impulsivo. In verità, la sua amica mi ha già detto più quanto avrei sperato, perciò ora mi basta che lei confermi, o che smentisca, ma che mi dia qualcos'altro.»
«Bastardo» sibilò Amy, facendo un passo in avanti. «Schifoso bastardo.»
«Se non mi promette che non la toccherà, io non fiaterò.»
«Sono stato accondiscendente con lei, professore» Rivas tornò a fissare Amy con lo sguardo privo di espressione, e avvicinò il dito al grilletto. «E anche con lei, dottoressa. Se non collaborate, non mi siete più di alcun aiuto. Come ho detto, a me non importa se vivete o morite. Io eseguo quanto mi viene commissionato. Non discuto gli ordini, non mi pongo domande. Pensavo foste più furbi.»
Lo scatto della sicura parve rimbombare come un colpo di cannone. Accadde tutto in una frazione di secondo.
Mentre abbassava lo sguardo, Amy vide Tom colpire Rivas con il fianco, lanciandosi su di lui e spingendolo a terra.
Ci fu uno sparo, e il proiettile le sibilò a pochi centimetri dall'orecchio. D'istinto, Amy si gettò a terra, afferrando con le mani l'impugnatura della pistola lanciarazzi.
Appena si voltò verso i due uomini, si sentì colta dall'orrore.
A terra, schizzi di sangue si allargavano sul muschio umido, mentre Rivas colpiva Tom sul volto, in ginocchio su di lui. Il viso del professore era coperto di lividi sanguinanti.
Amy sfilò la pistola dalla cintura e la puntò contro Rivas, quando il gomito di Tom colpì il sicario sulla tempia, facendogli perdere l'equilibrio.
Un attimo dopo, Harris si risollevò... troppo tardi. Rivas era già in piedi e lo afferrò per le spalle, colpendolo ripetutamente all'addome con il ginocchio.
Solo in quel momento, Amy notò che il sicario era disarmato. La pistola doveva essere caduta nello scontro, ma lei non riusciva a individuarla da nessuna parte. Forse è caduta dall'altura. Pensò, tornando a fissare la scena, impotente.
Valutando le possibilità, si rese subito conto che l'arma tra le sue mani era inutile. Se avesse sparato un dardo, l'esplosione avrebbe potuto colpire Tom, ustionandolo gravemente, oppure andare a vuoto. In quel secondo caso non avrebbe avuto il tempo di inserire un altro razzo in canna.
Si infilò la pistola nell'elastico dei pantaloni e mosse un passo incerto in avanti.
«Scappa!» gridò Harris, voltandosi verso di lei. «Esci dalla caverna! Allontanati!»
Amy non aveva alcuna intenzione di abbandonarlo, soprattutto non ora che stava per avere la meglio sull'aggressore. Scosse il capo, correndo verso di lui.
Appena gli fu addosso, afferrò Rivas per le spalle e lo spinse all'indietro, facendolo finire con la schiena contro la pietra dell'altura. Si rialzò rapidamente e tentò di fare un passo indietro, ma lui reagì d'istinto e la afferrò per la gamba, strattonandola. Amy cadde a terra, rimanendo senza fiato.
Tom, nel frattempo, era riuscito ad alzarsi e sembrava sul punto di perdere i sensi. Era piegato in due dal dolore, il naso grondante di sangue e il respiro ansante.
Amy scalciò con tutte le sue forze, colpendo il sicario al petto, finché non riuscì a liberarsi e a trascinarsi con le braccia fino al bordo dell'altura, dove si voltò e, vedendo la scena davanti a lei, lanciò un'esclamazione di orrore.
Rivas era in piedi, illeso, e si stava avvicinando a Tom, ancora intento a recuperare le forze. Appena fu a pochi centimetri da lui, lo colpì con un pugno al mento, facendogli sputare sangue. Poi gli afferrò la camicia e, con un calcio, lo spinse oltre il precipizio.
Amy, sconcertata, fissò l'amico cadere, lanciando un grido. «Tom...!» La voce le morì in gola, mentre veniva assalita dai conati e dalla costernazione.
Rivas, pulendosi il sangue dalla bocca, si voltò e la fissò per alcuni secondi, in silenzio. Lei rimase immobile, in piedi al limitare della foresta. Alle sue spalle, il terreno scendeva quasi in verticale verso il fondo della caverna. Amy indietreggiò, mantenendo gli occhi puntati sul cacciatore.
In quell'istante, guardando verso la foresta dietro di sé, le parve di sentire nuovamente le urla di Tom. "Scappa! Esci dalla caverna! Allontanati!" Non ci riuscirò mai.
Il sicario, come se le avesse letto nel pensiero, infilò la mano sinistra sotto la camicia ed estrasse un lungo machete che brillò per un istante alla luce del sole.
Amy, istintivamente, come un animale alle strette, fece l'unica cosa possibile per mettersi in salvo. Terrorizzata, si girò di colpo e si lanciò in una corsa disperata verso il fondo della caverna.

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