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Appena fuori dall'aeroporto Güemes, l'uomo muscoloso e alto che era rimasto seduto su una panchina per quasi venti minuti, si alzò e si avvicinò all'unico taxi fermo appena fuori l'entrata. Si chinò e bussò al finestrino.
L'autista, mezzo addormentato, si svegliò di colpo e abbassò il vetro, allungandosi verso il potenziale cliente.
«Buenas tardes...» fece per dire.
«Segua il taxi che è appena partito» l'uomo muscoloso aprì la portiera posteriore e si accomodò sui sedili, «e si sbrighi, si sta allontanando.»
Benché gli fosse arrivato come un ordine, il tono dell'uomo pareva calmo e controllato, quasi fuori luogo pensando che era stato il gigante seduto dietro di lui a impartirlo.
«Signore, scusi se glielo domando» balbettò l'autista, «ma c'è una ragione perché lo vuole fare? Diciamocelo, lo sa che non è propriamente legale, giusto?»
L'uomo muscoloso ridacchiò, infilandosi la mano nella camicia. Quando vide dove aveva la mano, si rese conto della strada protuberanza a forma di L a livello del pettorale sinistro.
Pochi attimi dopo, con la canna della pistola puntata alla nuca, stava procedendo a tutta velocità verso l'uscita del viale d'accesso dell'aeroporto, inseguendo il veicolo appena rischiarato dai fanali duecento metri davanti a loro.

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