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Sprofondata nel sedile di pelle imbottito del camper, Amy Su stava lottando per non sentirsi soffocare.
Benché il camper fosse stato progettato in origine per trasportare comodamente al suo interno una famiglia o un gruppo di sei persone, le modifiche a cui era stato sottoposto ne avevano diminuito drasticamente lo spazio interno per ricavarci il piccolo laboratorio alle sue spalle.
Tom, accanto a lei sulla panca, le stringeva ancora la mano e gliela accarezzava col polpastrello del pollice. Se avesse potuto cancellare tutto il resto, sarebbe rimasta lì per un tempo illimitato con gli occhi chiusi e senza nessun pensiero per la mente.
Mai illudersi di vivere nei sogni. Pensò, alzando lo sguardo verso il parabrezza e cercando di non pensare al numero di persone che si trovavano con lei in quel momento.
Era da una novantina di secondi che il camper aveva lasciato la luce naturale del sole all'entrata della grotta, proseguendo in linea retta nel buio aiutato solo dai due fanali e dai quattro faretti montati sul tetto, che rischiaravano appena una porzione di pochi metri davanti a loro.
Allungando lo sguardo e sistemandosi meglio sul sedile, Amy studiò rapidamente la porzione a forma di semisfera della caverna illuminata dalla luce artificiale del veicolo.
Il pavimento della grotta era piatto e regolare, quasi come fosse una gigantesca lastra uniforme di pietra, coperta qua e là da alcune pietre di grosse e medie dimensioni, talvolta ricoperte da sedimenti e ghiaie.
Agli estremi del pavimento, che raggiungeva una larghezza media approssimata sui quattro metri, la parete rocciosa saliva improvvisamente formando un angolo di ottanta gradi, la cui inclinazione pari da entrambi i lati avrebbe formato una sezione trasversale simile ad un triangolo isoscele, il cui vertice si trovava parecchi metri più in alto rispetto a dove si trovavano, dove la luce dei fanali non arrivava.
Mentre si sistemava la camicia arrotolata dietro alla schiena, lo sguardo le cadde sul viso del giovane seduto davanti a lei, che fissava fuori da un finestrino laterale.
«Manuel, scusa se ti disturbo, ma è da un po' che volevo chiederti se ti ricordassi qualcosa di questo posto» gli disse. Lui distolse la sua attenzione dal finestrino e si girò a fissarla, rivolgendole un rapido sorriso, per poi scuotere il capo.
«Poco e niente in realtà» le rispose, con voce stanca, «quando Foster ci ha ordinato di ispezionare questo dannato posto dimenticato da Dio, non pensavamo affatto potesse trattarsi di un tunnel all'interno della montagna, piuttosto una rientranza, una nicchia.»
Amy annuì, allungandosi sul tavolo. Con la coda nell'occhio notò che anche Tom stava prendendo parte alla conversazione.
«Diciamo che tra noi tre è stato proprio Cayo a spingerci ad entrare. Se fosse stato per noi due molto probabilmente ci saremmo limitati a dare un'occhiata dell'interno rimanendo sulla soglia. Avevamo torce potenti, forse potevamo risparmiarvi tutto questo.»
Amy si affrettò a posargli una mano sulla sua. «Non credere minimamente che sia colpa tua, o vostra» si affrettò ad aggiungere rivolgendosi verso Franco, «nessuno di voi poteva sapere niente.»
Costa annuì, dubbioso. «Sappiamo di non averlo fatto di proposito, ne abbiamo parlato a lungo io e Jonas. Lo sa anche la famiglia dell'operaio, a cui abbiamo raccontato la vicenda nei giorni immediatamente successivi. Non so quanto ci abbiano ascoltato, ma si sono convinti che nessuno aveva colpa, e il risarcimento di Foster li ha persuasi a non fare causa a lui e alla cava. Non so quanto denaro abbia dato loro, ma ho paura che la cifra sia molto vicina a quella che avrebbero ottenuto in tribunale, se non addirittura superiore.»
Foster sembra più bravo a trattare col denaro che con le persone. Si disse Amy, sospirando.
«Avevate visto niente prima che il vostro compagno fosse aggredito?» domandò Tom.
Manuel esitò alcuni secondi prima di rispondergli: «come indizi che ci fossero animali?»
Harris annuì.
«C'era uno strano odore, di marcio, ma si sentiva poco. Una volta entrati abbiamo percorso alcune decine di metri puntando la torcia ovunque, cercando di non lasciare troppi spazi al buio per troppo tempo. Mano a mano che procedevamo la puzza aumentava, ma non ristagnava.»
«In che senso?» lo interruppe Amy, confusa e preoccupata allo stesso tempo.
«Si sentiva solo in alcuni momenti e per brevi istanti. Era molto forte» gli rispose, corrugando la fronte.
«E non avete pensato che fossero alcuni animali carnivori ad emettere quegli odori? Da quello che racconti pare proprio che vi stavano accerchiando» notò Amy, ricordando il commento di Hoyle su quanto fosse maleodorante il dente che stavano analizzando.
Franco sospirò e tossì. «In realtà non stavano circondando noi due» rivolse una rapida occhiata a Costa, «ma Cayo. Quelle ondate di odore le abbiamo cominciate a percepire solo pochi secondi prima che uno di quei maledetti lo attaccassero. Una sagoma molto scura si è stagliata contro l'alone della sua torcia mentre, con un balzo, gli saltava addosso e lo attaccava.»
Manuel abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi.
«E cosa avete fatto?» si azzardò Amy, quasi sussurrando.
«Ho gridato, gli sono corso contro e ho colpito l'animale sul naso con la torcia. Per un attimo ho distinto chiaramente la forma del muso, credo, poi quel bastardo ha pensato bene di allontanarsi. Non ho fatto in tempo a vederlo bene perché abbiamo dovuto portare fuori Cayo. Avevo capito che non c'era molto da fare. Aveva già perso molto sangue prima che uscissimo dalla caverna.»
Su si coprì la bocca con la mano e cercò di rimuovere quelle immagini dalla mente, ma senza riuscirci. Quando Foster le aveva raccontato dell'incidente, lei lo aveva vissuto dal suo punto di vista e, sentendo quella versione, si era sentita in un attimo peggio.
Mentre cercava di assimilare quelle informazioni, una domanda le sorse spontanea.
«Hai detto di aver visto il muso dell'animale?»
Franco annuì. «Una rapidissima occhiata in realtà, ma lo ricordo abbastanza.»
«Potresti descriverlo?»
«Allungato, non troppo sottile. Forse leggermente squadrato all'estremità.»
La sensazione che provò le fece mancare il fiato, e sapeva che anche Tom stava provando lo stesso. Quella descrizione coincideva perfettamente con quella del muso del Noasaurus leali, e la speranza si accese dentro di lei.
Mentre si voltava per ricevere conferma anche da Tom, lo vide con una strana espressione in volto, lo sguardo fisso apparentemente nel vuoto. Seguì la direzione dei suoi occhi e si ritrovò a fissare il suo stesso fenomeno. Anche Costa e Franco si voltarono verso il parabrezza.
Una sagoma abbagliante stagliata nell'oscurità della caverna circostante, a forma di triangolo allungato, che coincideva perfettamente con quella che doveva essere la forma della grotta.
Ci mise solo un secondo a capire di che cosa si trattasse, e rimase impietrita fissando la fine della galleria.
Esiste un'uscita? Si sentì come se avesse perso un battito. Vuol dire che quegli animali sono liberi di andarsene?
Il camper si inabissò rapidamente in un'enorme pozza d'acqua profonda una quarantina di centimetri e risalì dall'altra parte, uscendo poi dal lungo cunicolo e giungendo dall'altra parte.
Amy si coprì gli occhi con il palmo della mano, strizzandoli per abituarli alla forte luce che aveva invaso completamente il veicolo. Appena la vista si mise a fuoco, si sentì sprofondare.
Si alzò in piedi a fatica e attraversò il camper e si avvicinò al parabrezza quasi fino a toccarlo con la punta del naso, nello stesso momento in cui il camper si fermava. Osservò a lungo fuori senza dire una parola.
Si trovavano in un'enorme caverna, una delle più grandi che avesse mai visto.
Guardando in lontananza, misurò circa una lunghezza di circa cinque chilometri fino alla parete di fondo, appena visibile a causa dei riflessi della luce che filtrava attraverso ampie e strette fenditure del soffitto.
Abbassando di poco lo sguardo studiò attentamente il territorio che li circondava e si rese conto che il camper si era fermato su un grande spiazzo di pietra liscia, che terminava improvvisamente in un dirupo verticale che, trenta metri più in basso, scompariva sotto le chiome di una foresta di latifoglie che si estendeva per tutto il fondo della caverna.
Alla loro sinistra pareva che il terreno scendesse più dolcemente verso valle seguendo il profilo quasi perfettamente ellittico della caverna, scomparendo quasi subito alla vista  confondendosi tra gli alberi che lo circondavano.
Dall'altro lato, invece, alcuni fusti più sottili di piante simili a giovani betulle erano cresciute su una grossa zolla di verde che formava un pendio ripido che scendeva fino alla foresta. Una piccola cascata sgorgava attraverso alcune fenditure nella roccia e scorreva in un piccolo alveo che bagnava le radici scoperte degli alberelli e cadeva oltre il bordo, con un fragore sordo e distante.
«Incredibile» sussurrò lei.

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