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L'aria all'interno della tenda si stava facendo sempre più pesante. Il piccolo ventilatore di plastica ronzava dall'angolo del tavolo, rinfrescando appena l'ambiente. Il calore sembrava una morsa sempre più stretta, ma a Foster non importava, non in quel momento.
Le ho mentito. Proprio ora che avevo bisogno di aiuto.
Ricordò le ultime parole della dottoressa.
"Grazie mille, le faremo sapere prossimamente se scopriamo altri dettagli".
Altri dettagli. Pensò, passandosi una mano sugli occhi. Non siete nemmeno vicini a scoprire che creatura sia. Dio solo lo sa, per ora.
L'animale che aveva attaccato Cayo quella mattina non era sicuramente un caimano.
La cava era distante parecchi chilometri da un qualsiasi specchio d'acqua.
Quegli animali si vedono, comunque. Cayo non si sarebbe mai avvicinato.
Il dottor Perez, quando lo aveva chiamato dall'ospedale, aveva identificato l'aggressore come un crotalo, anche se la situazione non tornava. L'attacco non pareva essere stato provocato da un serpente, ma da un animale più grosso e più aggressivo.
Doug era frustrato. Aveva consultato due specialisti ed entrambi non avevano saputo dirgli altro che congetture insicure.
Sbuffò, alzandosi di scatto in piedi. Il rapido movimento gli fece girare la testa, e si dovette fermare, aspettando che passasse. Poi si avvicinò all'uscita, sistemandosi il cappello.
La caverna nera sulla parete di roccia di fronte a lui, a circa duecento metri di distanza, gli parve improvvisamente più minacciosa di quando l'aveva vista per la prima volta. Vide nuovamente il corpo di Cayo trasportato da Costa e Franco, che lo lasciavano nei sedili posteriori del fuoristrada e procedevano lungo la strada alta fino all'infermeria.
E l'odore di marcio.
Quell'odore.
Rabbrividì, cercando di fermarsi e di riflettere: la situazione stava precipitando, senza controllo.
"Salve, sono la dottoressa Su della New York University".
Avevano chiamato una dottoressa universitaria al laboratorio. Non significava niente di buono. Avevano sicuramente riscontrato dei problemi, e non solo delle semplici complicazioni.
Abbassò lo sguardo sul cellulare, appoggiato sul tavolo. Lo prese ed entrò in internet.
Digitò 'dott Su NYU' e attese alcuni secondi.
Scorse velocemente la fila di documenti, concentrandosi sul primo della lista. Il nome della donna era stato evidenziato tra alcune righe di testo per attirare l'attenzione del lettore. Cliccò e aspettò che si aprisse la pagina del sito.
Lo scorse velocemente, leggendo alcune parole velocemente, cercando di coniugare tutto in un unico filo logico. Il documento parlava dello studio della dottoressa sull'evoluzione preistorica degli uccelli, che sarebbe stata una rivoluzione nel mondo biologico.
Si lasciò cadere sullo schienale, sconfortato.

Hoyle alzò lo sguardo, incrociando quello di Amy che rientrava nella stanza. Gli occhi di lei erano arrossati, come se avesse pianto.
«Scusa» disse lei, soffiandosi il naso, «sono stata fuori tanto.»
«Tranquilla, non così a lungo» le rispose, cercando di tranquillizzarla. La dottoressa sembrava scossa, assente.
Lei si piegò e mise il cellulare nella borsetta poggiata a terra, poi si sedette sullo sgabello, ordinandosi i capelli dietro il cerchietto.
«Allora?» chiese Hoyle, «cos'hai scoperto?»
Lei sospirò, guardando verso il dente sul tavolo.
«Siamo tornati al punto di partenza, John. Non credo più che sia un caimano, non dopo quello che mi ha descritto quell'uomo.»
Hoyle la guardò, confuso. «Spiegati meglio.»
Amy gli raccontò la telefonata, cercando di non tralasciare dettagli.
«È stato piuttosto vago, non ti pare?»
«Sì, e soprattutto mi ha colpito una cosa: mi ha spiegato di aver calpestato il dente e di essersi ferito. Se troviamo delle tracce di sangue, ha detto che sono sue.»
«Perché ti ha colpito? Ci ha solo avvertiti...» commentò lui, non capendo a cosa si riferisse.
«Sì, indubbiamente, ma mi è parso molto come: "se vedete del sangue e dalle analisi sembra umano sappiate che è mio, non serve indagare".»
Hoyle continuava a non capire dove lei volesse andare a parare. Non era raro che nei campioni di animali pericolosi che venivano inviati al laboratorio si trovasse qualche traccia di tessuti umani o di altri animali.
Tre anni prima, durante l'estate, erano arrivati i resti di un rettile lungo un metro, che era stato trovato in avanzato stato di decomposizione nel seminterrato di un'abitazione a Cuba.
Il corpo somigliava ad una palla da football sgonfia e schiacciata, ma con accenni di arti e coda. Dopo quasi due giorni di esami avevano identificato l'animale come esemplare subadulto di Crocodylus rhombifer, una specie tipica della zona.
Quando avevano visionata l'apparato digerente dell'animale, avevano trovato le tracce dell'ultimo pasto. Hoyle non se lo sarebbe mai dimenticato quando dai test era risultata carne umana.
«E questo ti ha infastidita?» domandò, tornando al presente.
«Mi ha fatto incazzare» esclamò lei.
Hoyle rise. «Addirittura?»
«Gli stiamo solo facendo un piacere, e se ha tanta voglia di scherzare con noi o tralasciarci particolari importanti, allora glielo rispedisco il dente, con tanto di saluti.»
Anche lei stava per mettersi a ridere, ma si trattenne, cercando di rimanere seria.
«Quindi» continuò John, «secondo te non è vero che lo ha calpestato e se troviamo del sangue appartiene a qualcun altro?» continuava a non capire.
Perché non vuole che lo scopriamo? È stato proprio lui a consegnarcelo!
«Ho paura di sì, e non credo che lui voglia che lo scopriamo. Ce lo sta nascondendo.»
Hoyle la fissò, nervoso. «Ma perché?»
«Forse perché l'animale ha attaccato qualcuno e lui non voleva dircelo per spaventarci. Probabilmente pensava che avremmo avvertito le autorità e lui sarebbe rimasto coinvolto. Credo volesse evitare scocciature.»
«Sì, è possibile» commentò Hoyle, guardando fuori dalla finestra. Aveva cominciato a nevicare.
«Quindi non è un caimano» disse Amy, passando delicatamente il dito sul lato seghettato del frammento. Era ancora umido.
«Già, così sembrerebbe» John tornò a fissare la dottoressa, «prima, quando abbiamo visto il dente, avevo proposto fosse di un felide. Avrebbe senso?»
Aveva posto quella domanda a Sarah, ma lei gli aveva spiegato che non era fattibile per le eccessive differenze.
Amy fissò il dente alcuni secondi aggrottando la fronte. Poi scosse il capo.
«Non credo. Ovviamente le eccezioni per quanto riguarda la forma di alcune parti del corpo può mutare in natura. Anomalie genetiche» gli rispose, «ma, in questo caso, la differenza rimane comunque abbastanza significativa.»
«Però lei non lo escluderebbe?» si azzardò John, cercando la conferma nello sguardo perso di Amy.
«Non ci metterei la mano sul fuoco, sicuro. Però, essendo in mancanza di alternative... perché no?»
Lui annuì, convinto.
Aspetto solo gli esiti degli esami e potrò stendere una relazione. Pensò, compiaciuto.
«A che animale pensava, comunque?» domandò lei.
«Credo che, considerando l'area geografica, potrebbe essere un puma. Un puma con un'anomalia genetica alla dentatura.»
Breve e sintetico, come piace a me.
La porta del secondo laboratorio si aprì di scatto, rivelando la figura di Sarah. Era pallida e aveva un'espressione corruciata.
«Buongiorno dottoressa» disse, guardando Amy. Poi si voltò. «Dottore, non crederà mai a quello che ho scoperto.»

Tom Harris si guardò l'orologio da polso. Le nove e un quarto.
Nell'aula regnava il silenzio. Stavano tutti fissando i propri computer per cercare informazioni sulle migrazioni dei fenicotteri rossi.
Lunghi un metro, dal tipico colorito rossastro, i Phoenicopterus ruber hanno un'areale che comprendeva l'America Centrale e le Isole Galápagos. Identificati come sottospecie del fenicottero rosa, hanno un colore rosso sgargiante unico nella famiglia Phoenicopteridae, Harris li aveva visti solo un paio di volte al giardino zoologico del Bronx. Non gli erano piaciuti affatto.
Puzza di pesce e rumori insopportabili. Il resto sono piume.
Sorrise, ripensando a quando aveva detto quella stessa frase alla guida naturalistica che lo aveva accompagnato nella visita.
«Lei è ingiusto!» aveva esclamato la guida, una volta fuori dal recinto dei fenicotteri.
Harris lo guardò, confuso.
«Non mi dica che non è vero.»
«Certo che non lo è, i fenicotteri sono tra gli uccelli più belli e aggraziati che esistano.»
Dal tono, Harris capì che non era davvero arrabbiato, anche se pareva stesse cercando di sembrare serio.
«Sì, anche se questo è vero solo in parte» continuò Tom, «nelle enciclopedie sono belli, soprattutto i colori del piumaggio, non posso negarlo. Ma sai, dal vivo sono tutt'altra cosa.»
La guida non aveva replicato, rimanendo in silenzio per alcuni minuti, mentre lo accompagnava lungo il viale.
Era la seconda volta che Harris visitava quel parco, eppure lo ricordava diverso.
«Ah, signor Harris» disse improvvisamente la guida, «se viene da questa parte, potrà ammirare i nostri leoni marini.»

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