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Combatti o fuggi. Per la prima volta nella sua vita, Amy Su sentì l'istinto di sopravvivenza prevalere sulla paura.
Seduta al posto di guida, sollevò di scatto le gambe e si raggomitolò, appoggiando i talloni sul bordo del sedile, stringendo le caviglie con le braccia e infilando la testa nell'incavo fra il petto e le ginocchia. Chiuse gli occhi e trattenne il respiro. Per un secondo, all'interno del camper calò un silenzio carico di tensione.
Poi accadde il finimondo.
L'impatto fu molto più violento di quanto si fosse immaginata.
Il rumore del metallo che si contorceva sotto il peso dell'animale fu assordante, e per un attimo Amy temette che il veicolo non riuscisse a resistere allo scontro, ma nemmeno nei suoi peggiori incubi avrebbe mai potuto immaginare quello che sarebbe accaduto.
Il camper si sollevò di colpo sulle ruote del lato sinistro con un'angolazione di quasi quarantacinque gradi, fermandosi per un momento a mezz'aria.
Mentre il veicolo si inclinava, Amy ebbe appena il tempo di sciogliersi dalla presa e di alzare le braccia per afferrare la maniglia di sicurezza, ma le sue dita riuscirono solo a sfiorarla, e cadde all'indietro sbattendo con la schiena contro il finestrino laterale, che a causa dell'inclinazione era quasi parallelo al terreno. L'urto contro la superficie fredda la lasciò senza fiato.
Ancora disorientata per la caduta e in preda alla nausea, cominciò subito ad avvertire uno strano senso vuoto allo stomaco. Prima ancora di capire che cosa stesse succedendo, percepì subito la strana sensazione di avere il cuore in gola, come se il suo corpo fosse improvvisamente senza peso e si stesse sollevando in aria. Ma appena intuì perché si sentisse così, capì che la situazione era meno surreale di quanto avesse pensato. E molto più spaventosa.
Perso il delicato equilibrio che lo manteneva in bilico sulle ruote, il camper si rovesciò definitivamente a terra sul fianco sinistro con uno schianto fragoroso, sollevando polvere tutt'intorno. Dal laboratorio risuonò il frastuono degli strumenti in vetreria che scivolavano dagli scaffali e finivano contro la parete ormai orizzontale.
Appena ricadde sul finestrino del camper, Amy dovette fare appello a tutte le sue forze per non urlare. La fitta che si irradiò dalla spalla fu addirittura più forte di quella che aveva provato pochi secondi prima, ma in quel momento non poteva permettersi di cedere all'impulso di gridare per il dolore. Inspirò profondamente e strinse i denti, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

Costa non aveva neppure avvertito la caduta. Era avvenuto tutto con una rapidità terrificante.
In quel momento, dolorante e in preda alla nausea, era disteso su un fianco su una superficie fredda e liscia, leggermente ricurva verso il basso, con il corpo in una posizione assolutamente innaturale e la testa che gli martellava. Il taglio che si era procurato pochi minuti prima sulla fronte aveva ripreso a sanguinare.
Aveva l'impressione che le fitte acute dovute alla frattura del bacino lo stessero attraversando dalla testa ai piedi, come se il suo corpo fosse interamente trafitto da centinaia di coltelli, che affondavano lentamente nella carne.
Annaspando in cerca di ossigeno, raccolse quante più forze gli rimanevano per alzare la testa dalla chiazza di vomito e sangue in cui era riversa la testa, e inspirò profondamente una boccata d'aria. Sentì subito gli effetti benefici dell'ossigeno che lo rianimavano come se gli avessero fatto un'iniezione di adrenalina. Si fece forza e aprì appena gli occhi, se non altro per capire dove si trovava, ma nemmeno quando ebbe sollevato sufficientemente le palpebre per riuscire ad individuare qualcosa che non fossero forme sfocate e indistinte, riuscì a dare un senso a quello che vedeva.
Si trovava su un piano ricurvo trasparente, sotto cui si scorgeva un suolo roccioso, insieme con il riflesso della luce che gli feriva gli occhi. Cos'è successo?
L'ultima cosa che ricordava era di aver sputato parecchio sangue e di aver chiuso gli occhi, ormai in stato di semincoscienza, mentre la vista si faceva offuscata e i rumori sempre più impercettibili. Improvvisamente, però, aveva avvertito un tonfo sordo e distante e, un attimo dopo, si era sentito scagliare con violenza contro una superficie  priva di spigoli, leggermente elastica, e il dolore lo aveva risvegliato completamente.
In quel momento, però, per quanto si sforzasse di accettare la cosa, sembrava che la sua mente non riuscisse a elaborare di trovarsi ancora all'interno del camper. La sezione anteriore del veicolo, vista da quella angolazione, non aveva più nulla che la facesse somigliare a quella che era pochi minuti prima. Era ridotta a poco più di un rottame.
La parete di destra, sopra di lui, somigliava più a un foglio accartocciato di alluminio, che alla fiancata di un veicolo, mentre i finestrini sembravano pronti ad andare in frantumi da un momento all'altro, rischiando quindi di provocare una pioggia di schegge di vetro che sarebbe precipitata su lui... Preferì non pensarci.
Era già abbastanza doloroso avere a che fare con la consapevolezza che con il camper ridotto in quella maniera, le possibilità di raggiungere un ospedale si riducevano praticamente a zero. L'unica opzione che rimaneva loro era di contattare Foster con il telefono satellitare, ma in quel momento non avrebbe potuto in alcun modo arrampicarsi sui sedili per raggiungere il vano portaoggetti del cruscotto.
L'unica persona che poteva aiutarlo in quel momento era la dottoressa Su, che però da quando il camper si era rovesciato, lui non la riusciva più a vedere, né a sentire da nessuna parte. La aveva persa di vista pochi istanti prima, quando lo aveva raggiunto per assicurarsi che stesse bene, ma dubitava che si fosse allontanata dal camper. Molto probabilmente doveva essersi riparata da qualche parte, forse sotto uno dei sedili o uno dei banchi da lavoro del laboratorio. , dev'essere andata così.
Sperando che non le fosse successo nulla, ruotò la testa e la appoggiò di lato sul finestrino. Di nuovo, il contatto con il vetro freddo sembrò avere un potere rinvigorente su di lui, facendolo risvegliare definitivamente.
Ora che aveva una visuale più ampia sulla parte anteriore della stanza, passò in rassegna con lo sguardo ogni angolo riparato che quella posizione gli consentiva di scorgere, ma non ci fu bisogno di sforzare gli occhi per individuarla. Amy era distesa a terra di fronte a lui, prona, con la testa rivolta verso il parabrezza.
Vedendo che non si muoveva, la chiamò nella speranza che lo sentisse e gli rispondesse.
«Dottoressa?» Con l'orecchio appoggiato contro il finestrino, udì la propria voce amplificata, ma non si meravigliò se Amy non si voltò. Sapeva che era un'effetto acustico e che ormai le parole che pronunciava in parte erano solo sussurri impercettibili. Il dolore lo stava sfinendo.
Invece, un attimo prima che si arrendesse definitivamente, la dottoressa girò lentamente la testa, guardandolo con gli occhi spalancati. Anche da quella distanza vide che era terrorizzata.

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