EPILOGO

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Salta, Argentina
ore 10:17

Mina de Calchaquíes
L'esplosione avvenne improvvisamente, al termine del conto alla rovescia dell'operaio addetto alla detonazione.
Il costone di arenaria rossa collassò in una nuvola di polvere, sigillando l'entrata della caverna. Il rumore assordante della roccia contro la roccia si propagò per tutta la cava, echeggiando. Il vento disperse il polverone nell'aria soffocante di metà mattina.
In piedi accanto alla tenda di Douglas Foster, il guardiacaccia Hernando Ramirez osservò i detriti dell'esplosione depositarsi nella piccola area recintata davanti all'ingresso del tunnel, tirando un sospiro di sollievo.
Dall'aggressione all'operaio, avvenuta ormai sedici giorni prima, fino a quel momento, non aveva avuto un solo momento per fermarsi. Finalmente, aveva riempito tutti i buchi in quella storia, anche se una parte di lui continuava a credere che stesse sognando.
Dinosauri.
Appena glielo avevano riferito i due biologi, li aveva presi per matti, certo che fosse una tesi completamente insensata, se non fosse che subito dopo aver accompagnato la dottoressa Su e il professor Harris all'Hospital San Bernardo di Salta, aveva ricevuto una chiamata da uno dei suoi colleghi che sosteneva di aver trovato un cadavere mezzo divorato e di aver visto un grosso lucertolone correre verso la caverna quando era entrato nella cava con il SUV.
Il filmato che era riuscito a fare dell'animale durava a malapena cinque secondi, appena sufficienti per riuscire a risalire alla specie. Hernando aveva rivisto i due americani dopo che erano stati dimessi dall'ospedale e aveva offerto loro un caffè per discutere di ciò che avevano visto nella caverna e di quello che sapevano su Foster e sull'incidente.
In un attimo, tutti i pezzi erano andati a posto.
Il quadro completo, peraltro, aveva assunto una connotazione spaventosa. Foster aveva organizzato una spedizione con i due biologi americani, i due operai presenti al momento dell'attacco del noasauro a Guzman e un sicario incaricato di eliminare i civili dopo aver scoperto e averlo informato di cosa ci fosse all'interno della caverna.
Il piano, per Foster, si era rivelato un disastroso fallimento. Lui, gli operai e l'assassino erano morti, mentre la dottoressa e il professore erano riusciti miracolosamente a sopravvivere trovando un camper abbandonato all'interno della grotta.
Subito dopo avergli spiegato come avevano trovato il veicolo, Ramirez aveva avvertito immediatamente le autorità locali, che avevano identificato il mezzo e il proprietario, un ragazzo di poco più di vent'anni che viveva nel camper in un'area di sosta nella periferia della città.
Gli agenti avevano provato a contattarlo, ma il cellulare si trovava nel veicolo e, date le circostanze del ritrovamento del mezzo, avevano archiviato il caso dichiarando il ragazzo morto. La lista di vittime, però, era cresciuta ancora poche ore dopo, quando Su e Harris lo avevano richiamato raccontandogli fatti sconcertanti.
Sembrava, infatti, che Foster avesse contattato un altro sicario di origini russe a New York per eliminare i due ricercatori che avevano analizzato il dente e seguito le ricerche condotte da Amy e Tom. Stando a quanto gli avevano detto, il sicario si era scontrato prima con il dottor John Hoyle, paralizzandolo dal collo in giù con una torsione del collo, e poi aveva inseguito la sua assistente, la dottoressa Sarah King, per le strade delle città.
Risultato: il cadavere del sicario spinto nel vuoto da una delle finestre panoramiche del Grand Central Terminal, la segretaria del laboratorio morta dopo aver colpito il pavimento in seguito a una colluttazione, e una ragazza di sedici anni con il foro di un proiettile vagante in mezzo alla fronte.
L'unica nota positiva, era stata che sia King che Hoyle fossero sopravvissuti all'aggressione.
In quel momento, mentre fissava in lontananza l'ingresso della caverna coperto dai detriti di arenaria, si chiese se lui e la sua squadra avessero agito tempestivamente, o se ci fosse la possibilità che qualche animale fosse riuscito a uscire dal perimetro della cava.
Pedro Santos risalì il versante, la divisa e il volto coperti di polvere, e si schiarì la voce, strappandolo dai suoi pensieri. «Abbiamo fatto, e direi che è stato un ottimo lavoro. Non ci servirà piazzare altre cariche.»
Ramirez annuì, osservando prima lui con sguardo divertito e poi di nuovo la cava.
«Dici che basterà per tenerli dentro per qualche altro milione di anni?»
«Basta che lo faccia per la prossima settimana. Non mi richiamare dalle Barbados se non c'è un tirannosauro libero per la città, capito? È la vacanza che aspetto da una vita: sole, relax e tanto sesso. Non sai quanto tempo mi hai rubato in queste settimane con le tue paranoie!»
Ramirez rise, dandogli una pacca sulla spalla, mentre tornavano verso il SUV parcheggiato sulla strada. «Non preoccuparti. Faremo noi tutto il lavoro sporco. Cerca di tornare abbronzato almeno, sulle altre due cose non ci conterei.»
Questa volta anche Santos scoppiò a ridere, mentre saliva in macchina.
Hernando girò la chiave e il SUV risalì gli ampi tornanti della cava, uscendo dal cancello e immettendosi nella Ruta Nacional 68, verso nord.
In lontananza, nello specchietto retrovisore, il profilo delle montagne rosse che circondavano la Mina de Calchaquíes si rimpicciolì fino a scomparire.

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