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È successo qualcosa al camper.
Il boato sordo che Harris aveva udito pochi secondi prima sembrava ancora risuonargli in testa, mentre ogni suo pensiero veniva sostituito dalle spaventose immagini del camper che veniva colpito dal carnotauro e da Amy e Costa intrappolati al suo interno.
Era la seconda volta, quel giorno, che si sentiva mancare la terra sotto i piedi e si rendeva conto che quella giornata si stava lentamente trasformando in un incubo spaventoso. Fino a quel momento, la possibilità che accadesse loro qualche incidente gli era sembrata alquanto remota, viste le innumerevoli precauzioni che avevano preso, tra cui il camper rinforzato e la scorta di armi.
Ora che aveva sentito quel fragore, però, ogni sua certezza era svanita in meno di un secondo.
Sforzandosi di non lasciarsi prendere dal panico e di rimanere concentrato, chiuse gli occhi e fece tre respiri profondi, aspettando pazientemente che il battito cardiaco rallentasse e che si sciogliesse il nodo che aveva allo stomaco, ma nonostante di solito quegli esercizi funzionassero, questa volta contribuirono solo a farlo sentire peggio.
Benché avvertisse ancora gli effetti dell'adrenalina, si sentiva al contempo assalire da un'insolita stanchezza che gli annebbiava i sensi. Cerca di rimanere lucido, Tom.
Ignorando il desiderio di addormentarsi e di escludere tutto, sollevò le palpebre e si guardò nuovamente intorno, cercando Rivas e Franco con lo sguardo.
Sapeva che se aveva qualche possibilità di raggiungere vivo Amy aveva bisogno di loro, oltre che di una buona dose di fortuna, ma si stava progressivamente rendendo conto che con molta probabilità la sua buona stella era rimasta a New York quando era partito, quasi due giorni prima.
L'ultima volta che li aveva visti era stato quando si era infilato nella cassa toracica del saltasauro, ma non era riuscito a vedere dove si fossero nascosti, né a capire in che direzione si fossero allontanati, e l'ultima cosa che voleva in quel momento era perlustrare l'intera foresta alla loro ricerca.
Aggiungendo il fatto che Rivas Evian fosse un cacciatore esperto in grandi predatori, si sentiva ancora più sconfortato. Molto probabilmente sapeva perfettamente come comportarsi in situazioni simili e doveva essersi confuso perfettamente nella foresta per evitare di essere avvistato sia dal carnotauro che da un eventuale altro predatore.
In realtà, riflettendoci meglio, si rese conto che l'improvvisa comparsa del carnotauro non doveva aver permesso loro di allontanarsi, quindi dovevano per forza trovarsi ancora in prossimità della radura. Inoltre ne dedusse che non potevano nemmeno trovarsi dovunque, dato che quando il dinosauro li aveva costretti a separarsi loro si trovavano dietro di lui, e presumibilmente ciò comportava che per fuggire si fossero semplicemente voltati e fossero corsi in linea retta.
Dopotutto, pensò, si trattava della tattica più furba. Correndo in linea retta e tenendosi bassi in modo che la carcassa del sauropode li coprisse, avrebbe permesso loro di nascondersi facilmente tra gli alberi senza essere visti, e ciò poteva trovare conferma nel fatto che il carnotauro non avesse cercato di seguirli, ma fosse rimasto solo qualche secondo nella radura prima di allontanarsi.
Deve essere così. Si disse, cercando di recuperare un po' di ottimismo.
Ignorando il caldo afoso che quasi non gli permetteva più di respirare, si girò verso la carcassa del saltasauro e alzò lo sguardo per cercare di scorgere un qualsiasi indizio che indicasse dove Evian e Franco si fossero nascosti tra la vegetazione, ma si rese subito conto che da quella distanza era praticamente impossibile scorgerli, soprattutto se si fossero rintanati dietro un tronco o tra i cespugli, dove sarebbero stati perfettamente riparati.
Sospirando e mantenendo lo sguardo puntato sugli alberi che lo circondavano, attraversò di corsa la radura evitando meglio che poté di fare rumore, aggirò lo scheletro in decomposizione del sauropode e si portò di fronte alla foresta, strizzando gli occhi per cercare di adattare la vista alla penombra, ma nemmeno da lì riuscì ad individuarli.
Lanciò qualche occhiata a destra e a sinistra per assicurarsi che non ci fossero altri dinosauri in agguato tra la vegetazione e si infilò tra gli alberi, tenendo con mano tremante la pistola spianata di fronte a sé.

In quello stesso momento, a meno di un chilometro di distanza, Douglas Foster, in piedi al centro della sua tenda, si rigirava nervosamente fra le mani il telefono satellitare, attendendo pazientemente il consueto aggiornamento che aveva chiesto di fare ogni mezz'ora al suo contatto all'interno della caverna, che stava però tardando ad arrivare.
Era passata quasi un'ora da quando aveva ricevuto la sua ultima, ed era stato per comunicargli di un'imprevisto che fino a quel momento Foster aveva trascurato.
Ci sono altre persone che sanno di questa caverna. Fortunatamente, il suo uomo gli aveva assicurato che se ne sarebbe occupato lui contattando un'altra persona a New York, ma lui non si sentiva affatto tranquillo. Probabilmente l'informazione poteva già essersi sparsa, ma si rese subito conto che era piuttosto improbabile. Era difficile che qualcuno credesse che i dinosauri fossero sopravvissuti all'estinzione senza una prova che lo supporti e, benché sapesse che il dente che aveva inviato negli Stati Uniti fosse ancora lì, senza un'esame del DNA sarebbe potuto passare benissimo per quello di un grosso serpente.
Sentendosi subito più tranquillo, si accese l'ennesima sigaretta e appoggiò il telefono sul tavolo. Un attimo dopo, lo schermo si illuminò. Foster afferrò l'apparecchio e si sentì subito invadere da un'ondata di sollievo. Era un SMS. Lo aprì.

Piccolo contrattempo. Non posso telefonare. Risolto problema New York. Conto di portare a termine il mio lavoro entro un'ora.

Douglas Foster lesse il breve messaggio tutto d'un fiato e sorrise: sapeva di aver scelto la persona giusta.

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