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«È stato sbranato? Quindi avevamo ragione?» le domandò Tom. Sentiva il cuore martellargli forte nel petto e avvertiva un leggero malessere. Il caffè che aveva ordinato aveva improvvisamente perso la sua attrattività.
«Ho proprio paura di sì. Ho spiegato a Foster la tua teoria sulla sopravvivenza dei dinosauri e ha detto che anche per lui sarebbe possibile, anche se non sembrava convinto.»
Lo sguardo dell'amica era stravolto. Le prese le mani e la guardò negli occhi, cercando di analizzare con calma la situazione.
«La mia era solo una teoria, come hai detto tu. E, sempre come mi hai fatto notare prima, non ha prove che la supportino. Non c'è ragione di essere preoccupati per ora.»
«Non ci sono prove?» gli domandò, confusa, «come la forma del dente? L'area geografica? L'ecosistema isolato dove ha potuto svilupparsi e continuare la vita? Mi sembra che ci siano troppi dettagli a sostegno di questa teoria! Prima non me ne ero semplicemente accorta, ma ce ne sono anche troppe. Basta solo unire tutti i pezzi.»
Tom si sentì improvvisamente peggio. La fissò incuriosito. «L'ecosistema? Quello che ipotizzavo potesse essere il rifugio per la sopravvivenza di questi animali?»
Lei si soffiò il naso e alzò lo sguardo, tornando a fissare tutti e tre.
Spiegò loro la storia che le aveva raccontato Foster sull'incidente, su come aveva ritrovato il dente e gli spiegò il collegamento tra la caverna e il cosiddetto "luogo inaccessibile" citato da Tom.
«Una caverna, quindi. È quello allora, il mondo dove sono potuti sopravvivere.»
Lei fece una smorfia, non convinta. «Certo, è possibile, ma quella caverna potrebbe anche essere solo un accesso. Nemmeno i due operai che erano con Guzman sono riusciti a descriverne con precisione l'interno.»
«Un accesso?» chiese Hoyle, mentre poggiava sul tavolo il bicchiere vuoto.
«Ad un mondo più grande e complesso» annuì lei, «molte grotte hanno una o più entrate di piccole dimensioni che poi si aprono all'interno della montagna o sotto il livello del suolo. Questa potrebbe anche essere una di quelle.»
Tom non avrebbe mai immaginato che tutto si sarebbe ricollegato. Sperava che l'animale che aveva attaccato l'operaio fosse una specie già conosciuta, che forse si era solo difesa e non costituiva un pericolo. L'unico candidato possibile era un crotalo, ma non si poteva ignorare che la grandezza e la forma del dente non combaciavano con nessuna specie conosciuta.
E se fosse davvero il Noasaurus? Il pensiero gli fece mancare il fiato.
«E vi siete detti solo questo in questi venti minuti?» chiese.
«A dire la verità no» il tono di Amy lo preoccupò, «mi ha spiegato di voler organizzare una piccola spedizione di ricerca per verificare quello che abbiamo scoperto o il riconoscimento dell'animale che ha ucciso l'operaio.»
«E ha bisogno di te per questa spedizione?»
«No, non di me. Di noi
Harris la fissò intensamente nei suoi scuri occhi a mandorla, e si rese conto che non stava scherzando. L'idea lo sorprese più della notizia dell'incidente.
«Di noi due? E tu che gli hai risposto?»
«Che ci avremmo pensato.»
«Tu ci avresti già un'idea al riguardo?»
«Da sola non andrò, Tom, ma devo ammettere che l'idea di poter scoprire che i dinosauri non si sono estinti mi attrae. Non mi sembra neanche vero quello che è successo questa mattina» gli spiegò.
E ce lo chiede solo adesso quell'uomo? Pensò, scuotendo appena il capo. E cosa dovrei fare, secondo lui? Fare le valigie e partire?
Tom non amava passare troppo tempo all'aperto. Ogni volta che da giovane era stato in campeggio rimaneva spesso rintanato nella tenda o, se era più fortunato, all'interno delle strutture già costruite del parco.
Circondandosi di mura o opere umane lo aveva sempre tranquillizzato. Era anche per quel motivo che aveva preferito una cattedra all'università e un appartamentino tranquillo sulla centodecima strada, con una meravigliosa vista su Central Park e lo skyline sud della città, a lavorare negli scavi alla ricerca di fossili da catalogare.
Sapeva che come storia paleontologica, il Nordamerica vantava numerosissime specie, fra cui tra i teropodi e i sauropodi più grandi e più famosi al mondo. Tra le più iconiche fra le specie di dinosauro -come tirannosauro e triceratopo- erano entrambe americane.
Non aveva mai spiegato a nessuno il motivo del suo malessere a stare a contatto con la natura. L'incubo era ancora vivido nella sua mente, ma ogni volta che ci pensava, preferiva ignorarlo e concentrarsi su altro. A volte risultava più facile di altre.
Scosse il capo, cercando di rimuovere quelle immagini dalla mente, fingendo di tossire.
Mentre rimetteva fuoco la situazione, incrociò nuovamente gli occhi di Amy, e avvertì una sensazione nuova, che non aveva mai provato.
«È stato Foster a proporci di venire?» le domandò, curioso.
Le guance di lei si fecero rapidamente rosse. «In verità no, inizialmente lo aveva chiesto solo a me. Sono stata io a fare il tuo nome, sperando di poterti convincere. Non dovremmo fare altro che presentarci all'aeroporto il ventisette di questo mese e rimanere in Argentina un paio di giorni. Forse non troveremo niente, o scopriremo che i denti appartengono realmente ad una nuova specie di crotalo. E se invece avessimo ragione? Se i dinosauri non si fossero davvero estinti? Sarebbe la svolta della nostra vita, Tom e, inoltre, Foster ha insistito per finanziare le nostre ricerche se accettassimo.»
Harris la fissò sconcertato. «Stai scherzando?»
«Ha anche detto che coprirà lui tutte le spese e ci ha anche garantito di aver ingaggiato un cacciatore per la nostra protezione.»
Non ci posso credere. Si disse, abbandonandosi sullo schienale della sedia.
«E se i dinosauri non si fossero davvero estinti come lei sostiene, potrete finalmente studiarli dal vivo» gli fece notare Sarah.
Tom alzò lo sguardo e le sorrise, annuendo.
«Esatto» disse, voltandosi poi verso Amy, «il ventisette, hai detto?»
Lei assentì.
«Va bene, allora» le rispose, «richiama Foster per confermare.»
Amy sorrise, prendendo il cellulare dalla tasca e selezionando il numero.

Nella Volvo grigio scuro, Doug Foster stava ancora sorridendo compiaciuto. Erano passati solo dieci minuti dalla chiamata con la dottoressa e, anche se non aveva ancora richiamato, era sicuro che presto l'avrebbe fatto.
Alzando lo sguardo, l'uomo si distrasse guardando la sagoma scura di Salta scomparire dietro le colline nello specchietto retrovisore.
Il cellulare prese a suonare.
Lui si fiondò a prenderlo e vide con grande piacere che era la donna che lo stava richiamando. Premette il pulsantino verde e mise la chiamata in vivavoce.
«Signor Foster? Sono la dottoressa Su» disse la donna.
«Ha già deciso?»
«Sia io che Tom Harris» si fermò per starnutire, «il ventisette all'aeroporto, quindi?»
«Esatto. I prossimi giorni vi invierò i biglietti per il volo e il PDF con la pagina del sito dell'albergo che vi ho prenotato a nome mio a Salta e vi chiamerò per definire gli ultimi dettagli.»
«Allora ci vedremo fra poco più di una settimana, signor Foster.»
«Arrivederla dottoressa.»

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