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Amy Su fissava ininterrottamente l'immagine sul libro da diversi minuti. Il tempo pareva essersi fermato, aveva perso importanza, come fosse un lontano ricordo.
L'illustrazione che aveva davanti, che occupava la metà superiore della pagina, pareva ricambiare il suo sguardo, con un invisibile accenno di sfida nell'orbita cava del teschio.
«Non ho quasi dubbi, Tom» disse, non riuscendo a staccare gli occhi dall'immagine, «dev'essere questo, la descrizione sembra coincidere con tutte le nostre ipotesi. I denti sono quasi senza dubbio quelli, anche se ovviamente le proprietà velenifere non si possono determinare da un fossile.»
Lui annuì, allungando lo sguardo sul trafiletto di descrizione che accompagnava l'immagine.

«Qui c'è scritto» disse, «che il noasauro fu scoperto nel 1980 da una spedizione nel nordovest dell'Argentina, regione da cui deriva anche il nome

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«Qui c'è scritto» disse, «che il noasauro fu scoperto nel 1980 da una spedizione nel nordovest dell'Argentina, regione da cui deriva anche il nome. La spedizione fu guidata dallo stesso Bonaparte e da Jaime Powell, che furono i primi a descrivere l'animale, anche se si basarono solo su resti frammentari.»
Amy seguì con interesse, mentre accendeva il telefono e lo poggiava vicino all'immagine sul libro, confrontando il dente ritrovato.
«Di interessante» proseguì, «fu ritrovato un artiglio di grosse dimensioni, che fu immaginato sulle zampe posteriori come nei dromeosauridi dei continenti settentrionali. La forma particolare della mascella, comunque, suggerì una parentela con gli abelisauridi.»
«I grandi carnivori sudamericani» lo interruppe lei.
«Non proprio, ne sono stati ritrovati fossili in altri continenti, a dire il vero, anche se i più iconici sono quelli del Sudamerica. Comunque l'animale fu classificato in una famiglia a sé stante.»
«Qui c'è scritto doveva avere un corpo allungato, e zampe posteriori muscolose e sottili. Quelle anteriori, invece, erano robuste dotate di artigli coi quali ghermiva le prede. Era un superpredatore!»
«Molto probabilmente, anche se non era di grosse dimensioni. Raggiungeva i due metri di lunghezza ed era alto la metà.»
Ad Amy quasi venne un mancamento, appena realizzò le potenzialità di quelle caratteristiche.
«Le dimensioni contenute facilitano la mimetizzazione o il nascondiglio in natura! Forse è così che è rimasto inosservato.»
Vide che anche Tom alzava lo sguardo, colpito da quell'ipotesi. Lo sguardo si fece serio, ed Amy sapeva che stava riflettendo.
Capitava spesso che accadesse anche durante semplici conversazioni.
«Se così fosse» disse, visibilmente teso, «questo potrebbe significare un serio pericolo. Sai che di solito sono ottimista, ma affinché una specie sopravviva, ha bisogno di prole, e la prole necessita di genitori. Ora, se questo animale è effettivamente sopravvissuto all'estinzione del Cretaceo, non credo sia da solo, e ho paura a pensare al numero di noasauri che potrebbero essere liberi in questo momento.»
Amy si lasciò andare sulla sedia, mentre un fiume di immagini terribili e angoscianti si materializzava nella sua mente. Ogni prospettiva pareva peggio della precedente, anche se riusciva a vedere un lato positivo nella faccenda.
«La cava di Foster» gli disse, pensando, «non era piuttosto isolata?»
«Rispetto ai centri abitati?»
Lei annuì.
«Mi sembrava di sì, anche se in un paio d'ore in auto si raggiungerebbe la capitale della provincia, Salta.»
«Merda» sussurrò Amy, coprendosi il viso con le mani.
«Sarebbe meglio avvisare» suggerì Harris, prendendole il polso per calmarla.
«E chi? E che cosa diremmo? Che alcuni dinosauri sono liberi e potrebbero divorarli tutti, che devono chiudere bene le porte e girare armati finché non avranno risolto il problema? Mi sembra solo una perdita di tempo.»
«E se raggiungessimo Hoyle? Per riferirgli di quello che abbiamo scoperto.»
Amy si girò e lo guardò accigliata, riflettendo su quella possibilità.
«Forse sì, questo posto comincia ad opprimermi, ad essere sincera» rispose, alzando in piedi. Scattò una fotografia all'illustrazione del noasauro e chiuse il libro, andando a riporlo nello scaffale dove lo aveva trovato. Quando tornò, vide Tom che la aspettava porgendole la giacca.
«Mi sembri un po' agitato anche tu» notò, guidandolo verso l'uscita.
«Ti pare? Abbiamo appena fatto una scoperta pericolosa, Amy» le rispose, «comunque lo sai che potevamo prendere in prestito il libro, giusto?»
«Pesava troppo, la foto sul mio smartphone va bene comunque, credimi» disse, sorridendo. Tom non era mai andato troppo d'accordo con la tecnologia, anche se Amy aveva potuto constatare che col tempo aveva cominciato ad adattarsi.
L'evoluzione a cui stiamo andando incontro è quella della tecnologia. Pensò, mentre superava l'entrata. Meglio non trovarsi impreparati.
Anche se condivideva con molti il timore della perdita della carta stampata, non credeva sarebbe capitato improvvisamente. L'avvento sul mercato dei testi elettronici rappresentava la spina nel fianco per tutti coloro che non erano pronti a liberarsi dei volumi cartacei per sostituirli con un dispositivo che poteva contenerli a decine, con una spesa minima e con uno spazio concreto molto minore. Molti erano palmari, facilmente trasportabili.
Sotto quel punto di vista era sicuramente una rivoluzione che appariva vantaggiosa, infatti maggior parte della popolazione preferiva leggere sui display rispetto alla carta.
Io non credo che riuscirei mai a farcela senza sentire il peso di un grosso libro e senza il profumo di carta stampata. Si disse, mentre sbucavano nella sala delle origini dei vertebrati.
«C'è più gente, ora» notò Tom, guardandosi attorno. Amy annuì, contando velocemente una dozzina di visitatori.
«Hanno fatto in fretta, comunque. Ci sono molte esposizioni nei piani inferiori che meritano più tempo per essere visitate. Quando raggiungevo questo piano con le visite era spessissimo dopo pranzo» gli spiegò.
Superarono veloci la stanza e attraversarono lo spazio vuoto fino alla sala dei saurischi.
Ma è qui che si riuniscono tutti. Realizzò, bloccata sulla porta dall'affollamento.
«Come non detto» commentò Tom, sorridendo.
«Appunto» riprese lei, «i bambini rimarrebbero qui ore, se non giorni a guardare i dinosauri. Questi, in particolare. Se passassimo per la sala degli ornitischi, che è al di là del piano, la troveremmo quasi vuota.»
Quello era un dettaglio che aveva sempre notato, quasi ogni giorno. Aveva potuto constatare che, durante il lavoro al museo, la maggior parte delle persone erano attratte maggiormente dagli enormi scheletri di tirannosauro e apatosauro esposti nella sala.
Sbuffò, scuotendo il capo, mentre si allungava attraverso un gruppo di persone, seguita da Harris.
«Forse a scendere sarebbe meglio usare l'ascensore, non credi?» le chiese timidamente, per niente convinto.
Amy si sentì un vuoto allo stomaco, girandosi e guardandolo dubbiosa.
«Tom, per favore, lo sai che non mi sento per niente bene, lì» gli disse.
«Lo so, ma per sbrigarci per me è la soluzione migliore. Se la trovassimo vuota?»
«Solo se è completamente vuota» puntualizzò, mentre superava lo scheletro fossile del tirannosauro e usciva dalla sala.
Appena fuori inspirò a pieni polmoni, rilassandosi. Avvertì la mano dell'amico sulla spalla.
«Amy?» le disse, sorridendo, «hai appena superato una stanza piena di gente senza problemi.»
Lei lo guardò accigliata, girandosi. Nella confusione non se ne era accorta minimamente.
«Non me ne sono nemmeno resa conto» ammise, distogliendo lo sguardo dalla folla nella sala e tornando a guardare l'amico, «forse è perché ora quel dente mi sta ossessionando.»
Prese un fazzoletto e si soffiò il naso, per poi dirigersi vero le ascensori.

Tom osservò il riflesso spaventato di Amy sulle ante metalliche chiuse. Percepì il respiro rapido della dottoressa, e vide le sue mani che arricciavano il bordo del maglione.
«Forse è meglio prendere le scale» suggerì, muovendo un passo incerto verso la scalinata di pietra.
Lei scosse il capo, cliccando il tasto per chiamare l'ascensore.
«No, hai ragione tu» gli disse, «così stiamo meno.»
Le ante metalliche si aprirono, rivelando lo spazio interno vuoto.
Harris vide che Amy tirava un sospiro di sollievo ed entrava. La seguì, premendo il tasto del piano terra e l'impianto prese a scendere.
«Da quanto non salivi su uno di questi?» le chiese.
«Non dovevo avere più di vent'anni anni, credo» gli rispose, ridendo.
«Ma non abitavi al sesto piano del tuo palazzo?» domandò, guardandola scettico.
«Già, una vera seccatura.»

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