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Appena l'Airbus superò la fitta coltre di nebbia, Tom riuscì a scorgere la loro destinazione. Attraverso il finestrino, vide la figura illuminata dall'Aeropuerto Internacional de Salta Martín Miguel de Güemes che risaltava nel buio della notte. Erano quasi le dieci e mezza.
Fin da quando era bambino, la sola idea di allontanarsi da casa lo aveva sempre fatto sentire a disagio, e la solavista di un aereo lo aveva sempre spaventato ma, quella volta, la vista del complesso lo fece sentire sollevato per la prima volta in quindici ore.
Era stato in costante allerta durante ogni turbolenza, ricordando poi a sé stesso, una volta che l'aereo aveva riacquistato la stabilità, che erano normali situazioni di vuoti d'aria nell'atmosfera, e che non si era mai trovato in pericolo.
Era stata la sua mente scientifica a suggerirglielo, anche se dentro veniva assalito da antiche paure. Cercando di non pensarci, scosse il capo e si voltò alla sua destra.
Amy, seduta accanto a lui, era china sul proprio zaino per riporci dentro la bottiglietta ormai vuota di acqua minerale che aveva comprato a New York e per prendere la felpa che aveva infilato dentro alla partenza.
«Pensi che sia freddo fuori?» le chiese dubbioso, notando che se si chiudeva la lampo fino al collo.
«Be', sarà estate, ma ho i miei dubbi che sia caldo a quest'ora» gli rispose, strofinandosi le braccia con le mani come se si preparasse alla temperatura esterna.
Mentre l'aereo si abbassava ulteriormente di quota, Harris riuscì a distinguere i contorni del complesso dell'aeroporto. Era formato da un'unica grande struttura circondata da tre grandi piste, due delle quali si incrociavano formando una gigantesca X sulla superficie verde scuro del prato.
Impossibile non mancarla. Si disse, cercando di smorzare la tensione. Sapeva che ormai stavano per toccare terra, ma sapeva anche che la maggior parte degli incidente aerei avveniva durante le fasi di atterraggio e di decollo e, finché si trovava ancora a bordo, non riusciva a rilassarsi.
A pochi metri dal suolo, sentì l'istinto di chiudere gli occhi.
L'atterraggio fu più rapido di quanto si fosse aspettato. Le ruote del carrello toccarono terra senza problemi, facendo solo scuotere appena il velivolo, che proseguì sulla pista illuminata fino alla fine, compiendo poi una virata e tornando indietro, diminuendo sempre più la velocità, fino a fermarsi vicino all'aeroporto.
«Ci siamo!» esclamò Amy, dandogli una pacca sulla spalla. Lui riaprì gli occhi e si slacciò in fretta la cintura di sicurezza. Ce l'aveva fatta, era salvo.
Mentre cercava di alzarsi, tremante, raccolse da terra il proprio zaino e si diresse verso l'uscita, bloccato dalla lunga fila di persone che occupavano tutta la lunghezza del corridoio.
Veloci. Si disse, sperando che sentissero. Non ce la faccio più a rimanere qui!
All'interno dello spazio dell'aereo, avvertiva un senso di claustrofobia che non aveva mai provato prima in vita sua. Le pareti di plastica ruvida parevano chiudersi sempre più su di lui, come per rinchiuderlo per sempre all'interno del velivolo.
Poi, quando fu aperto il portellone, la fila prese a scorrere e gli parve di ritornare in sé, sospirando e seguendo le persone fino all'uscita. Sapeva che Amy, dietro di lui, stava contenendo a stenti l'eccitazione e, se fosse stato per lei, avrebbe spalancato una delle porte di sicurezza dell'ala e sarebbe saltata fino alla pista.
Rimani con me, invece. Pensò, voltandosi appena per assicurarsi che non fosse davvero scappata via. La vide con un gran sorriso stampato in volto mentre si infilava lo zaino sopra la giacca e scrutava i passeggeri davanti a loro.
Quando raggiunsero l'uscita, la giovane hostess li salutò e li invitò a raggiungere gli altri. Non appena Tom allungò un piede fuori, sulla scala metallica, si sentì mancare il fiato e la testa prese a girargli per alcuni interminabili secondi.
«Amy» disse debolmente, «forse è meglio che ti togli giacca e felpa, sai?»
Mentre scendeva i primi scalini, calcolò rapidamente la temperatura esterna, che doveva essere sui quasi trenta gradi. Quando aveva suggerito all'amica di non vestirsi troppo, non aveva immaginato una temperatura così elevata. Facendosi forza, scese gli ultimi scalini e si fermò per aspettarla, che lo superò con rapidamente, mentre cercava di infilare la felpa nello zaino. La giacca la aveva legata intorno alla vita.
«Dammi, faccio io» le disse, allungandole la mano. Lei lo ignorò, provando un altro tentativo, poi sbuffando e consegnandoglielo.
Appena riuscì ad arrotolarla e a riporla sul fondo dello zaino, si ritrovò all'interno dell'aeroporto.
L'aria condizionata gli arrivò come un'onda, insinuandosi nei suoi polmoni e procurandogli un piacere che non si sarebbe mai aspettato. Si sentiva rinato, come se lo avesse appena attraversato l'alito che da' origine alla vita.
Alzando gli occhi verso il soffitto, trovò nuovamente un'analoga struttura a ragnatela come quella a New York, formata da travi e tubature riverniciate di bianco che parevano lo scheletro della struttura.
Molto più piccolo del JFK, l'aeroporto di Salta era formato da una grande hall principale collegata ai vari terminal.
«Di qua!» lo chiamò Amy, prendendolo per la manica e tirandolo verso il nastro trasportatore. Lui la seguì cercando di starle dietro. Sembrava una bambina il giorno di Natale che trascinava il padre per farsi dare una mano a scartare i regali.
Mentre lo raggiungeva, notò che il nastro era praticamente vuoto. C'erano solo alcuni bagagli che non erano stati ritirati e che stavano per scomparire oltre le fettucce di gomma alla fine del rullo. I loro bagagli uscirono dal lato opposto in quel momento.
Presero il trolley bordeaux di lei e la valigia blu scuro di lui e si diressero verso l'uscita.
«Ti vedo di nuovo sprizzante di energia» notò Harris. Lei annuì.
«E come potrebbe essere il contrario? Ormai siamo atterrati, Tom. Te ne rendi conto? Ci siamo, e niente potrà impedirci di scoprire la verità dietro la morte di quell'operaio, e rivelare alla comunità scientifica la nostra scoperta, nel caso scoprissimo si tratti davvero di dinosauri sopravvissuti all'estinzione.»
«Su questo hai ragione, ma ho comunque ancora dei dubbi su questa ipotesi.»
«Lo scopriremo domani, professore. Fino ad allora, possiamo solo fare supposizioni.»

Appena dietro Tom, Amy gli rivolse un'occhiata dubbiosa. Solo alcuni giorni prima era stato lui a proporre quella teoria, e ora sembrava si stesse rimangiando le sue stesse parole.
Che fosse spaventato? In verità, mentre ci pensava, si rese conto di non averlo mai visto spaventato e forse era per quel motivo che non riusciva a decifrare la sua espressione in quel momento.
Riflettendoci su, se fosse stato davvero il noasauro a sbranare l'operaio, stavano per andare incontro all'animale che aveva sbranato senza difficoltà -secondo il resoconto di Foster- un uomo adulto.
Il pensiero la fece raggelare, mentre raggiungevano un addetto alla sicurezza prima dell'uscita. Tom gli mostrò i documenti e lei fece lo stesso.
«Benvenuti nel nostro paese e felice permanenza» disse loro l'uomo in inglese, con forte accento spagnolo. Amy ringraziò prima che attraversasse le porte scorrevoli in vetro.
Appena fuori, il caldo afoso la bloccò come quando era uscita dall'aereo. Sentì il fiato morirle in gola e il respiro farsi improvvisamente più difficile, come se qualche forza sovrannaturale avesse improvvisamente tolto l'aria dall'atmosfera.
Tom parve riprendersi più rapidamente, raggiungendo un taxi fermo sulla strada con la mano alzata, per richiamare l'autista. Lei lo raggiunse.
«Buenas tardes, ¿necesitas?» domandò l'autista. "Buona sera. Avete bisogno?"
Amy si schiarì la voce, sperando di ricordare gli anni passati a studiare spagnolo a scuola.
«Gracias, ¿podrías acompañarnos al Hotel Almería en Salta?» "Grazie, potrebbe accompagnarci all'Hotel Almería a Salta?"
L'uomo annuì, invitandoli a sedersi. Harris si accomodò nei sedili posteriori e Amy in quello anteriore. Mentre l'auto partiva e l'aeroporto scompariva nell'oscurità della notte nello specchietto retrovisore, avvertì una strana sensazione, come se qualcuno la stesse spiando.
Si voltò lentamente e, senza dare nell'occhio, guardò fuori dal lunotto posteriore.
Appena illuminata dai fari, riusciva a distinguere solo una porzione della strada, completamente deserta. In lontananza, un'aura di luce che contornava la figura dell'aeroporto.
Ti stai già facendo prendere dalla paranoia? Si chiese, scuotendo il capo e concentrandosi sulla vista mozzafiato della città illuminata di Salta tra le colline nere che la circondavano.

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