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Corri! Amy Su non aveva mai provato un simile terrore prima d'ora in vita sua.
Si sentiva senza fiato, come se il suo corpo fosse costretto in una morsa sempre più serrata, che le comprimeva la cassa toracica, impedendole di respirare. La testa le girava e il dolore alle giunture era sempre più insopportabile.
Correva tra la fitta vegetazione assieme a Tom, Rivas e Franco, lungo un ripido pendio dalla parte opposta rispetto alla galleria dalla quale erano entrati nella caverna. Dietro di lei, la parete di arenaria era scomparsa nella penombra tra i grandi tronchi degli alberi.
Lanciò un'occhiata rapida a Harris, per accertarsi che le fosse ancora accanto, ma nemmeno la sua presenza bastò a rassicurarla. Il cuore le martellava, e il ruggito spaventoso che aveva sentito pochi secondi prima continuava a risuonarle in testa come l'eco di un grido in una stanza vuota.
Tornando a voltarsi nella direzione in cui correva, abbassò di scatto la testa e si tuffò sotto un grosso tronco caduto, incastrato tra gli alberi a poco più di un metro di altezza del terreno. La corteccia ruvida le graffiò lo zigomo destro, mentre piegava le ginocchia e raccoglieva il corpo, scivolando nel fango.
Si rialzò subito dopo, senza fiato, e riprese a correre, passandosi la manica della camicia sulla fronte per ripulirsi. Il sudore le bruciava gli occhi, rendendole difficoltosa la vista. Avvertì un sottile rivolo di sangue scorrere dal taglio appena aperto.
Tom le stava venendo incontro, trafelato, e le prese la mano mentre si girava e raggiungeva Rivas e Franco assieme a lei. «Stai bene?»
Lei annuì, grata di quella premura. «Sì, non ti preoccupare»
Ignorando il dolore e la fatica, si affrettò a raggiungere gli altri, che nel frattempo avevano guadagnato una decina di metri. Evidentemente, non dovevano essersi nemmeno accorti della sua caduta.
Il terreno era umido, fangoso, chiazzato di muschio e di felci, e digradava verso il fondo della caverna aumentando gradualmente la pendenza. Gli alberi che crescevano attorno a lei avevano un diametro di cinque metri, e la loro altezza superava i cinquanta metri, bloccando con immense chiome la luce del sole. L'aria in quel tratto di foresta era fresca e umida, l'oscurità quasi totale. Ad Amy tornò in mente la sensazione che aveva provato da bambina la prima volta che aveva visitato la cattedrale di Washington.
Lo sbalzo di temperatura e di luminosità la disorientò, ma durò solo un secondo.
Inspirò, e si sentì subito più lucida. La vista si acuì, avvertì i muscoli entrare in tensione e la fatica alleviarsi, nonostante facesse ancora fatica a tenere il passo degli altri tre membri del gruppo. Aveva sete, l'afa la stava disidratando, e la gola secca le bruciava ad ogni respiro.
«Pensi che ci stia inseguendo?» chiese a Tom, guardandosi alle spalle.
«Probabile, ma non so se fosse abbastanza vicino da individuarci. In ogni caso, se non ci fermiamo ora avremo molte più possibilità di distanziarlo.»
Amy annuì gravemente, socchiudendo gli occhi e raccogliendo le forze.
Improvvisamente, si materializzò di fronte a loro una parete di roccia alta una trentina di metri, coperta di vegetazione e nascosta dai tronchi; la sommità appena visibile tra le fronde più basse degli alberi.
La stretta di Tom per poco non le stritolò la mano, facendola quasi cadere a terra mentre si fermavano di botto lungo il pendio. Per un istante, calò su di loro un silenzio assoluto, assordante. Amy udì il battito del proprio cuore accelerare, amplificato dall'assenza di suoni attorno a lei.
Di colpo, nella sua mente prese forma una nuova idea. Fiduciosa, voltò lo sguardo prima a destra e poi a sinistra, cercando di determinare l'estensione della parete e valutando la possibilità di aggirarla, ma si rese subito conto che la fitta vegetazione glielo impediva. Sconfortata, si rese conto che rimaneva loro un'unica possibilità.
«Dobbiamo scalare il costone» disse, per niente certa di riuscire a farlo. Sebbene la parete non sembrasse molto alta, e l'alternativa non la allettasse per nulla, non sapeva se aveva ancora abbastanza forze da permetterle la scalata.
Morirò se non lo faccio. Si disse, cercando di infondersi coraggio.
«Senza corde? Protezioni? Non mi sembra un rischio necessario da correre» rispose Rivas, le braccia sui fianchi.
«Lo è» ribatté lei, prendendo fiato. «Potremmo aggirare, ma la foresta in questo punto è troppo fitta per distinguere le estremità. A destra, per quanto ne sappiamo, il costone potrebbe rivelarsi unito alla parete della caverna, il che ci impedirebbe qualsiasi tentativo di passarvi oltre, mentre andare a sinistra significa avanzare nella foresta, alla cieca, nella speranza di non venire attaccati da altri predatori. È una follia.»
Tom, accanto a lei, assentì con un cenno deciso del capo, continuando a tenerle la mano. «Non ci resta molto tempo. Il vantaggio che avevamo sul carnotauro diminuisce considerevolmente ogni minuto che passiamo senza muoverci.»
Rivas abbassò lo sguardo, come soppesando le varie vie da intraprendere.
Andiamo, non abbiamo tutta la giornata! Pensò Amy, spazientita.
Poi, annuendo, il cacciatore rialzò lo sguardo verso di loro. «Va bene, ma se non dovessimo riuscirci, aggireremo. Spero sappiate dove mettere mani e piedi. Trenta metri sono alti, ma se doveste cadere potreste essere ancora vivi una volta a terra, e molto probabilmente non potrete più contare sui vostri arti. Se quel lucertolone vi insegue, pregate che sia rapido nel mandarvi giù.»
Infilandosi la pistola nella cintura, si avvicinò alla parete di pietra coperta di muschio e rampicanti e infilò le mani in due piccole aperture poca sopra di lui, poi passò ai piedi. Amy mantenne lo sguardo puntato su di lui e sugli appigli di cui si serviva, mentre lo seguiva sulla roccia umida.
Appena lei fu ad appena cinque metri da terra, però, cominciò ad avvertire le vertigini, ma ignorò il costante e pulsante giramento di testa e concentrò i suoi pensieri sul ricordo dell'attacco al camper e del dinosauro. Quella visione terrificante, assieme alla prospettiva della morte descritta da Rivas, la spinse a proseguire.
Dietro di lei, avvertì il respiro ansante di Franco, che si sollevava a stento sugli appigli umidi e, dietro di lui, intravide con la coda dell'occhio la figura di Tom, che si trovava a solo un metro e mezzo da terra. Una nuova ondata di terrore si impadronì di lei.
Sbrigati! Disse a se stessa, aumentando la velocità.
La roccia sotto i palmi delle sue mani era bagnata, coperta da una patina scivolosa che emanava un forte odore di muffa, ma le pietre che sporgevano dal costone erano abbastanza sottili da permettere una presa salda appena da non farla cadere.
Per un momento azzardò un'occhiata verso il basso, ma se ne pentì un attimo dopo.
Era sospesa a quindici metri da terra, ma la vista affaticata e il cerchio alla testa le stavano giocando un brutto scherzo: le sembrava di trovarsi sull'ultimo piano di un grattacielo.
Tornando a voltarsi verso l'alto, scoprì che la parete vista dal basso risultava ancora più agghiacciante. La decina di metri che le restava da scalare era leggermente inclinata verso di lei, verso il vuoto alle sue spalle. Soffocò a stento un conato, mentre gli occhi le lacrimavano, ma si sforzò di non farsi sopraffare dal panico.
Altri dieci metri. Iniziò a ripetersi, tornando a fissare la pietra scura di fronte a lei e i successivi appigli su cui poggiare mani e piedi. Solo altri dieci metri.

Prima di rendersene conto, la mano di Rivas afferrò la sua e la trascinò con forza su uno spiazzo morbido, tappezzato di muschio e basse felci, e circondata da alberi alti cinque o sei metri. Lei lasciò la sua presa e abituò gli occhi alla forte luce che la accecò non appena puntò lo sguardo verso l'alto.
Quando mise a fuoco e iniziò a distinguere le forme confuse attorno a lei dovette compiere uno sforzo immane per non piangere. Si sentì travolgere da un'ondata di emozioni contrastanti: il terrore per la scalata, il sollievo per aver raggiunto la sommità del costone e il conforto di essere in salvo. Di colpo, le lacrime lasciarono il posto a una risata spontanea, improvvisa, che non riuscì a contenere.
Quando infine si riprese, anche Tom la aveva raggiunta sul piccolo spiazzo. Lei si alzò in piedi e si passò le mani umide di sudore sui lembi della sua camicia ancora asciutti e puliti dal sangue di Costa, cercando di fare il punto della situazione, ma persino da quell'altezza era impossibile distinguere le pareti della caverna per via degli alberi.
«Bene, adesso che ci troviamo quassù dovremo avere un momento per discutere,» esordì Rivas, sfilandosi la pistola dalla cintura, «in merito a una questione alquanto delicata.»
Il metallo della canna della semiautomatica brillò sotto i raggi del sole, illuminando con una strana luce lo sguardo di Evian, che giocherellava con l'arma tra le dita.
Amy avvertì ogni fibra del suo corpo irrigidirsi di colpo, come se la temperatura fosse scesa improvvisamente sotto lo zero, mentre i suoi occhi seguivano attenti i movimenti della pistola nella mano del cacciatore.
«Che cosa vuoi sapere?» domandò Tom, con un accenno di nervosismo nella voce.
«Voglio dei nomi, e degli indirizzi» il tono di Rivas si fece improvvisamente più serio, distaccato. «Voglio sapere chiunque abbia avuto a che fare con il dente che Foster ha inviato a New York, e a chiunque sia stata accennata l'esistenza di questa caverna.»
Amy cominciò a spaventarsi. La richiesta di Rivas non sembrava affatto una richiesta. Perché voleva sapere i nomi? Doveva esserci qualche dettaglio che evidentemente le sfuggiva. Che cosa c'entrava Rivas nelle analisi compiute sul dente? A cosa gli potevano servire quelle informazioni?
Prima che potesse ribattere, Tom la precedette. «Per quale motivo? Che interessi hai?»
Lo sguardo di Rivas rimase impassibile. «Non le importano le mie motivazioni. Mi servono quei nomi, e li otterrò. Potete collaborare, e forse sarebbe meglio per voi.»
Poi, lentamente distese il braccio sinistro verso Franco, in piedi accanto a lui, la pistola puntata contro il suo petto e, con la stessa calma di prima, ripeté la richiesta. «Ditemi i nomi e gli indirizzi, e nessuno si farà del male.»
Amy esitò, terrorizzata alla vista dell'arma puntata al torace dell'operaio, e fissò il cacciatore con un misto di disgusto e smarrimento nello sguardo.
«Voglio sapere perché.» replicò Tom, stringendo i pugni. «Cosa hai intenzione di fare a quelle persone? Punterai anche a loro una persona al petto? O peggio, alla testa?»
Lo sguardo del cacciatore era di ghiaccio, fisso sul professore. Amy tratteneva il respiro.
«Le ho detto che non le devono importare le mie motivazioni. Ed evidentemente, devo aver sbagliato la mia assicurazione.»
Le dita si mossero prima di terminare la frase. L'eco dello sparo rimbombò attorno a loro, echeggiando tra gli alberi. Il sangue prese a schizzare da un foro appena visibile all'altezza dello stomaco di Franco che, soffocando un grido di dolore, perse l'equilibrio e cadde all'indietro, oltre il bordo dell'altura.

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