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Il sole era appena sorto su Salta, e l'aria fredda e umida della notte stava lasciando gradualmente il posto al clima secco e torrido dell'estate argentina, mentre la luce abbacinante del primo mattino accorciava le ombre delle montagne e dissolveva il leggero velo di nebbia che abbracciava le piste in asfalto dell'Aeropuerto Internacional de Salta Martín Miguel de Güemes.
Il taxi imboccò il viale di accesso al terminal e superò la lunga fila di veicoli fermi nei parcheggi ai lati della strada, mentre l'autista imprecava sommessamente mentre cercava un posto libero.
Amy Su, nel sedile posteriore, cercò di nascondere il sorriso spontaneo che le si formò sulle labbra mentre traduceva le parole del tassista, probabilmente convinto di non essere capito dai due passeggeri americani.
Volse la testa in direzione delle piste d'atterraggio, avvertendo un brivido correrle lungo la spina dorsale mentre osservava il terminal a una cinquantina di metri di distanza farsi sempre più grande, più vicino. Per la prima volta da quando si trovava in Argentina, provava un sentimento di liberazione e sollievo impagabile. Gli ultimi tre giorni l'avevano messa a dura prova, sia sul piano fisico che psicologico, ma finalmente si sentiva il cuore leggero e la mente svuotata dalle preoccupazioni. Sto per tornare a casa.
Sforzandosi di fare mente locale e di svuotare la mente da ogni pensiero, cercò di concentrarsi sul panorama fuori dal finestrino, che fu presto coperto dal complesso dell'aeroporto.
La facciata a due piani del terminal era composta quasi interamente da pannelli di vetro che riflettevano il cielo, con un portico ad archi sormontato da un tetto in tegole rosse in stile tipicamente coloniale, in netto contrasto con la moderna semplicità dell'edificio. In alto, sopra le strutture, si stagliava contro il cielo la torre di controllo.
Amy seguì con lo sguardo il profilo della struttura e poi tornò a guardare la strada che scorreva rapida sotto di lei. Poco dopo, il taxi rallentò e si fermò in un parcheggio vuoto.
L'autista, un ragazzo giovane di appena venticinque anni, si voltò verso di loro con un sorriso. «¡Finalmente!» esclamò, lanciando uno sguardo divertito a un altro taxi che avanzava come lui poco prima lungo il viale, alla ricerca di un parcheggio libero. «Non sempre trovo posto. Siete stati fortunati.» aggiunse subito dopo, in un inglese dal forte accento spagnolo.
«Muchas gracias.» gli disse Amy, allungandogli una mancia sostanziosa.
Il ragazzo sorrise e scese dall'auto, dirigendosi verso il portabagagli dell'auto. Amy e Tom lo seguirono fuori, salendo suo marciapiede. Il giovane autista scaricò le due valigie e le appoggiò a terra, salutandoli con un cenno del capo. «Buen vuelo.» "Buon volo", disse. Poi risalì in auto e ripartì sgommando verso la capitale della regione. Quando il taxi scomparve dietro una curva, Amy si girò verso le porte scorrevoli del terminal, guardando l'amico con impazienza. «Andiamo?»
Tom sorrise e annuì, seguendola all'interno. «Se non vuoi offrirmi una vacanza nelle Valli di Calchaquíes...»
Lei ridacchiò, facendogli l'occhiolino. «Magari un'altra volta. Prima mi hai promesso di portarmi fuori a cena.» Poi, sistemandosi un ciuffo dei suoi lunghi capelli neri dietro l'orecchio, prese il trolley bordeaux e infilò la porta scorrevole, con il cuore che le martellava.
Tom la seguì subito dopo, quasi correndo per starle dietro.
L'architettura interna del terminal ricordava vagamente una cassa toracica. In alto, sul soffitto, correva un complesso sistema a ragnatela di sostegni metallici e tubature verniciate di bianco, intersecate a intervalli regolari da rinforzi disposti perpendicolarmente rispetto all'asse principale.
Le lampade al neon sul soffitto compensavano gradualmente le lunghe ombre che si formavano con la luce del sole che filtrava dalle ampie vetrate.
Mentre si dirigeva verso i controlli, Amy inspirò a pieni polmoni una boccata d'aria fresca che odorava di detergente chimico e ripensò con nostalgia al laboratorio della New York University dove conduceva le sue ricerche sul ruolo del comportamento di un animale nell'adattarsi al proprio ambiente. L'idea che vi avrebbe presto rimesso piede la riempì di felicità.
Quando fu il suo turno, eseguì le procedure che le impartì l'addetto e in un attimo si ritrovò assieme a Tom a fissare il loro aereo fermo sulla pista attraverso l'ampia parete di vetro della sala d'attesa.
Attorno a loro, nella zona di imbarco, c'era una trentina di persone, ma nella stanza regnava un silenzio totale, sepolcrale. In alto, l'indicazione del loro volo sul monitor affisso alla parete segnava un ritardo di soli cinque minuti. Sarebbero partiti di lì a una mezz'ora. Non rimaneva che aspettare.
Amy inspirò e rilassò le spalle, lanciando un'occhiata a Tom con la coda dell'occhio. Il professore fissava distrattamente il velivolo con aria stanca.
«Nervoso per il volo?» gli chiese.
Lui scrollò le spalle, voltandosi verso di lei. «La verità? Neanche un po', e dire che fino a tre giorni fa me la sarei fatta addosso davanti alla prospettiva di sorvolare per due volte oltre cinquemila chilometri di catene montuose e golfi.»
«Credi che l'esperienza nella caverna possa averti aiutato a superare la tua paura di volare?»
«Chissà?» rispose, passandole una mano sul fianco e stringendola a sé. «Potrebbe essere proprio così.»

A bordo dell'Airbus A340 della compagnia di bandiera Aerolineas Argentinas, Amy si sedette nel posto accanto al finestrino e appoggiò il viso al vetro, osservando il panorama esterno dal piccolo oblò rettangolare. Sullo sfondo, le montagne in arenaria rossa si confondevano con le nuvole basse venate d'oro dell'alba, creando una scena quasi surreale, unica al mondo.
Nemmeno dieci minuti dopo essersi sistemata sul sedile, il motore dell'aereo rombò sotto i piedi e il velivolo rullò sulla pista prima di sollevarsi da terra e alzarsi in volo, diretto verso nord. Sotto di sé, Amy vide sfilare prima la campagna e subito dopo il reticolo di strade e case bianche della città di Salta. Appena l'aereo superò la coltre di nebbia, il paesaggio brullo delle Valli di Calchaquíes scomparve sotto le nuvole.
Mentre si lasciava alle spalle il nord dell'Argentina, Amy si ritrovò di colpo a pensare al futuro, a cosa l'aspettava una volta tornata in America. Le vennero in mente tutte le sue ricerche sull'evoluzione dei dinosauri in uccelli a cui stava lavorando con Tom, e che di lì a qualche mese avrebbe dovuto consegnare alla casa editrice dell'università.
Era ironico, pensò, che non avrebbe potuto riportare niente nel manoscritto di ciò che avevano visto nella caverna. Con i due guardiacaccia che li avevano soccorsi, infatti, avevano concordato sul fatto che l'unico modo per salvaguardare le specie presenti nella grotta era di sigillare il perimetro della cava e di mantenere il più stretto riserbo sulla questione. Successivamente, Ramirez e Santos avevano provveduto ad avvertire le autorità locali e il team di medici che si era occupato dell'autopsia del corpo dell'operaio Cayo Guzman sulla vera natura dell'incidente e sulle implicazioni devastanti che poteva avere la diffusione della notizia a livello mediatico.
Fortunatamente, fino ad allora non c'era stata alcuna fuga di notizie.
Adesso, mentre finalmente tornava negli Stati Uniti, scacciò dalla mente i pensieri che le affollavano la mente e guardò Tom con la coda dell'occhio, accanto a lei, sentendo istantaneamente il cuore batterle all'impazzata nel petto.
Il legame che si era formato tra loro due in quegli ultimi giorni era diverso da qualsiasi cosa che Amy avesse mai provato prima, eppure le sembrava la cosa più naturale del mondo.
Lentamente, si staccò dal finestrino e si appoggiò a lui, sentendo il suo calore avvolgerla in una bolla protettiva, mentre il mondo scompariva attorno a loro.

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