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La Mina de Calchaquíes è una della cave più grandi del nord dell'Argentina. Con una superficie di circa cinque chilometri quadrati, la cava si sviluppa su due grandi terrapieni collegati da due ampie strade sterrate che si fermano in un grande spiazzo.
Di notte i pendii perfettamente lisci e i gradoni artificiali venivano modificati dal continuo mutamento delle ombre. La cava cambiava totalmente aspetto.
Morales, fermo appena fuori il cancello nord, studiò rapidamente la situazione attraverso il parabrezza, sperando di non scorgere nessuno.
È chiusa. Pensò soddisfatto, non vedendo alcun movimento. Aspetta solo me.
Spense la luce all'interno del camper e uscì a fatica dalla portiera, appoggiandosi le mani ai fianchi e andando a controllare il lucchetto al cancello. Chiuso.
Se lo sarebbe dovuto aspettare, ma aveva comunque sperato che fosse stato dimenticato aperto.
Sbuffando, si girò e rientrò nel camper.
La brezza estiva di quella sera fece cambiare l'aria all'interno del veicolo, rendendola più sopportabile, anche se il forte odore di fritto permaneva.
Alex si fermò a metà del camper e aprì lo sportello di una mensola sulla destra, frugando con il palmo della mano lo scaffale. Le dita si strinsero attorno al manico liscio di un cacciavite. Lo prese e richiuse l'anta.
Quasi saltellando, uscì nuovamente all'esterno e infilò con precisione il cacciavite nel lucchetto. Cercò di imitare il movimento di una chiave e, dopo pochi giri, sentì un forte click e il lucchetto gli cadde in mano.
«Fatto!» esclamò, divertito, mentre si rimetteva l'utensile in tasca.
Spinse il cancello che si aprì senza emettere alcun rumore.
Entriamo, adesso. Si disse, mentre si risistemava sul sedile del guidatore. Girò la chiave e il camper prese a vibrare, mentre premeva l'acceleratore ed entrava nella cava, fermandosi a pochi metri dal recinto. Scese dal camper lasciandolo acceso e corse verso il cancello. Rimise a posto il lucchetto e lo richiuse.
«Meglio non far insospettire nessuno» disse, tornando verso il veicolo.
La strada principale era larga quasi sei metri e scendeva vero il secondo terrapieno formando grandi tornanti collegati direttamente ai vari gradoni, costruiti formando una mezzaluna.
Dalla sua posizione, gli pareva di trovarsi in cima alla cavea di un enorme teatro greco.
Tossì e partì col camper, scendendo piuttosto in fretta la strada, attraversando poi il secondo grande spiazzo. Quando fece per immettersi nella seconda strada, premette improvvisamente il freno, bloccandosi.
Il rumore delle scatole che cadevano dietro di lui gli arrivò distante, ovattato.
Quello che stava vedendo gli aveva completamente fatto perdere il contatto col mondo esterno.
«Non ci posso credere...» sussurrò, non riuscendo a trovare le parole giuste, «è incredibile!»
Oltre il terzo spiazzo, a circa cento metri sotto di lui, sulla parete di roccia si stagliava una gigantesca caverna, sottile, a forma di occhio, completamente nera. Un secondo recinto la accerchiava e, tutt'intorno, erano sparse grosse pietre.
È lì che devo andare. Pensò, senza saperlo con certezza. Era come se qualcuno glielo avesse suggerito all'orecchio.
Ripartì spedito, scendendo il più rapidamente possibile la strada, fermandosi a pochi metri dal cancello che circondava la caverna. L'enorme orbita nera gli pareva più una bocca, da quella prospettiva, pronta a mangiarlo, ma scacciò subito quel pensiero ridicolo e, con il cacciavite stretto in mano, scese nuovamente dal camper e scassinò anche quel lucchetto. Girandosi per tornare al veicolo, sì paralizzò.
A venti metri da lui, sopra ad un pendio ghiaioso, c'era una grossa tenda. Prima non la aveva notata, ma ora riusciva chiaramente a distinguerla.
«Ci sarà qualcuno?» Si domandò, sussurrando. Sentì un nodo alla gola.
Aveva cercato di fare meno rumore possibile, ma il motore del camper era impossibile non sentirlo. Attese in silenzio per alcuni secondi, senza che accadesse niente.
Poi ripensò a quello che aveva letto in Internet nei giorni precedenti. Su un articolo allegato a quello che parlava dell'aggressione, ce ne era uno in cui veniva chiaramente specificato che la cava era stata chiusa fino alla risoluzione del problema.
«Stavolta mi è andata bene» disse, mentre si infilava i due oggetti in tasca.
Risalì nel camper e attraversò il cancello di ferro, aprendolo col il paraurti del veicolo. Una volta dall'altra parte, scese e si chiuse dentro nell'area recintata.
Durante il viaggio per raggiungere la cava, aveva riflettuto su come infiltrarsi nella proprietà e cercare indizi sull'incidente senza essere scoperto, e si era reso conto che, con quel metodo, chiunque fosse passato per di là non si sarebbe accorto di un'intrusione e non avrebbe potuto distinguerlo mentre indagava nel buio della notte.
La sera della vigilia era una garanzia in più.
Risistemandosi al volante, osservò titubante l'enorme caverna scura di fronte a lui.
«Andiamo» sussurrò, aumentando la velocità e sparendo inghiottito nell'oscurità.
All'interno della caverna, lo spazio che lo circondava era indefinibile: le pareti di roccia che lo racchiudevano era invisibili e i fanali del camper rischiaravano solo una piccola porzione di spazio di fronte a lui.
Il terreno era accidentato ma abbastanza regolare per un mezzo di trasporto.
Prese una buca e diminuì la velocità. Non ricordava di essere mai stato in un luogo tanto opprimente e buio.
Perfino il cassonetto della spazzatura del liceo gli pareva più invitante e confortevole, in quel momento.
Quando lui era in quarta, un gruppo di ragazzi dell'ultimo anno lo aveva attirato nel vicolo dietro la mensa scolastica con la scusa di vedere la ruota di una bicicletta.
Alex, titubante, aveva accettato suo malgrado. Il suo sesto senso -che aveva ignorato- aveva avuto ragione anche quella volta: gli avevano sottratto i soldi per il pranzo e lo avevano chiuso per quasi tre ore in uno dei tre cassonetti per gli scarti della mensa.
Quel ricordo lo aveva segnato da allora, e lo tormentava ogni volta che si trovava in uno spazio buio. Ma quella volta decise di ignorarlo. Non sapeva cosa di preciso lo avrebbe aspettato, ma sapeva che, se lo avesse trovato, la sua vita sarebbe cambiata.
Per la prima volta, in meglio.
Proseguì per altri due minuti a velocità dimezzata, poi, attraverso le luci dei fanali, riuscì ad individuare le pareti della grotta, che scomparvero poco dopo. La scena gli fece mancare le parole.
«Mio Dio» sussurrò, guardando verso l'alto.
Si trovava in una delle caverne più grandi che avesse mai visto. La superficie non era calcolabile, ma gli pareva di trovarsi all'interno di decine di stadi da calcio completamente vuoti.
Il soffitto di roccia aveva grandi fessure attraverso le quali la luce lunare filtrava illuminando quel piccolo mondo come una cascata.
Pochi metri avanti a lui, scorse una gigantesca foresta di minuscoli alberelli, non più grandi di un paio di centimetri, tutti addensati e sparsi in un raggio di alcuni chilometri quadrati.
Mentre osservava i piccoli alberi, si rese conto che la cosa era alquanto strana: non assomigliavano a nessun bonsai che conoscesse, e gli pareva di scorgere del movimento tra di loro. Poi se ne rese conto.
Frenò appena in tempo, staccando subito dopo le mani dal volante.
Le ruote anteriori del camper erano per metà sospese sul vuoto. Sotto di lui, a quasi trenta metri sotto la parete verticale, la foresta.
Non sono piccoli alberi. Pensò, spaventato. Ero io in alto!
Tremante, mise la retromarcia e tornò indietro sull'altura rocciosa di alcuni metri, tirando poi un sospiro di sollievo. Non si era mai spaventato così tanto.
Quando il battito ebbe riacquistato un ritmo normale, Alex allungò lo sguardo fuori dai finestrini laterali.
Alla sua destra, appena oltre un piccolo ruscello che sgorgava attraverso delle aperture nelle rocce, vide la parete scura che terminava in quel punto, dietro ad alcuni alberi.
Lui si trovava in un'altura rocciosa, sospesa a trenta metri dalla base della caverna.
Il profilo del bordo dell'altura seguiva una linea curva, che racchiudeva la zona in cui si trovava in un semicerchio.
Si girò dall'altra parte, studiando la situazione. Il terreno aumentava di pendenza, scendendo per alcuni metri fino alla foresta, che aveva risalito il pendio della grotta fin là. Lo spazio di radura era abbastanza largo per il camper.
Felice di non essersi ritrovato bloccato, svoltò a sinistra e accelerò in quella direzione.
Mentre proseguiva, si rese conto che al posto della nuda roccia il terreno si era ricoperto di muschi e di erba.
Scese nel cuore della vegetazione di alcuni metri, poi si ritrovò completamente circondato da alberi. I tronchi neri ostacolavano il passaggio del mezzo.
Sbuffando, girò la chiave e spense il motore, poi si alzò e scese dalla portiera.
L'aria afosa gli fece mancare il fiato. Chiuse gli occhi e respirò, riuscendo ad abituarsi in fretta.
Non ci posso credere. Pensò, alzando lo sguardo verso il soffitto della caverna. Questo posto è assolutamente incredibile.
Mentre cercava di capire a che altezza si trovasse, sentì un fruscio alle proprie spalle, e il sangue gli si raggelò nelle vene.

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