Disteso di pancia sul divano sfondato di pezza blu, Alexandro Morales stava rileggendo lo stesso articolo dal portatile per la decima volta.
Lo schermo del laptop era l'unica fonte di luce, un faro di un bianco penetrante nell'oscurità della stanza. Fuori, oltre la finestra, la sagoma nera della città di Salta era rischiarata da centinaia di piccole luci rettangolari. Le finestre dei palazzi.
Erano circa le dieci di sera della vigilia di Natale.
Mentre l'uomo scorreva il breve testo che già conosceva, muoveva le labbra come se lo stesse leggendo ad alta voce. Ma non usciva alcun suono, l'emozione gli bloccava le parole in gola.
Alexandro Morales, un metro e settanta e centocinquanta chili di peso, dimostrava quasi quarant'anni, anche se ne aveva più di dieci di meno. La barba, incolta e grigiastra, non aiutava a ringiovanire il volto, consumato dalla mancanza di sole e arrotondato a causa di bibite dolci e cibi grassi. Single dai tempi del liceo e disoccupato da quasi tre mesi, aveva deciso di dedicare totalmente la sua vita al divorare fast food rinchiuso nella sua fortezza, un camper malandato parcheggiato in una stazione appena fuori la capitale della regione.
Se si fosse guardato in uno specchio, si sarebbe spaventato di come si sarebbe visto: i capelli, unti e sporchi, gli arrivavano alle spalle, il viso somigliava ad una palla da pallavolo, pallido e coperto dalla barba lunga di settantadue ore.
Ma a lui sembrava non importare granché. Due mesi prima, quasi trenta giorni dal suo licenziamento, si era reso conto di come la sua vita fosse andata a rotoli in quell'ultimo decennio.
Finiti gli studi al liceo, aveva iniziato a frequentare la National University of Salta, sperando che un buon college gli garantisse almeno tre anni di studio senza preoccuparsi dei futili problemi che affliggono gli studenti adolescenti alle scuole superiori.
Non si sarebbe dovuto preoccupare dei compagni di classe, soprattutto perché non sarebbe esistita una vera e propria classe, ma dei corsi in cui l'iscrizione era puramente facoltativa e così anche la possibilità di abbandonarli, e che quindi non garantivano la permanenza delle stesse persone che si sarebbe trovato il primo giorno.
Un pensiero che, al contrario di come se l'era immaginato, non era andato secondo i piani.
A ventidue anni pesava già centodieci chili e portava sul corpo i segni del bullismo liceale di cui era stato una della prede preferite. Una lunga cicatrice gli rigava la gamba sinistra ma, per fortuna sua, non ricordava nemmeno come se l'era procurata.
Ogni volta che la vedeva gli tornavano alla mente immagini sconnesse di colpi, di sangue che colava e di un'auto che partiva e lui che veniva trascinato.
I danni maggiori, come gli avevano detto molti psicologi da cui era stato, erano quelli della psiche. Il carattere delle persone viene modificato continuamente, sia dall'ambiente che lo circonda, dal clima e a causa delle persone con cui si interagisca.
Effeminato, sovrappeso e con voti alti a scuola, rappresentava la preda perfetta per i bulli dell'immaginario comune. La dura realtà era che non sarebbe mai potuto cambiare nel profondo, ma poteva solo cercare di nascondere la sua vera identità.
Ma riuscire a non arrossire quando doveva cambiarsi negli spogliatoi assieme ai suoi compagni diventava sempre più difficile, fino al compimento dei diciotto anni. Fu allora che poté firmarsi gli esoneri da ginnastica e prevenire ulteriori prese in giro.
Sapeva che per molti il liceo era un inferno. La maggior parte delle volte le persone vengono maltrattate solo perché non conformi alle mode attuali, o contrari al pensiero della massa.
Da adulti queste idee vengono spesso ignorate, ma per molti studenti il vivere dipende soprattutto dalle scelte come quella e, per molti di loro, quel periodo buio terminava nel peggiore dei modi.
Alex sapeva che un modo per finire quell'agonia poteva essere quello. C'erano molti modi per farlo, e alcuni anche senza provare dolore.
Un giorno, all'ultimo anno, comprò numerosissimi anticoagulanti e delle lamette per rasoio. Era il venti giugno 2008. Aveva scelto quella data perché erano trascorsi esattamente dieci anni dalla morte della madre, l'unica famigliare che avesse mai amato. Dalla sua morte, la vita a casa dei nonni paterni era stata solo un altro incubo.
Il nonno, alcolizzato e fumatore incallito, malmenava spesso sia lui che la moglie. Una sera la picchiò così forte da farle perdere conoscenza. Alex si era ribellato, e lo aveva fatto cadere contro uno spigolo del tavolo.
La nonna si era rimessa nel giro di qualche giorno, e al ragazzo fu riconosciuta la legittima difesa. L'ultimo anno passato in compagnia della nonna era terminato con la morte di lei e il tentato suicidio di lui.
Con la prima pillola in mano, stava per dire addio a quell'esistenza che gli aveva provocato solo perdite e dolori, quando questa gli scivolò di mano e sparì nello scarico del lavandino del bagno. Lo interpretò come un segno. Decise di riprendere in mano la sua vita.
Iscrittosi all'università, per i primi due mesi era riuscito a rifarsi un nome. Aveva un piccolo appartamento in città e, oltre allo studio, lavorava come barista del locale sotto casa. Possedeva una piccola auto di terza mano con la quale andava ogni mattina a scuola.
I suoi sospetti sull'assenza del bullismo nei college erano fondati, e non ci furono mai problemi nell'ambito prettamente scolastico. I problemi erano fuori.
Il quartiere dove si era trasferito non era uno dei migliori della città: furti, vetri rotti e bottiglie sparse a terra e graffiti sulle pareti. L'unico vantaggio erano i prezzi bassi delle abitazioni di cui, al momento dell'acquisto, ne aveva disperatamente bisogno.
Una sera, rientrando a casa dal lavoro, fu assalito da un gruppo di giovani ubriachi che gli chiedevano soldi e le chiavi della macchina.
Lui si era rifiutato, e lo avevano picchiato a sangue, riuscendo, dopo un paio d'ore, a strappargli quattrocento pesos. Per due giorni non si era fatto rivedere in giro.
Quando era tornato a scuola li aveva rivisti a lato della strada, in un'area di servizio. Aveva accelerato, sperando di non farsi notare, ma non servì a niente se non di attirarli fino a scuola.
Quella stessa mattina, al termine delle lezioni, il gruppo di ragazzi lo aveva accerchiato prima che potesse rifugiarsi in auto e lo avevano picchiato nuovamente, portandosi via il portafoglio e la piccola vettura.
Quella volta, però, aveva trovato trovato la forza di denunciarli, riuscendo a riavere l'auto, i soldi rubati e qualche migliaia di pesos di risarcimento.
Con i soldi appena guadagnati e i suoi risparmi personali, aveva abbandonato l'appartamento e il lavoro nel locale e si era comprato un vecchio camper in cui si era trasferito, fino al conseguimento della laurea breve dopo tre anni in economia aziendale.
Il suo primo lavoro era il cameriere di una tavola calda nella periferia nord della città. Nelle prime settimane veniva al lavoro e se ne andava negli orari stabiliti e non aveva mai litigato con i suoi colleghi.
Fino al giorno in cui non erano ricomparsi.
Il gruppo di giovani che lo aveva assalito all'università erano entrati nella tavola calda e si erano seduti ad un tavolo lontano dal bancone, in un angolo.
Era toccato ad una sua collega, Carlota Santos, ad andare a prendere le ordinazioni. Da dietro il banco, Alex vide che inizialmente quello che doveva essere il capo della banda le aveva accarezzato le gambe. Lei si era ritratta, terminando in fretta con le ordinazioni.
Quando si era girata per raggiungere il banco, uno dei ragazzi le aveva accarezzato il sedere, facendola gridare.
Morales si era alzato e si era messo in mezzo. Subito lo avevano riconosciuto e minacciato di pestarlo nuovamente alla fine dell'orario di lavoro. Lui aveva avvertito una scossa di adrenalina che non aveva mai provato.
Aveva afferrato il capo del gruppo per il colletto e lo aveva scaraventato a terra. Ne aveva poi colpito altri due, ma fu atterrato ugualmente dagli altri tre membri rimasti.
Fu licenziato quel giorni pochi minuti dopo che gli avevano rotto il naso.
A trenta giorni dalla perdita del posto, Alex pesava già diversi chili in più e si era rinchiuso nel suo camper, uscendo solo per portare fuori la spazzatura e per le necessità del veicolo.
Cibi grassi, bibite zuccherate e documentari sul mistero erano diventati la sua vita finché, un giorno, non aveva ripensato a tutto quello che gli era capitato e, come quel giorno di sei anni prima, aveva pensato di farla finita. Quella volta non ci aveva pensato molto.
Era uscito e si era comprato una piccola pistola. Aveva infilato un proiettile e se l'era infilata in bocca. Poi aveva premuto il grilletto.
Non si ricordava per quanto tempo fosse rimasto fermo ad attendere che accadesse qualcosa, però poi si era reso conto che un solo proiettile non sarebbe scattato subito. Quello, per lui, era un secondo segno divino.Ora, a distanza di quasi sessanta giorni dal secondo tentativo di suicidio, aveva appena trovato il modo per riscattarsi. Il sito che aveva davanti parlava di un operaio deceduto misteriosamente in una cava della zona.
Non si sapeva il come della sua morte, e Alex intendeva scoprirlo.
Mi riscatterò. Pensò, sorridendo per la prima volta in tre mesi. E la mia vita cambierà.
STAI LEGGENDO
Crono
Science FictionStoria vincitrice nella categoria SCIENCE FICTION ai Premi Wattys 2020 [In revisione, non su Wattpad] Nel nordovest dell'Argentina, in una cava di sabbia, un operaio viene brutalmente sbranato vivo da un animale misterioso, morendo nell'infermieria...