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Amy uscì di corsa con Costa dal piccolo laboratorio sul retro camper e si guardò rapidamente intorno, chiedendosi che cosa fare. Se la sua ipotesi sulla concorrenza alimentare era corretta, allora Tom, Rivas e Franco si sarebbero trovati in guai seri e, peggio ancora, non aveva modo di contattarli per avvisarli del pericolo, dato che disponeva di un solo telefono satellitare.
Si sforzò di riordinare i pensieri che le affollavano la mente e di affrontare la situazione un passo alla volta. Non avendo modo di avvertirli a distanza, l'unica soluzione era quella di uscire e comunicarglielo di persona, ma non era armata e sapeva che raggiungerli indifesa sarebbe stato un suicidio.
Ho bisogno di una pistola. Si disse, reprimendo un brivido. Fin da quando era piccola, era sempre stata terrorizzata dall'idea di dover usare un'arma e da allora si era ripromessa di non doverne mai toccare una. In quel momento, però, era consapevole di non avere alternative.
Alzò lo sguardo e lanciò una rapida occhiata alla foresta ai margini dello spiazzo attraverso i finestrini, tentando di concentrarsi, per poi tornare a rivolgere l'attenzione sull'interno del mezzo, e prese a scorrere con lo sguardo i vari ripiani e gli scomparti cercando di immaginare dove Evian avesse potuto lasciare le armi che non si era portato con sé prima di uscire dal camper.
Sospirando, di sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si diresse verso le mensole sulla parete di sinistra, alzandosi in punta di piedi e cominciando a cercare qualsiasi cosa le sarebbe potuta tornare utile, rendendosi subito conto che su quegli scaffali Foster aveva disposto solo batterie, confezioni di guanti, salviette e flaconi di disinfettanti.
Costa si avvicinò e le posò dolcemente la mano sul braccio, guardandola preoccupato. «Dottoressa, non avrà mica intenzione di uscire a cercarli, vero? Se ha ragione e ci fossero davvero altri predatori, pensa davvero di riuscire a raggiungerli senza rischiare di venire attaccata?»
Lei scosse il capo, cercando di nascondere il proprio nervosismo. «Che alternativa abbiamo? Aspettiamo che ritornino pregando che non succeda loro nulla? Mi dispiace, ma non li lascerò in questa situazione. Se dovesse accadere qualcosa a Tom, o a Rivas e Franco, non riuscirei mai a perdonarmelo. Soprattutto non dopo che ho intuito il probabile rischio che stanno correndo a rimanere lì fuori.»
Il ragazzo annuì e si avvicinò con un'espressione più risoluta allo scaffale più basso. «Cosa stiamo cercando?» Le domandò, cominciando a frugare tra le varie attrezzature come un bambino circondato da regali la mattina di Natale.
Amy lo fissò divertita, mentre tornava a cercare sugli scaffali poco più in alto. «Qualsiasi cosa possa tornarci utile per difenderci in caso d'attacco.» Gli rispose, chiedendosi se esistesse davvero qualcosa in grado di proteggerli se si fossero imbattuti in un grande carnivoro una volta usciti dal camper.
Deve esserci. Si disse, sperando con tutta se stessa che che ci fosse davvero. Fece per riprendere a ispezionare lo scaffale, quando lo sguardo le cadde su una valigetta di plastica nera, lunga all'incirca quaranta centimetri, infilata tra la parete e il sedile del guidatore. La osservò per qualche secondo, poi, spinta dalla curiosità, si chinò e la raccolse, cercando di capire che cosa potesse contenere.
Costa sollevò lo sguardo e seguì con gli occhi Amy mentre si avvicinava al piccolo tavolino dall'altro lato del camper.
«Assomiglia abbastanza a quelle valigette in grado di scatenare il panico se lasciate incustodite, lo sai?» Le chiese, alzandosi in piedi.
Amy rise e se la rigirò fra le mani, strizzando gli occhi per scorgere un qualsiasi simbolo o scritta in grado di rivelarle di cosa si trattasse, ma sulla superficie ruvida era difficile distinguere le iscrizioni dalle scanalature che formavano la superficie zigrinata.
Scoraggiata, la appoggiò sul tavolo e, con il cuore battere all'impazzata, avvicinò le dita ai ganci e la aprì con due click, trattenendo il respiro. Incerta su cosa aspettarsi, socchiuse gli occhi e sollevò lentamente il coperchio, abbassandosi per vedere cosa ci fosse dentro.
Dietro di lei, sentì Costa che si avvicinava e tratteneva il respiro.
Quando aprì completamente la valigetta, Amy vide che all'interno c'era una scatola rettangolare di cartone, bassa e leggermente schiacciata, su cui era stato stampato un logo formato da una H e una K colorate di nero, che risaltava contro il marrone sbiadito della confezione.
Amy lesse la scritta più volte, incredula. La prima volta che aveva visto quella sigla era stata poco più di un anno prima, quando Tom la aveva convinta ad accompagnarlo a visitare una mostra sull'evoluzione delle armi nella storia dell'uomo al National Museum of Natural History di Washington. Si ricordò di aver letto che quello era il marchio di un'azienda tedesca produce armi da fuoco dalla fine della seconda guerra mondiale.
Se non ricordava male, la "Heckler & Koch" aveva prodotto un numero considerevole di modelli di arma da fuoco, molti dei quali in uso nell'Esercito tedesco, diventando in questo modo una delle principali aziende di quel settore.
«La apriamo?» domandò Costa, evidentemente impaziente quanto lei di vedere cosa ci fosse all'interno.
Lei annuì, animata da un rinnovato entusiasmo, e la scoperchiò, appoggiando il coperchio sul tavolino. Quando vide che cosa c'era nella scatola, aggrottò la fronte e si chiese se per caso Foster le aveva giocato un brutto scherzo.
La pistola che aveva davanti pareva un'arma dei cartoni animati, costituita da un corto cilindro di metallo nero a cui erano stati fissati un'impugnatura e un grilletto.
Amy la sollevò e la fissò per alcuni secondi, sforzandosi di ricordare se ne avesse mai viste di simili, ma un attimo dopo si rese conto di cosa si trattasse, ma ci rinunciò quasi subito, rendendosi subito conto che la sua scarsa conoscenza delle armi non la avrebbe aiutata poi molto.
Fece per riappoggiare la pistola quando notò tre piccoli cilindri metallici che prima le erano sfuggiti. Erano lunghi pochi centimetri, contrassegnati da una sottile linea rossa, e combaciavano perfettamente con il calibro dell'arma. Un attimo dopo capì di cosa si trattava e si sentì rinascere la speranza.
Costa aggrottò le sopracciglia, evidentemente confuso. «In che modo possono tornarci utili dei... razzi di segnalazione?. Abbiamo bisogno di proiettili, giusto?»
«Al contrario,» ribatté, prendendo i tre razzi dalla scatola. «Questi potrebbero tornarci molto più utili dei proiettili. Si pensa che i dinosauri avessero strati di muscoli molto spessi sotto il tessuto epiteliale, e ciò potrebbe rivelarsi un problema nel caso dovessimo usare dei proiettili.»
«E quindi pensa siano meglio dei razzi?»
«Sì. Se sparassi uno di questi ad un animale, dovrebbe disorientarlo per un po' e, molto probabilmente, provocargli un'ustione abbastanza grave da scoraggiarlo.» Amy si domandò se avrebbe davvero funzionato, ma si ricordò di non avere altre possibilità e cercò di infondersi un po' di coraggio. Deve funzionare.
«Se ne è sicura lei lo sono anch'io, ma non la lascerò uscire da sola.»
«No» replicò, con un tono che non ammetteva repliche. «Vado io
«Dottoressa,» Costa sembrava determinato tanto quanto lei, ma nel suo tono Amy scorse una punta di incertezza che la convinse ad insistere. «Se uscissimo in due potremmo guardarci le spalle a vicenda e avremmo più possibilità di avvistare un pericolo.»
Lei scosse la testa, decisa, pur sapendo che la sua argomentazione aveva senso.
«Abbiamo solo una pistola, e se qualcuno di noi venisse attaccato e non la avesse con sé? È troppo pericoloso, è meglio che vada una persona sola.»
«Allora lasci uscire me! Non voglio che le accada nulla!»
Amy sbuffò e alzò lo sguardo, guardando Costa dritto negli occhi. Dopo un attimo di esitazione, gli chiese: «Sai sparare?»
Lui annuì. «Da ragazzo mi hanno insegnato come si fa, ma non è tanto difficile. Dovrei ricordarmi.»
Lei abbassò lo sguardo sulla pistola che teneva in mano e gliela porse, rassegnata. Il ragazzo la afferrò saldamente e, con la mano libera, prese i tre razzi di segnalazione.
«Stai attento, non sto scherzando.»
Lui ridacchiò. «Non per offenderla, ma adesso sembra mia madre.»
Anche lei si sforzò di sorridere, nonostante non ci trovasse nulla di buffo in quella situazione. «Tua madre ti ha mai dato in mano una pistola?»
«Non vuole nemmeno sentirle nominare.»
Amy gli afferrò la manica e lo fissò intensamente. «Davvero, non sto scherzando. Non esitare a sparare, se necessario, e soprattutto cerca di mirare nei punti più delicati, come gli occhi, o la bocca.»
Per un attimo, si stupì nel sentir pronunciare quelle parole dalla sua stessa bocca. Mai si sarebbe immaginata di dover tenere in mano una pistola, né tantomeno di insegnare come sparare a grandi predatori ritenuti estinti sessanta milioni di anni fa, ma ormai non si stupiva più di nulla. Quel viaggio in Argentina si stava rivelando molto più sorprendente di quanto si era aspettata.
Costa assentì con un cenno della testa e alzò lo sguardo verso il finestrino, pronto ad uscire, ma si fermò di colpo, impallidendo. Poi emise un suono inarticolato e indicò un punto imprecisato oltre il vetro.
Amy seguì il dito tremante del giovane operaio con lo sguardo e, una volta girata, si sentì raggelare, nonostante il caldo afoso. A meno di cinquanta metri di distanza, tra la fitta vegetazione, distinse chiaramente la sagoma di un grosso animale, bipede, alto tre metri e lungo otto. Sul collo muscoloso e sulla schiena contò cinque file di noduli ossei che lo rendevano ancora più imponente, mentre, sulla sommità del capo, vide due sinistre corna a forma di cono leggermente ricurve verso l'alto, esattamente sopra gli occhi..
L'animale mosse qualche passo nella loro direzione, rimanendo nell'ombra tra gli alberi, come se stesse valutando se avvicinarsi ancora o rimanere nascosto. Rimase rintanato nell'oscurità per qualche secondo, ringhiando in direzione del camper. Ad Amy ricordò il video di un elefante che attaccava una jeep di turisti durante un safari.
Improvvisamente, come se le avesse letto nel pensiero, il dinosauro emise un cupo ringhio e iniziò a correre verso il camper.
Amy, paralizzata dal terrore, fissò dal finestrino l'animale mentre si avvicinava sempre più rapidamente al mezzo e si preparava a colpirlo.

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