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Amy Su, dolorante, giaceva riversa su un fianco sul pavimento del camper, circondata da batterie, guanti e flaconi di disinfettanti caduti dagli scaffali quando il dinosauro aveva colpito il mezzo. Mentre la testa le martellava, faticava ancora a credere a quello che aveva visto, nonostante avesse chiaramente riconosciuto che l'animale uscito dalla foresta fosse un teropode di grandi dimensioni. In quel momento, però, la sua mente sembrava non voler collaborare, ma non ne era affatto sorpresa.
Non riesco a respirare! Cercando di mantenere la calma per evitare di sprecare il fiato, tentò di ruotare su se stessa per riuscire ad inspirare senza che il pavimento le premesse sul torace, ma ad ogni millimetro si sentiva come imprigionata in uno strumento di tortura medievale che la stritolava sempre di più. Ho male dappertutto.
L'angolatura obliqua con qui aveva colpito il pavimento nella caduta aveva attutito in parte l'impatto, ma era stata una magra consolazione. Subito dopo una scarica di dolore si era diffuso in tutto il corpo ed era rimasta senza fiato.
Devo cambiare posizione. Si disse, cercando di ignorare il male e, chiamando a raccolta le forze, si mise in ginocchio e abbassò la testa per riuscire a respirare. Ogni movimento sembrava come una pugnalata nelle articolazioni, ma cercò di eliminare ogni sensazione e di concentrarsi soltanto sul battito cardiaco. Appena il cuore riprese a pompare il sangue con un ritmo più regolare, Amy inspirò a fondo e alzò lo sguardo, guardandosi intorno per fare il punto della situazione, sentendosi subito mancare.
Nella stanza sembrava quasi che fosse esplosa una bomba. Le mensole e gli armadi sulle pareti erano vuoti e le attrezzature da ricerca sul campo sparse dovunque, assieme con molti strumenti del laboratorio, ma non era stato quello a disorientarla.
Manuel Costa era accasciato scompostamente contro la parete, con la testa appoggiata sulla spalla e una ferita sanguinante sulla fronte.
Amy si fiondò verso di lui nonostante il dolore lancinante e si chinò sul suo petto, appoggiando l'orecchio all'altezza dello sterno. Per un interminabile secondo, sembrò che ogni cosa si congelasse, come se ogni suono esterno venisse assorbito e tutto piombasse nel silenzio più totale. Sembrò durare per un'eternità. Poi, finalmente, sentì un battito.
Amy si lasciò sfuggire un'esclamazione di esultanza e prese a colpirlo delicatamente sulla guancia, sentendo il cuore batterle all'impazzata nel petto per il fiume di emozioni contrastanti che la stava investendo.
Costa emise un rantolo e dischiuse le palpebre, fissandola con gli occhi pieni di paura. «Aiutami» disse, con un filo di voce, «il bacino...»
L'ondata di ottimismo che aveva investito Amy scomparve all'istante, sostituita subito dalla paura e dalla confusione. Lei gli lanciò un'occhiata interrogativa e abbassò lo sguardo sull'addome del ragazzo. È ferito? Amy aggrottò la fronte e prese a studiarlo rapidamente. Apparentemente sembrava solo che fosse scivolato contro la parete e fosse svenuto, ma sembrava voler continuare a insistere che aveva qualcosa al bacino. La camicia è pulita, non c'è sangue.
Gliela sbottonò e gliela aprì sull'addome, stando attenta a non fare pressione con le dita per evitare di procurargli dolore. Quando scostò i due lembi, si sentì nuovamente senza fiato.
All'altezza dell'ombelico c'erano due grossi lividi di colore violaceo, tendenti al nero, che si estendevano in orizzontale in corrispondenza dei pelvi.
Nonostante Amy non avesse studiato medicina, intuì subito di cosa potesse trattarsi, e si sentì subito venire meno.
Costa annuì come se le avesse letto nel pensiero, e sollevò un dito tremante indicando un punto alla sua destra, verso la porta del laboratorio. Amy seguì il dito con lo sguardo, ma non riuscì a capire che cosa stesse cercando di farle vedere.
«Che cosa c'é?» gli domandò, sempre più confusa. «Devi farmi vedere qualcosa nel laboratorio?
Fece per voltarsi, quando Costa le afferrò il polso e indicò nuovamente nella stessa direzione, ma questa volta con più insistenza.
«Il... tavolino» le disse, la voce ridotta a un sussurro. «Prima, nella caduta...»
Poi, senza preavviso, inarcò di scatto la schiena e gridò di dolore, conficcandole le dita nel braccio. Amy chiuse gli occhi e strinse i denti, sforzandosi di restare calma.
Manuel Costa si lasciò ricadere contro il muro e alzò lo sguardo, iniziando a inspirare a scatti. «Non... riesco... a respirare...» le disse, allentando la presa.
In preda al panico e al più totale smarrimento, Amy si fiondò sugli oggetti sparsi sul pavimento intorno a lei e prese a frugare tra le varie attrezzature sperando di trovare qualsiasi cosa potesse aiutarla in quella situazione, ma aveva la mente vuota e non sapeva nemmeno lei cosa cercare.
«Iperventilazione» disse ad alta voce, sperando la aiutasse a schiarirsi le idee. «Primo anno di università, corso di pronto soccorso. Andiamo, pensa!»
Improvvisamente appoggiò una mano su un sacchetto di carta che conteneva confezioni di batterie e per un pelo non perse l'equilibrio scivolandoci sopra. Si bloccò di colpo e fissò la busta, sentendo il cuore che batteva sempre più forte nel petto.
Respirare anidride carbonica. La risposta era così banale che Amy si sentì in colpa per non averci pensato prima, ma ignorò quel pensiero e si voltò di scatto, avvicinandosi a Costa, che stava ormai boccheggiando.
«Respira qui» gli disse, avvicinando la busta alla bocca del ragazzo, la quale prese subito a gonfiarsi e a sgonfiarsi sempre più lentamente, fino a raggiungere un ritmo più regolare. Manuel le lanciò un'occhiata colma di gratitudine e si tolse il sacchetto dal viso, probabilmente perché ormai l'anidride carbonica che stava inspirando doveva averli provocato un leggero giramento di testa.
Quando Amy vide che si era calmato gli disse: «Dobbiamo andarcene di qui. Ti porto fuori con il camper da Foster e chiamo subito un'ospedale. Poi torno dentro e recupero gli altri, capito?»
Lui sembrò esitare, poi però abbassò lo sguardo sull'addome e guardò con un misto di orrore e disgusto i due lividi sui pelvi e annuì.
Amy si alzò in piedi e si voltò per andare a sedersi al posto di guida, quando improvvisamente si bloccò di botto, come se avesse urtato una parete invisibile, e avvertì tutti i suoi muscoli entrare in tensione alla vista di ciò che c'era appena fuori dal finestrino.
Oddio. Immobile, al di là del vetro, il dinosauro che li aveva attaccati la stava fissando mentre si abbassava con il muso e si portava alla sua stessa altezza. I denti che sporgevano dal labbro superiore erano lunghi e sottili, come quelli dei coccodrilli, ma questi erano lunghi dieci centimetri ed erano a poco più di un metro da lei.
Dietro di lei, Costa emise un gemito, e Amy si rese improvvisamente conto di non avere più possibilità di portarlo fuori dalla caverna senza rischiare di venire attaccata dal dinosauro. La verità la travolse come un macigno.
Siamo in trappola.

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