Quando la Volvo si fermò accanto alla tenda, su un piccolo pianoro ghiaioso, Amy esitò a scendere. Chiusa all'interno del veicolo, si sentiva al sicuro, come un sovrano all'interno della sua fortezza.
Prima di superare il secondo terrapieno, era riuscita a scorgere con più chiarezza il particolare profilo di quella forma nera allungata sulla parete di roccia, risolvendo in un attimo ogni suo dubbio. Era la caverna dove era stato attaccato l'operaio.
A vederla in quel momento, a soli cinquanta metri di distanza, non riusciva a non sentirsi paralizzata.
Più la guardava, più nella sua mente si immaginava l'attacco all'operaio, ricostruito con un realismo spaventoso, benché si stesse basando solo su un racconto vago e frammentato.
Mentre si sforzava di distogliere lo sguardo, incrociò gli occhi rassicuranti di Tom che la fissavano da dietro al finestrino. Quello sguardo la aiutò a svuotare la mente, sentendosi in un attimo molto meglio. Sospirando, raccolse dal sedile la giacca e aprì la portiera, uscendo nel caldo afoso di metà mattina. Sentì la camicia appiccicarsi addosso e ringraziò se stessa per essersi raccolta i capelli in una coda.
«A cosa stavi pensando lì dentro? Non uscivi più» le domandò dolcemente lui, facendole strada dietro a Foster, «ripensamenti?»
Lei scosse il capo. Non avrebbe voluto raccontare a nessuno delle sue preoccupazioni, ma in quel momento non aveva molta altra scelta, e sentiva di non poterglielo nascondere.
«Più o meno. Ho solo un po' di paura all'idea di dover entrare lì dentro.»
Indicò la caverna. Tom ci mise alcuni secondi prima di risponderle.
«Vista da qui fa un po' di paura, questo sì, ma ricordati che non siamo soli. Non sei sola.»
Appena le appoggiò una mano sulla spalla, sentì un calore e un conforto che non aveva mai provato, e desiderò che quel contatto non smettesse più, ma ormai avevano raggiunto l'ampia tenda.
L'alloggio di Foster, alto tre metri e lungo cinque, avrebbe potuto contenere tranquillamente quattro persone anche se, sbirciando nello spiraglio fra i teli dell'entrata, Amy vide che lo spazio era stato comunque ben sfruttato con una grande scrivania, alcune sedie e una piccola libreria, di cui solo il primo scaffale pieno di libri.
Per terra, c'era un unico grande tappeto che occupava l'intera base.
«Direi di conoscere i vostri compagni, no?» chiese Foster, scostando uno dei due teli e invitandoli ad entrare.
Amy si intrufolò nello spazio seguita da Tom e, appena dentro, vide tre persone sedute in fondo alla tenda alzarsi all'unisono. Il primo a parlare fu Foster, che si richiuse il telo alle spalle interrompendo bruscamente i raggi del sole che stavano attraversando lo spazio che aveva aperto.
«Chi si presenta per primo? Fate voi tre che eravate qui prima, dài, così accogliete la nostra biologa e il nostro professore!» si diresse verso il piccolo divanetto rosso e si sedette in angolo. «Ah» aggiunse poi, «in inglese, ovvio.»
Amy si sentì in imbarazzo quando lo precisò, ma non ebbe il tempo di rassicurarli che avrebbero potuto comunicare in spagnolo perché un uomo poco più alto di lei, piuttosto giovane, si avvicinò e le porse la mano.
Lei la strinse e gli rivolse un rapido sorriso. «Amy Su, ma puoi chiamarmi tranquillamente Amy. Il signor Foster ha specificato la mia occupazione come se fossi più importante di quello che sono in realtà.
«Manuel Costa. È un piacere Amy.» La salutò lui con un inglese molto naturale, poi passò oltre, verso Tom.
Subito dopo la raggiunse un uomo più basso, più robusto e più in là con gli anni.
Si strinsero più rapidamente la mano e l'uomo la precedette. «Jonas Franco, signorina Su.»
«Amy» lo corresse lei, «chiamami così altrimenti mi sento vecchia.»
Lui annuì e si prestò a presentarsi al professore, mentre un uomo molto più alto le si materializzava davanti. Attraente e con un fisico scolpito che si intravedeva oltre la camicia sbottonata sul colletto, l'uomo le sorrise dal suo metro e novanta.
«Amy, allora» le fece l'occhiolino, prendendole la mano e baciandola, «È un piacere. Rivas Evian, la proteggerò io durante questa piccola scampagnata.»
Una scampagnata? Si chiese, cercando di mantenere lo stesso sguardo sereno. Hai idea di quello che potrebbe attenderci?
Mentre ricambiava la stretta, ridacchiò nervosamente pensando che Rivas stesse scherzando, notando però che, mentre stringeva la mano a Tom, il suo sguardo non era mutato come per suggerirle che aveva semplicemente cercato di smorzare la tensione.
Ripensando allo scetticismo di Foster sia durante la telefonata che durante il viaggio in macchina, non doveva nemmeno aver riferito ai tre uomini di quello che avevano scoperto.
«Be', sedetevi qui no? Così possiamo parlare.» La voce di Foster interruppe i suoi pensieri e, voltandosi verso il punto in cui la aveva percepita, vide l'uomo che indicava la parte di divanetto rosso vuoto alla sua destra.
Amy annuì distrattamente e si sedette vicino al bracciolo. Appena si appoggiò, sentì il proprio corpo sprofondare nei cuscini di velluto. Si rilassò contro lo schienale morbido e chiuse per un attimo gli occhi, sentendosi ancora stanca per il sonno faticoso in aereo.Appoggiato contro lo schienale di legno della piccola sedia che aveva recuperato da sotto la scrivania, Rivas Evian avrebbe tanto voluto sorridere.
Quel primo, rapido incontro con gli altri quattro membri della spedizione era stato molto proficuo. Basandosi solo sulle poche parole che si erano scambiati e sulle espressioni dei loro volti, era riuscito a ricavarsi un'idea delle persone con cui doveva lavorare.
Sono stato davvero fortunato. Pensò, compiaciuto.
Nessuno dei quattro pareva rappresentare un pericolo, né i due operai, né il professore americano. La donna, poi, avrebbe potuto neutralizzarla in qualsiasi momento.
Non era abituato a lavorare con altre persone e, quella prima volta, aveva cercato di procurarsi più informazioni possibili dai suoi compagni.
Quando aveva raggiunto la tenda, meno di un'ora prima, gli era parso di notare una certa diffidenza nei modi di Jonas Franco che, quando si era presentato, gli aveva stretto la mano e aveva cercato in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo.
Inizialmente si era insospettito, ma poi aveva studiato meticolosamente l'uomo, capendo che, se si fosse rivelato un ostacolo, non sarebbe stato sicuramente insormontabile.
Anche Costa si era inizialmente mostrato diffidente, ma poi aveva compreso che probabilmente era stata semplicemente la sua statura a metterlo in soggezione.
«E quindi?» domandò improvvisamente Foster, rivolgendosi verso la biologa e il professore, «non pensate di dover comunicare qualcosa?»
Rivas aggrottò la fronte, sporgendosi in avanti per capire meglio quello che stava accadendo.
Stando a quelle parole, sembrava quasi che i due americani conoscessero delle informazioni che a loro non erano state ancora rivelate, e si chiese di che cosa potesse trattarsi.
Ripensando a quello che gli aveva spiegato Foster in albergo, l'unico punto oscuro di tutta quella faccenda, a cui dovevano dare risposta, era come era morto l'operaio alla cava.
Stando a quello che gli era stato rivelato, i due uomini alla sua destra erano con lui al momento dell'attacco, ma non erano riusciti ad identificare l'aggressore.
In quell'ultima settimana, aveva provato ad elaborare una risposta, ma nessuna lo aveva convinto del tutto.
Possibile che loro due lo sappiano? Si domandò. E se lo sanno davvero, come hanno fatto a scoprirlo?
I due americani si erano scambiati un rapido sguardo d'intesa e la donna aveva preso la parola, schiarendosi la voce.
«Quello che stiamo per comunicarvi, vi preghiamo di non prenderlo come una certezza. Quando l'operaio è stato portato nell'infermeria della cava, gli è stato trovato un dente all'interno della ferita. Quello stesso dente è stato analizzato a New York e ne siamo entrati in possesso perché abbiamo collaborato con gli specialisti a cui era stato affidato.»
Si fermò per tossire.
«Quello che abbiamo scoperto, va al di là della semplice immaginazione e, in un primo momento, ci era parso che quel dente non potesse appartenere a nessuna specie conosciuta. C'erano delle tracce di veleno.»
Accanto a lui, aveva percepito il respiro di Franco bloccarsi in gola.
Un dente? Non se lo sarebbe aspettato. E del veleno?
«Per la forma e la grandezza abbiamo escluso qualsiasi serpente» riprese lei, «e, dopo alcune ricerche, abbiamo "trovato"» articolò la parola con le dita, «una specie possibile.»
La pausa che fece la donna non fece che aumentare il battito rapido nel suo petto.
«Quello che sto per dirvi, lo ripeto, non è certo, per niente, ma è comunque una risposta possibile, benché chiunque incontraste per strada lo negherebbe senza avere le prove.»
Rivas non aveva idea di dove stesse andando a parare con quel discorso, ma voleva tanto scoprirlo.
Amy inspirò a fondo. «Crediamo possa trattarsi di un dinosauro.»
Quelle ultime sei parole lo stordirono come un colpo basso.
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Crono
Science FictionStoria vincitrice nella categoria SCIENCE FICTION ai Premi Wattys 2020 [In revisione, non su Wattpad] Nel nordovest dell'Argentina, in una cava di sabbia, un operaio viene brutalmente sbranato vivo da un animale misterioso, morendo nell'infermieria...