Gli spari echeggiarono dal corridoio, solo in parte attutiti dalle pareti in cartongesso e dalle porte tagliafuoco in acciaio del laboratorio. John Hoyle si voltò di scatto, con il cuore in gola, lasciando cadere dalle mani tremanti il fascicolo che stava rilegando. I fogli si sparsero sul pavimento.
Lentamente, in preda al panico, si alzò in piedi e, esitante, si accostò alla porta che dava sull'ingresso, appoggiandovi contro l'orecchio, in attesa. Trascorse qualche secondo prima che il suo orecchio registrasse un suono. Un rumore di passi... sempre più vicini.
Di scatto, la porta si aprì colpendolo al fianco, e una mano coperta di cicatrici si infilò nello spiraglio, serrandosi attorno al colletto del suo camice. John riacquistò l'equilibrio e si lanciò di peso contro la pesante anta metallica, richiudendola. L'aggressore gridò di dolore quando la mano rimase schiacciata dalla porta, prima di liberarla con un gemito.
Hoyle chiuse il battente con un tonfo, puntellandosi con i piedi contro il pavimento mentre cercava con la mano la chiave nelle tasche del camice. Non la trovò. Merda...!
Prima che avesse il tempo di pensare cosa fare, l'assalitore tornò a spingere contro l'anta con forza, facendogli perdere per un momento la presa. Questa volta, John riuscì a intravedere l'uomo, illuminato dalla forte luce al neon del corridoio. Era più che certo che avrebbe mai potuto dimenticare quell'immagine.
L'aggressore era gigantesco, alto più di due metri, muscoloso, il viso butterato e gli occhi grigi con un'inquietante sfumatura arancione. L'uomo, con calma, estrasse una pistola dalla giacca e gliela puntò contro.
Hoyle reagì istintivamente, chinandosi a terra un attimo prima che l'assassino premesse il grilletto. Il proiettile colpì una finestra, mandandola in frantumi.
Il dottore si trascinò dietro la porta, carponi, e puntò i piedi contro l'anta metallica, colpendola con tutte le sue forze. Udì il rimbombo di uno sparo e il sibilo di un proiettile che gli sfiorava il braccio e si conficcava nel pavimento a pochi centimetri da lui. Il battente si richiuse di colpo. Poi, subitaneamente, Hoyle si rialzò in piedi e corse a bloccare la porta prima che l'aggressore tentasse di riaprirla. Afferrò una sedia e la incastrò sotto la maniglia, in obliquo rispetto al pavimento. In quel modo non sarebbe certo riuscito a fermarlo, ma almeno avrebbe guadagnato un po' di tempo.
Terrorizzato, si voltò ed entrò di corsa nel secondo laboratorio, quando una pioggia di pallottole risuonò dall'altro lato della porta. La serratura cedette, frantumandosi; la sedia cadde a terra, crivellata di colpi.
L'uomo spalancò i battenti ed entrò, girandosi nella sua direzione e correndo verso di lui con la pistola in pugno.
John si fiondò contro la porta con la spalla la sbarrò con uno dei tavoli su cui erano sistemati i telescopi ottici. Fuori dalla stanza, Hoyle udì una raffica di colpi contro la porta. Poi, uno sparo a vuoto. L'aggressore imprecò in una lingua dell'Europa dell'Est.
Ha finito le munizioni! Approfittando di quella finestra di tempo, John si girò di scatto e uscì correndo nel corridoio, arrancando senza fiato verso l'atrio dell'edificio. Colpì il manigliome antipanico dell'uscita con i palmi delle mani, preparandosi a correre verso la propria berlina, ma la porta si aprì solo di qualche centimetro prima di colpire un ostacolo metallico. Atterrito, fece un passo indietro e sgranò gli occhi. Sentì le gambe cedergli nel momento in cui la sua mente registrò quale fosse l'impedimento che bloccava l'uscita.
«Figlio di puttana...!» Gridò, calciando l'anta di vetro. All'esterno dell'edificio, vide il proprio riflesso distorto sul lunotto posteriore dell'auto dell'aggressore, parcheggiata a poca distanza dalla porta.
Improvvisamente, alle sue spalle, risuonò un colpo. Col fiato corto e il cuore che gli batteva all'impazzata nel petto, si girò, per nulla pronto all'immagine che si profilò davanti a lui dal fondo del corridoio.
L'assassino era uscito dal laboratorio e ora avanzava verso di lui, inarrestabile, come un'onda di marea pronto a travolgerlo. Hoyle indietreggiò, ma la superficie di vetro dell'uscita bloccò ogni suo tentativo di sottrarsi a ciò che stava per accadere.
L'aggressore si fermò in mezzo al corridoio e alzò l'arma, puntandola verso di lui.
Sentendosi cogliere da un sentimento di sconforto e rassegnazione, Hoyle chiuse gli occhi e aspettò il suono che avrebbe preceduto la fine alla sua esistenza.
Il colpo esplose nell'oscurità, seguito da un dolore bruciante allo stomaco. John lanciò un grido e cadde a terra, premendosi le mani sulla ferita sanguinante. Il fiotto denso e caldo di sangue gli imbrattò i vestiti, riversandosi sulle piastrelle dell'entrata. A terra, il contatto con la superficie fredda e liscia ebbe su di lui un effetto immediato. Riaprì di scatto gli occhi, piegando la testa all'indietro per riprendere fiato.
Improvvisamente, arcuò la schiena e tossì, rigettando a terra un grumo di sangue in preda agli spasmi. Il dolore allo stomaco era straziante.
Abbassando lentamente lo sguardo verso il proprio addome, dove vide il sangue caldo colare tra le dita delle mani, premute sullo stomaco, e pregò che quello strazio finisse al più presto.
Come se avesse udito le sue suppliche, l'assassino si chinò accanto a lui, appoggiando la pistola a terra. Con gli occhi semichiusi, John osservò il riflesso della luce al neon sul metallo della canna, a pochi centimetri da lui.
Un attimo dopo, si sentì afferrare la testa tra le mani dall'aggressore.
Poi, tutto divenne nero.Anton Bogdanov si rialzò da terra e osservò senza alcun rimorso la sua vittima dissanguarsi sul pavimento, immobile. Il collo del dottor Hoyle era piegato in un'angolazione assolutamente innaturale, mentre una macchia scura di sangue si allargava sul camice all'altezza dello stomaco, dove il proiettile l'aveva colpito.
Mentre raccoglieva la pistola, fu colto da un improvviso impeto di rabbia. Per eliminarlo aveva sprecato un'intera riserva di munizioni, quando ne era bastata solo una per metterlo fuori gioco. Non importa, ora. Si disse, facendo il punto della situazione. L'incarico non è ancora terminato, manca ancora un bersaglio.
Con una smorfia di disappunto, si voltò e si incamminò verso le due porte sulla parete opposta rispetto all'entrata, in fondo al corridoio. Nonostante il dottor Hoyle fosse riuscito a sfuggirgli, in un primo momento, era più che sicuro che la sua assistente sarebbe stata un obiettivo molto più semplice da eliminare.
Si è messa in trappola da sola. Pensò, mentre colpiva con un calcio la porta della toilette. Una volta dentro, si guardò rapidamente intorno. Il bagno del laboratorio era composto da un locale stretto e lungo con due lavandini in ceramica, sul quale si affacciavano le porte delle toilette, sulla sinistra rispetto all'entrata. In fondo, sulla parete opposta, una finestra larga cinquanta centimetri.
La stanza era vuota. Bogdanov sorrise, mentre raggiungeva il centro del locale e studiava le porte davanti a lui. In quale sei? Nella toilette numero uno? Nella numero due? O nella numero tre?
Non rimaneva che provarle tutte, poi il gioco sarebbe finito, e il suo debito saldato.
Bogdanov colpì la prima porta a sinistra con la spalla muscolosa e, trovandola vuota, spalancò anche la seconda. Soffocando un'esclamazione divertita, fece un passo indietro e si fermò davanti alla terza porta. Poi, prendendo un respiro profondo, sfondò l'anta e alzò la pistola, pronto a fare fuoco. La scena che gli si parò davanti lo lasciò senza parole. Il cubicolo era deserto.
Interdetto, indietreggiò fino alla parete opposta, infilandosi nello spazio tra i due lavandini, e osservò i tre cubicoli spalancati, vuoti. Che fine ha fatto? Era più che certo di non averla vista o sentita uscire dal bagno ma, anche se fosse successo, doveva trovarsi ancora all'interno struttura.
Furibondo, si girò e fece per uscire dal bagno, quando il rombo di un'auto lo fece bloccare sui suoi passi. Voltandosi verso la sorgente del rumore, lanciò un urlo di rabbia e corse verso il parcheggio antistante il laboratorio. Non sapeva come, ma l'assistente di Hoyle era appena sfrecciata via con una piccola Mercedes grigio chiaro oltre la stretta finestra del bagno, diretta verso Park Avenue.
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Crono
Science FictionStoria vincitrice nella categoria SCIENCE FICTION ai Premi Wattys 2020 [In revisione, non su Wattpad] Nel nordovest dell'Argentina, in una cava di sabbia, un operaio viene brutalmente sbranato vivo da un animale misterioso, morendo nell'infermieria...