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Mentre la Citroën bianca procedeva spedita lungo Central Park West, Amy scostò la manica del maglione e si guardò l'orologio da polso. Erano le undici e dieci.
Per la prima volta in quella mattina riuscì a fermare il fiume di pensieri che le scorreva impetuoso nella mente e cercò di riordinarli, per avere una panoramica migliore della situazione.
Poco di tre ore prima Hoyle la aveva chiamata per una consulenza su un dente che era stato inviato al laboratorio dove lavorava. Quando aveva visto il frammento, si era subito resa conto di quanto fosse particolare, e le successive analisi della saliva non fecero che aumentare i punti interrogativi sulla questione.
Successivamente aveva deciso di parlarne con Tom, all'università, anche se non erano arrivati a nulla, e lei aveva quindi deciso di raggiungere il Museo di storia naturale sperando di trovare una risposta. E così era stato.
Noasaurus leali. Rifletté, ancora incredula. Predatore cretacico del nordovest dell'Argentina, lungo due metri e alto uno, pochi frammenti ritrovati.
Ricordava ancora la lettura di Hoyle della descrizione dell'animale, e difficilmente se lo sarebbe dimenticato. Non aveva mai sentito nominare il noasauro, ma l'immagine del libro e la descrizione che lo paragonava ad un "dromeosauride dei continenti settentrionali" non lasciava spazio alla fantasia.
Il dinosauro doveva avere la stessa fisionomia di altri predatori più noti, quali velociraptor e troodon. Entrambi erano più piccoli della descrizione del noasauro, eppure non dovevano essere così diversi.
Mentre cercava di costruire un filo conduttore, premette maggiormente l'acceleratore, mentre la figura del museo si rimpiccioliva fino a scomparire oltre la parete verticale di un grattacielo nello specchietto della macchina. Guardando avanti, lo skyline di New York si stagliava contro il cielo rannuvolato grigio chiaro.
La neve si raccoglieva in mucchi rotondeggianti che fiancheggiavano la strada, sulla quale, invece, i fiocchi caduti si scioglievano al solo contatto.
L'atmosfera della città innevata è imparagonabile. Pensò.
«Quindi stiamo andando al laboratorio?» le chiese improvvisamente Tom, riportandola alla realtà.
«Sì» gli rispose prontamente, «avevo promesso a Hoyle che gli avrei riferito quello che avrei scoperto, ma non credo sia una cosa che si possa dire per telefono, no?»
«Assolutamente» commentò lui.
«Credi che John ci crederà mai?» gli domandò poi, mentre prendeva il cellulare dalla borsetta e la riposava sui sedili dietro.
«Be', a dire il vero non gli stiamo portando una conferma, giusto? Per ora è solo una teoria, anche se non del tutto infondata. Ci sono abbastanza prove che conducono su quella strada, comunque.»
«E a te? Come ti sembra l'idea che sia il noasauro l'animale che stiamo cercando?»
Tom esitò, schiarendosi la voce. «Se devo essere sincero, Amy, ora come ora mi sembra impossibile. In fondo, quali prove abbiamo? Solo un dente e un'area geografica che parrebbero combaciare, questo sì, ma nient'altro.»
«La penso anch'io così, a dire il vero» disse lei, mentre cercava il numero di Hoyle sulla rubrica, «però le coincidenze mi sembrano troppe per essere ignorate, e oltre al noasauro, che altri animali ci sarebbero? Prima non ne avevamo trovato nemmeno uno!»
Harris fece per replicare, ma si fermò.
«Tom» riprese, Amy, «mi sembra quasi che ci stiamo dimenticando che stiamo parlando di un dinosauro. Quasi come se ne stessimo parlando come di un animale vivente. Solo con questo ragionamento ha senso credere che non possa essere quello, è improbabile!»
«Ma scusa» la interruppe lui, «poco fa non avevamo anche parlato del celacanto? La situazione è la stessa.»
Amy esitò, scuotendo poi il capo. «Il celacanto è un'eccezione.»
«Anche le due specie di tuatara e gli squali, per quello. E perché non lo può essere anche il noasauro?»
Amy si rese conto che non aveva tutti i torti, in fondo. Quel ragionamento aveva senso, per quanto fosse solo un'ipotesi piuttosto azzardata.
L'unico modo per verificarlo è vederlo coi propri occhi. Si disse, mentre curvava verso sinistra e si immetteva sulla Transverse Road, che collegava la parte est con quella ovest della città passando all'interno del parco.
Veniva spesso a Central Park durante l'inverno, ma non aveva mai percorso quella strada. Dalla prospettiva di guidatore, vide un lungo serpente di asfalto scuro completamente sgombro che tagliava in linea retta il parco, in netto contrasto con i prati completamente bianchi.
Amy abbassò lo sguardo e premette il numero telefonico di Hoyle, cliccando poi il vivavoce. Il rumore di fondo rimbombò nell'auto, fino a che la voce di Hoyle non interruppe il silenzio.
«Pronto dottoressa?» domandò.
«Ciao John, sono qui con il professor Harris, un mio amico e collega» rispose lei, schiarendosi la voce, «avevo chiesto aiuto a lui. Forse abbiamo scoperto l'animale che stavamo cercando!»
Seguì un breve momento di silenzio, poi Hoyle riprese: «Ne siete sicuri? E che animale è?» il tono di nervosismo che aveva all'inizio si tramutò in eccitazione.
«In verità preferirei parlartene di persona» lo bloccò subito lei, «forse abbiamo fatto fatto una scoperta piuttosto sorprendente, ma anche inquietante.»
«Anche noi abbiamo trovato qualcosa» le disse, teso, «una notizia di poco fa. C'è stato un incidente serio nella zona.»
Amy si sentì venir meno, appoggiandosi contro lo schienale del sedile.
Non può essere! Si disse, mentre sentiva il battito aumentare.
«Spiegati meglio, per favore» gli chiese, inspirando per calmarsi.
Lui tossì, riprendendo. «Pare che tre giorni fa un uomo sia deceduto per qualche ragione ancora sconosciuto in una cava nel nord dell'Argentina, appunto. Nel sito dove Sarah ha trovato le informazioni, veniva citato il signor Foster.»
Amy per poco quasi svenne, stringendo di colpo le dita sul volante, mentre il respiro le si bloccava in gola.
«È morta una persona? In una cava di Foster!» gli domandò, alzando la voce.
Hoyle parve accorgersi del suo tono agitato e provò a calmarla.
«Non abbiamo prove che sia collegato al nostro dente, ad essere sincero. Anche se i fatti sono correlati in modo piuttosto sinistro.»
«Tra poco daremo un'occhiata insieme, va bene?» gli domandò, sbuffando preoccupata. La situazione aveva preso una piega imprevista.
«D'accordo. State raggiungendo il laboratorio?» chiese poi lui.
«Era quella l'idea» gli rispose lei, «tra poco svolto sulla quinta strada, sarò lì fra cinque, forse dieci minuti.»
«In verità sono con Sarah in una piccola caffetteria di fronte alla sinagoga sulla Lexington» la bloccò lui, «riuscite a raggiungerci?»
Amy calcolò velocemente il percorso che avrebbe dovuto prendere. «Allora ci troviamo lì, d'accordo?»
«Perfetto, vi aspettiamo.»
Lo salutò rapidamente e chiuse la telefonata, appoggiando il cellulare sul portamonete, mentre rallentava all'uscita della Transverse Road, imboccando l'immensa Fifth Avenue.
«Si è preso una pausa a metà mattina» notò Tom, sorridendo.
«Già. E ora noi andiamo a rovinargli la giornata.»

L'auto svoltò nell'incrocio fra la cinquantacinquesima strada e Lexington Avenue.
Di fronte all'immensa sinagoga centrale progettata da Henry Fernbach, Amy scorse un piccolo locale Starbucks incastonato al piano terra di un grosso edificio.
Mentre passava rallentando di fronte alla vetrina, si allungò per guardare all'interno del locale, riconoscendo la figura di Hoyle in piedi vicino ad un tavolo.
«Visto. Adesso cerchiamo parcheggio» annunciò, seguendo la linea di posti auto a lato della strada. Ne trovò uno libero poco dopo la sinagoga, riuscendo a posteggiarsi.
«Ti senti bene, Amy? È da un po' che ti vedo assente» le disse Harris, vedendola ancora con la cintura allacciata, mentre respirava ad occhi chiusi.
«Sì» gli rispose, «ma hai sentito quello che ha detto John? È morto un uomo! Le nostre paure si sono concretizzate. Mi sento solo un po' frustrata, forse.»
Lui le fece un sorriso comprensivo. «Lui ha anche detto che probabilmente i fatti non sono collegati, giusto? Cerchiamo di scoprire più informazioni possibili da questa storia, prima. Che dici?»
Amy si rese conto che Tom aveva ragione e annuì, mentre si slacciava la cintura, si sistemava il cellulare in tasca e prendeva la borsetta.
«Hai perfettamente ragione.» gli rispose, uscendo dalla vettura.

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