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Amy Su si sentiva finalmente più tranquilla ora che Tom Harris era di nuovo con lei, nella foresta. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo, potersi rifugiare tra le sue braccia e dimenticarsi di tutto ciò che le era accaduto, ma sapeva che al momento non poteva permettersi alcuna distrazione.
Aveva un cerchio alla testa a causa dell'afa soffocante, ma si sforzò di ignorare il dolore e di rimanere lucida. Doveva rimanere concentrata sul percorso che stava seguendo, e sui pericoli in cui si sarebbero potuti imbattere.
Mentre camminava, fece il punto della situazione.
Il piano di Rivas di contattare Foster con il telefono satellitare rimasto nel camper in un primo momento le era parso semplice, conciso, ma adesso lei era tutt'altro che fiduciosa. In primo luogo, non era certa che il vano portaoggetti del cruscotto fosse stato abbastanza robusto da permettere all'apparecchio di resistere all'impatto, e soprattutto temeva che ormai l'odore del cadavere di Costa coperto di sangue potesse aver attirato dei predatori nel veicolo.
Quella prospettiva, unita al fatto che sia lei che Tom emanavano un nauseante odore di carne in decomposizione mescolato all'aroma muschiato del loro sudore, la terrorizzava.
Cercando di distrarsi, alzò lo sguardo e cercò tra le chiome degli alberi il bordo della parete di roccia, settanta metri più in alto rispetto al terreno.
Scorse il profilo frastagliato per un secondo, ma bastò a darle un'idea piuttosto precisa su dove si trovava. Se ricordava bene, aveva visto quel tratto di scogliera dopo un paio di centinaia di metri dalla cascata, all'incirca a una cinquantina di metri dal punto in cui il camper era precipitato.
Sarebbero giunti al mezzo in un paio di minuti. Affrettò il passo e raggiunse Rivas, in testa al gruppo, per aggiornarlo sulla loro posizione ed esporgli le sue preoccupazioni. Appena gliele riferì, lo sguardo del cacciatore si fece improvvisamente serio.
«Capisco la sua apprensione,» le disse, continuando a camminare, «ma questa è l'unica opzione che ci rimane, e spero capisca che non potrò coprirla se vorrà rimanere all'esterno del veicolo.»
Amy annuì, soppesando quella possibilità. «Tom potrebbe rimanere con me. In due disporremo del doppio delle pistole, e soprattutto avremo una visuale più ampia della foresta.»
Rivas rifletté brevemente su quel piano e assentì con un cenno del capo. «D'accordo, ma state attenti. Non sappiamo quali specie si possano nascondere tra la vegetazione. Oltre a quello che ha attaccato anche lei abbiamo visto solo carcasse di grandi erbivori.» Le disse, aggrottando la fronte, mentre lanciava occhiate tutt'intorno. «A proposito, qual era il nome del lucertolone che ha attaccato l'operaio?»
«Noasaurus leali»
Il cacciatore aggrottò la fronte. «Quanto si conosce di questo animale?»
«Poco» gli rispose, grata finalmente di potersi distrarre, «in realtà ne sono stati trovati solo pochi resti, ma si presuppone possa trattarsi di un predatore di due metri, forse di più, munito di uno spaventoso artiglio ricurvo nelle zampe inferiori e, a quanto pare, provvisto di ghiandole che secernano tossine neurotossiche.»
«Un degno avversario» commentò Rivas, con un sorrisetto, «ma immagino che non sappia impugnare una semiautomatica, perciò non dovrei preoccuparmene, almeno per ora»
Amy sorrise, cominciando a sentir sciogliersi la tensione che la attanagliava.
«E come avete fatto a giungere a questa conclusione?» le domandò, sempre più incuriosito. «Voglio dire, lei e il suo collega avete parlato di un dente qualche ora fa, nella tenda, ma immagino che non abbiate potuto condurre test sul DNA per individuare la specie, non potendo confrontare i dati con altri risultati.»
«Abbiamo fatto delle ricerche» gli spiegò, tornando con la mente a New York, quando lei e Tom avevano raggiunto la biblioteca del Museo di storia naturale e avevano trovato l'immagine del teschio del noasauro su un'enciclopedia delle specie estinte del Sudamerica. «E poi ci siamo confrontati con gli specialisti che avevano analizzato il dente. Anche a loro quel frammento aveva destato qualche dubbio, inizialmente, ma una volta spiegato loro che potesse trattarsi una specie sopravvissuta all'estinzione si sono trovati d'accordo con noi.»

Centro! Rivas si sforzò di controllare l'eccitazione crescente al pensiero che di lì a poco avrebbe potuto finalmente portare a termine la sua missione. Era da quando lo aveva contattato il mandante che attendeva quel momento, e ora riusciva già a pregustarselo.
Non fare mosse false. Si disse, mantenendo un'espressione concentrata. Sapeva che se la sua curiosità fosse sembrata eccessiva in quel momento avrebbe potuto compromettere tutto.
«Vuole dire che altri scienziati hanno condotto dei test a quel frammento? Foster non ha inviato il dente alla sua università?»
Lei scosse il capo, evidentemente ancora troppo scossa per via di quello che le era successo per rendersi davvero conto di quanto preziose fossero quelle informazioni.
«No, lo ha inviato al laboratorio dell'Istituto di malattie tropicali, nell'Upper East Side di Manhattan. Si tratta di una delle strutture principali per questo tipo di analisi. Il dottore che si è occupato dei test mi ha contattata per individuare la specie prima condurre alcun tipo di esame.»
Le parole di Amy per poco non gli fecero venire un mancamento. Rivas quasi non riusciva a credere che fosse stato tanto facile ottenere quanto voleva, ma sapeva che mancavano ancora altri tasselli per completare il puzzle, e che quindi doveva essere ancora cauto. Adesso aveva solo bisogno di apprendere i nomi degli specialisti che avevano messo mano al campione, e avrebbe potuto chiamare il suo contatto a New York.
Avrebbe dovuto stare attento alle parole che avrebbe usato ora più che mai.
«E il professore? Lo ha chiamato lei o gli scienziati?»
«No, io. Appena mi sono resa conto che quel dente non poteva appartenere ad una specie vivente ho immediatamente pensato a lui.»
Rivas annuì, fingendosi interessato.
«Hanno lavorato in tanti su quel frammento, oppure Foster aveva richiesto che fossero in pochi?»
Quella domanda accigliò la dottoressa, e per un attimo lui temette di aver fatto una domanda eccessivamente avventata, ma un'attimo dopo l'espressione sul viso della donna si rilassò.
«No, che io sappia se ne sono occupati il dottor Hoyle, responsabile del laboratorio, e la sua assistente. O almeno, sono stati loro due a contattarmi. Quando ho raggiunto il laboratorio avevano appena analizzato un campione di saliva, e avevano riscontrato tracce di tossine. Poi, quando io e Tom avevamo ipotizzato potesse trattarsi di un dinosauro, immagino non abbiano proceduto con i test. In fondo, non avrebbero trovato molte risposte, se non conferme sul fatto che il dente non corrisponde con quello di nessun'altra specie attuale.»
Il dottor Hoyle e la sua assistente. Rivas aveva finito di ascoltarla appena aveva fatto i due nomi. Si segnò mentalmente quell'informazione e si sforzò di reprimere un sorriso. Erano le parole più dolci della giornata, senza dubbio.
Il problema, tuttavia, ora era costituito dal fatto che la dottoressa non era parsa affatto sicura che fossero solo due gli specialisti a conoscenza del dente, e non gli aveva nemmeno rivelato se c'erano anche altri civili, probabilmente suoi colleghi, al corrente della situazione.
Sebbene in un primo momento avesse sperato di potersi far rivelare dei nomi e dei recapiti, ora capiva che le circostanze erano alquanto più complesse di quanto immaginato.
Era vero che avrebbe potuto semplicemente puntare una pistola alla donna - ci avrebbe impiegato mezzo secondo - ma era conscio fosse la scelta peggiore: il professore e l'operaio avrebbero potuto reagire prima di rendersi conto della pericolosità della situazione, rischiando di ferirlo e di mandare a rotoli tutto quanto.
Inoltre, con molta probabilità, anche l'americano poteva rivelarsi una fondamentale fonte di informazioni, perciò decise che per il momento avrebbe atteso.
In ogni caso, aveva già due nomi e un indirizzo.
Quando si riscosse dai suoi pensieri abbassò lo sguardo sul terreno si fermò di botto, incapace di dare un senso a quello che aveva davanti, a una ventina di metri.
L'enorme creatura metallica che si profilava davanti a lui era distesa su un fianco, su una superficie di rocce e ghiaia, completamente distrutta, schiacciata come una latta di alluminio. Ma che diavolo...?
Appena si coprì gli occhi per ripararsi dai raggi di luce solare che venivano riflessi dalla carrozzeria rivestita in titanio, si rese perfettamente conto di che cosa si trattasse, e sentì le gambe cedergli per lo sconforto. Stava guardando il camper.

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