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Dario 21:03, Venerdì.

Sono passato a prendere del take away dal cinese all'angolo e proprio mentre sto salendo l'ultimo gradino prima di entrare da Matteo, quello stronzo del suo vicino decide di uscire. Vorrei lanciargli addosso tutti gli spaghetti alla piastra, ma poi mi ricordo del patto che ho stretto con me stesso.

Devo fare buon viso a cattivo gioco.

Quindi alzo la testa, butto il petto in fuori e come un pavone che fa la ruota, lo saluto. "Ciao!". Lui sa chi sono io e io so chi è lui. Inutile negarlo.

"Ciao!" mi saluta educato lui. E fanculo, lo odio ancora di più per la sua compostezza.

Dopodiché entro in casa, chiudo la porta alle mie spalle assicurandomi di averla chiusa bene, raggiungo la cucina, saluto Ale, appoggio la borsa con la cena sul tavolo e poi mi fiondo in camera di Matteo.

Non appena lo vedo sulle punte dei piedi mentre cerca di prendere un libro sul ripiano più alto, lo abbraccio da dietro, come a volermi sincerare che lui questa sera è qui con me. Lo sento lasciarsi andare attraverso la mia stretta, tornare con i piedi per terra, stringere le mie braccia tra le sue mani e poi appoggiare la testa all'indietro sulla mia spalla.

Solo allora affondo il viso nel suo collo, respirando quell'odore che conosco da una vita.

"Questo non significa niente" mi dice senza accennare nessun movimento per spostarsi dalla mia stretta.

"Questo" e lo stringo un po' più forte "è tutto ciò che voglio".

Rimaniamo in silenzio ancora qualche istante e prima di lasciarlo andare gli poso un lieve bacio sul collo, dopodiché lascio la presa, faccio un passo indietro, gli afferro una mano e lo trascino in cucina. "Ho portato la cena!".



Quel Battito Tra Di NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora