Capitolo 13.2: Tornare sui propri passi

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Non riesco a dormire

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Non riesco a dormire. Non riesco a non pensare a loro due insieme. Non riesco a non pensare alle loro mani che si sfiorano, alle loro promesse, a quello che è successo tra loro durante la mia assenza. Forse il suo cuore ora ha iniziato a battere per lui e si è dimenticata di me. Ah Allah Can semttila! Non è successo niente tra loro!

Resto sul ponte tutta la notte senza chiudere occhio. Ci ho provato. Ho provato a chiudere gli occhi, ma l'immagine di loro due insieme invadeva i miei pensieri. Non posso e non voglio vivere in un mondo in cui l'amore della mia vita e l'uomo che ha fatto di tutto per separarci, siano felici insieme. Non posso vivere una vita sapendo che lei è felice senza di me. Quando mi ridesto da quei pensieri che mettono a dura prova il mio cuore e la mia anima, il sole è alto, così mi tiro su e scendo sotto coperta. Mi lavo il viso come a voler provare a cancellare dai miei occhi l'immagine di loro due insieme che mi ha tormentato tutta la notte. Mi cambio e dopo essermi guardato allo specchio, scendo dalla barca per andare a trovare mio padre. Prima di andare controllo che le cime siano legate bene, poi attraverso il molo a passo svelto.

Arrivo alla tenuta e mi ritrovo nell'orto. Mi guardo intorno e mi stupisco della bellezza di quel posto, poi noto una figura familiare che sta lavorando la terra. È Muzo.
Mi avvicino e mi tolgo gli occhiali. Muzo mi vede e si alza per salutarmi, ma all'improvviso inizia a ridere di gusto «È appena avvenuta una cosa strana! Non riguarda lei, non fraintenda!» dice. Continua a ridere e lo osservo sempre più confuso. Parla dell'energia della terra e di altre cose incomprensibili. Non gli do peso, è sempre stata una persona sopra le righe. Ride ancora mentre mi saluta dicendo che deve andare al mercato. Lo guardo andare via mentre continua a ridere. Mi giro e capisco immediatamente da dove provenga l'ilarità di Muzo.
C'è uno spaventapasseri con le mie fattezze. Lo osservo per un attimo e poi mi incammino di nuovo verso mio padre. Beh, almeno non me ne sono mai andato del tutto.

Muzo mi precede entrando nell'ampio parcheggio, e avverto le sue risate continue. Svolto a passo lento l'angolo, e vedo Sanem. Lei è lì, bella come non mai nei suoi abiti da lavoro. Indossa un grande cappello di paglia, che le dona particolarmente.
La osservo mentre prende la cassetta di legno tra le mani di un Muzo che continua a ridere. Vedo il suo bellissimo volto confuso osservare l'amico andare via da lei e dalla sua amica. «Giuro, non riesco a smettere!» mi dice Muzo, non appena mi si avvicina venendomi in contro. Scappa un sorriso anche a me, che cerco di reprimere. Va via, e a me non resta che avvicinarmi a lei e alla sua amica dai lunghi capelli rossi.

Cammino a passo lento, e osservo il suo corpo irrigidirsi sotto il mio sguardo. Alza titubante la sua testa e i suoi occhi si fermano su di me. Il suo volto esprime confusione. Lancia un occhiata alla sua amica per poi tornare a rivolgere il suo sguardo su di me, mostrandomi sicurezza. «Vuoi che ti dia una mano?» chiedo, sperando di riuscire a rompere quel dannato ghiaccio che ci separa. Lei rimane a fissarmi, e giuro, potrei annegare i in quei suoi occhi, che ho bramato molto.
Bramato. Aveva ragione lei. Usare questa parola per quei sarma è come sprecarla. Sono i suoi occhi che ho bramato per cosi tanto tempo.
«No. Ecco.. No, grazie» mi dice, riservandomi forse, per la prima volta da quando sono arrivato qui, un po' di gentilezza. La sua amica dai capelli rossi interviene ma la mia attenzione e per Sanem. Vedo solo lei, sempre. Resto con i miei occhi inchiodati sul suo volto. Il suo bellissimo volto che mi è mancato come l'aria. La osservo abbassare il suo sguardo per un breve attimo, e in quell'attimo sento le parole della sua amica. Mi sta dicendo che hanno i loro schemi, e che non hanno bisogno di me. Le parole che usa mi provocano un po' di fastidio, che non nascondo. Cosi sposto il mio sguardo dal viso dell'amore della mia vita a quello di questa ragazza cosi chiacchierona. Quello che dice lo percepisco come un tentativo di mandarmi via, e forse dovrei davvero. Dovrei prendere con la forza mio padre e allontanarmi il più in fretta possibile. Posso farlo? Sono pronto a dirle addio ancora una volta, e forse per sempre?

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora