Capitolo 8.2: Dubbi e incertezze

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Sono giorni che navigo senza sosta

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Sono giorni che navigo senza sosta. Mi fermo giusto il tempo necessario per riposare la notte, quando diventa difficile navigare. Potrei smarrire la rotta e andare in collisione facilmente con qualche ostacolo. Ho lasciato il villaggio di Kamsar, in Guinea pieno di dubbi e incertezze. Penso che sto per ritornare in Turchia, per risolvere il problema alla barca certo, ma sto per tornare a casa. Anche se per poco, sento il cuore esplodermi nel petto. So che non la rivedrò, ma già solo respirare la sua stessa aria e sapere che potremmo essere sotto lo stesso cielo ancora una volta, mi fa stare bene, anche se poco. So che una volta risolto il problema, riprenderò il largo, e me ne andrò per non tornare mai più, e questa volta per sempre. Penso a come sarebbe ritornare e trovarla lì, vederla magari corrermi in contro, proprio come quella volta in cui, dopo l'ennesima bugia tra noi, le dissi che sarei andato via. Ma quella volta fu diverso.

"Le dissi addio, sapendo che anche lei sarebbe partita insieme a Ygit. Ero davvero a pezzi, e non ebbi il coraggio di dirle che invece sarei rimasto. Scappai come sempre per rifugiarmi al mio capanno, dove mi rifugiavo ogni volta che sentivo il bisogno di restare solo. Quella sera ne avevo bisogno. Ricordo la rabbia invadermi. Iniziai a spaccare la legna per accendere un fuoco. Mi ritrovai a spaccare più legna del dovuto. Sfogai la mia rabbia, la mia tristezza, la mia illusione e tutto ciò che sentivo su quei pezzi di legno. Ero assorto completamente dai miei pensieri e dai ricordi di momenti passati insieme. Nella mia testa risuonava solo una frase, che lei mi aveva detto in uno di quei momenti «Il vero amore non si ferma. Il vero amore scioglierà qualsiasi ghiaccio. Ma solo se questo è vero amore» Continuai a spaccare legna ancora, ancora e ancora. Ripensai al modo orrendo in cui le avevo detto, che non esisteva più un noi, che lei era esattamente come tutte le altre. Ero chino su quei ciocchi quando accadde. Era dietro di me, ma io non me ne accorsi. Si schiarì la gola e lentamente mi raddrizzai. Mi voltai e la vidi lì. La sua valigia era poggiata al suolo. Buttai via l'ascia. Ero confuso. «Cosa ci fai qui? Non hai preso l'aereo per Izmir?» le chiesi. Vidi i suoi occhi incatenarmi a lei. «Non sono andata» mi disse. Cercai di fare il vago, ma non lo ero per niente. Le chiesi il perché e non rispose. Restai a guardarla, cercando di capire e speranzoso di poterla riavere nella mia vita. Mi osservò e sorrise. Lanciò la borsa a terra. «Prendimi» fu tutto ciò che disse. Mi corse incontro sorridendo e saltò fra le mie braccia. La presi a volo, e lei mi circondo la vita con le sue gambe, mentre io la tenevo stretta a me. Mi baciò, e io fui di nuovo in pace con il mondo."

Non sarà cosi. Lei non mi correrà incontro, gettando le sue braccia intorno al mio collo è io non la stringerò a me. Non sto tornando per restare, e a differenza dell'altra volta lei mi ha mandato via dalla sua vita. Un rumore assordante. Sento il timone irrigidirsi sotto le mie mai. Torno al presente, e mi costringo a rimanerci. Mi rendo conto che non posso continuare a navigare così, senza mai fermarmi. È rischioso, e spengo i motori. Prendo le mie fidate carte nautiche e traccio la rotta per il porto più vicino. Tripoli, Il porto di Oea.

Non so quanto tempo impiegherò per arrivare, ma ormai non tengo più il conto dei giorni. Mi farebbe male sapere da quanto tempo non vedo i suoi occhi, da quanto tempo non sento la sua voce, da quanto tempo non bacio le sue labbra morbide, da quanto tempo non vedo il suo sorriso. Quel sorriso così speciale che riservava solo a me, facendomi sentire immensamente fortunato. Vedo una costa, e capisco di essere arrivato a destinazione. Mi avvicino al porto, trovo un molo libero e calo l'ancora. Ho deciso di fare scorte di cibo perché non so quando vedrò terra. Prendo poche cose necessarie e scendo sulla terra ferma.

Cammino per il porto a passo svelto senza guardarmi troppo intorno e mi dirigo verso il centro della città, alla ricerca di qualche negozio dove poter far scorta di provviste. In giro c'è tanta gente. Le persone parlano, ridono, i bambini giocano felici, ma io mi sento vuoto. Cammino per quelle strade come se non sentissi niente, come se tutto intorno a me fosse grigio e silenzioso. Non provo più niente o forse sono talmente accecato dal dolore da non sentire più i rumori intorno e dentro di me. Le mie gambe si muovono per inerzia e io tengo la testa bassa finché, ad un certo punto, mi imbatto in qualcosa. Non capisco subito cosa sia, ma alzando gli occhi mi trovo davanti un carretto pieno di fiori colorati e una donna anziana, stanca ma dagli occhi buoni, che attendeva con ansia che qualcuno comprasse i suoi magnifici fiori.

Mi avvicino a lei, chiedendole scusa per la mia sbadataggine. La vedo farmi un sorriso e con fare familiare, mi si avvicina mostrandomi i suoi fiori di cui, si vedeva dalla sua espressione, andava molto fiera. Non parla molto bene la mia lingua, ma si fa capire. Mi racconta di quanto siano importanti i fiori per lei e di come l'abbiamo aiutata dopo aver perso l'amore della sua vita e di come quei fiori le servissero per sopravvivere, in un paese che a volte può essere difficile. Io la ascolto affascinato e, dopo avermi guardato per qualche secondo negli occhi, mi chiede di regalare dei fiori alla mia amata. Già, la mia amata.

Quella che ho lasciato quasi un anno, che vorrei tanto rivedere ma che non so se rivedrò mai. I miei occhi scendono verso il suo collo, e noto una collana a me familiare. Rimango per un attimo senza fiato. La mia gola si stringe, e la mia mano automaticamente si alza e un dito le indica il ciondolo. La signora mi guarda per un attimo e poi si tocca la collana. Sorride e mi dice di chiamarsi Anbar, che nella sua lingua significa Profumo D'Ambra. Mi dice che quello è un dono fattole da sua madre quando era giovane. Anbar mi prende la mano e la stringe. Poi, sempre sorridendomi, prende un mazzo di margherite e me lo porge. Mi spiega che quelli sono i fiori della verità e della purezza d'animo, ma anche dell'amore fedele e della pazienza. L'amore fedele. Allah, perché continui a prenderti gioco di me? Prendo quei fiori e li guardo. A Sanem piacerebbero penso, e quando la sua immagine riempie i miei occhi, sento una scossa in tutto il corpo. Riapro gli occhi e mi guardo intorno per accertarmi dolorosamente che la mia visione non sia reale. Ridò i fiori alla signora, e lei a gesti mi dice di non darglieli, che devo tenerli, che sono un regalo e che lei è sicura che nel mio cuore ci sia qualcuno di speciale.

C'è. Il mio cuore è pieno d'amore fedele per lei, è sempre stato così e sarà così per sempre, finché io sarò in vita. Le faccio cenno di no con la testa, e sfilo una sola margherita dal mazzo. Lei capisce che da quel mazzo ne prenderò una sola. Le sorrido, e dopo averle dato una somma abbastanza cospicua per un solo fiore, l'abbraccio e vado via. La sento chiamarmi, ma non mi volto, perché so che se mi fermassi, quella donna mi restituirebbe il danaro, e lei ne ha più bisogno.

Cammino a lungo guardando i petali di quel fiore. Poi, ripongo la margherita nel taschino della mia camicia. Mi affretto per gli ultimi acquisti, e mi dirigo verso il molo. Osservo la mia barca da lontano e i miei tormenti tornano a galla. Ritorni o non ritorni Can?

Prendo la margherita dal taschino e guardando l'orizzonte, sfioro quei petali che mi parlano di un amore fedele che ho perso. Strappo il primo petalo. Torno a casa. Strappo il secondo. Non tornerò. Strappo un altro petalo. Torno da lei. Strappo ancora. Non devo rivederla, lei non mi vuole.

Vado avanti in questo modo fino a quando non rimane un ultimo petalo. Lo sfioro con le dita, e so che quel petalo mi dice di partire e tornare da lei. Guardo l'orizzonte e mi dico di essere uno stupido, a lasciare decidere alla sorte il mio destino, perché so di non avere alternativa. Devo tornare si, ma mi prometto di ripartire appena possibile. Perché per quanto possa desiderare di restare sotto il suo stesso cielo, non mi è possibile. Salgo sulla barca, e mi appresto a riprendere il viaggio. Guardo le coste allontanarsi, e poi mi volto puntando verso l'orizzonte.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora