Capitolo 1. Cambiamenti.

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Mi lascio cadere su una panchina e piango disperata.

Sono letteralmente scappata via dal cimitero, dal funerale dell'unica persona che mi restava al mondo, ossia mia nonna.

Ho perso i miei genitori quando avevo 7 anni, in un tragico incidente stradale. Da all'ora ho abitato con mia nonna, che ieri mattina se n'è andata per sempre.

Ho solo 17 anni e mi sento sola. Dovrò andare a vivere da una prozia che ho intravisto oggi per la prima volta in vita mia.

Un singhiozzo mi esce dalle labbra semichiuse, mi porto le ginocchia al petto e continuo a piangere.

Una parte di me è sparita per sempre, una grande parte, la mia infanzia, la mia adolescenza. Mia nonna è stata quella mamma che il destino mi ha negato. Un destino troppo bastardo che ora mi ha portato via anche lei.

Maledetto destino. Maledetta vita. Maledetto tutto.

Qualcuno si siede accanto a me e vedo la mia migliore amica. Mi lascio stringere dalle sue braccia e continuo a piangere in silenzio.

La testa mi scoppia, piango da ieri. Non ne posso più di tutto questo.

Sciogliamo l'abbraccio
- Grazie Ginevra, ho davvero bisogno di te. Ora più che mai-, scuote la testa e sorride debolmente.

- Non devi ringraziarmi, Helena-, mi porge un fazzoletto e mi accarezza i capelli.

Mi sento vuota. Ginevra è l'unica su cui posso contare, siamo migliori amiche da quando eravamo alle scuole medie. Da allora non ci siamo mai separate.

Faccio un bel respiro profondo e torniamo al cimitero, ma opto per stare fuori, non ho il coraggio di vedere la bara ancora una volta.

Ginevra sta accanto a me e in silenzio fissiamo il cancello, finché non esce quella che dovrebbe essere la mia prozia Ada.

Si avvicina a me, sorride e mi lascia una delicata carezza sul viso.

- Ciao Helena-, la osservo attentamente e le rispondo con un mezzo sorriso.

È una donna molto elegante, avrà 55 anni circa, ha una carnagione chiara, dei bellissimi occhi celesti e dei capelli biondi che le cadono mossi sulle spalle.

Mi sorride tristemente
- non ti chiedo come stai, non avrebbe senso. Appena sei pronta possiamo andare a casa tua a prendere le tue cose, così dopo ti porto a casa con me-, sospiro ed annuisco.

Sto per cambiare vita.

Mi alzo e mi pulisco i jeans che si sono sporcati stando seduta nel muretto.

- Possiamo andare anche ora-, lei annuisce alle mie parole, io saluto Ginevra e andiamo verso la macchina di mia zia che è rimasta nei parcheggi della piazza della chiesa.

Il tragitto è silenzioso, per fortuna non le va di farmi domande, ringraziando Dio, perché io non ho nessuna voglia di parlare.

Attraversiamo la strada, un pallone mi arriva nei piedi e automaticamente lo raccolgo.

Alzo lo sguardo e vedo che un ragazzo sta uscendo dal campo, correndo.

Si avvicina
- puoi rendermi la palla?-, annuisco e gliela passo.

Sorride dolce
- grazie-, alzo gli occhi al cielo e sbuffo.

Non ho voglia di comunicare con nessuno.

- Ok, ora puoi anche andare. Ti ho reso la tua stupida palla-, mi guarda esterrefatto e io alzo gli occhi al cielo.

- Che simpatica-, lascio perdere il suo tono ironico e lui va via.

L'amore infinito che provo per te~Federico RossiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora