Capitolo 111

10 1 0
                                    

Era pomeriggio inoltrato, Kiran non faceva altro che andare su e giù per l'arena. In quei giorni, ne Emily e ne Roy lo avevano mai lasciato da solo. Anche se non lo mostrava mai a nessuno, Kiran iniziava a subire una certa pressione, una pressione creata da lui stesso per via della paura che si era cucito addosso come un abito cerimoniale. Non era necessario, ma era come se il ragazzo si fosse addossato tutto il peso della situazione sulle sue spalle. Roy ed Emily non riuscivano a capire questo suo comportamento, avevano resistito abbastanza senza chiederlo, ma oggi Emily sarebbe andata a fondo della questione. La ragazza lo guardava andare avanti e dietro per l'arena, ogni tanto si piegava per fare delle flessioni o correva per sciogliere la tensione. I giorni d'allenamento erano stati davvero duri, ma Emily non riusciva a capire da dove Kiran prendesse tutta quella forza. Non le importava, Kiran poteva anche essere un licantropo, ma sforzandosi in quel modo avrebbe potuto farsi davvero male. Così, quando Kiran cadde a terra sfinito, Emily si precipitò verso di lui e lo afferrò per il braccio. Tolse la polvere dai suoi vestiti e con un fazzoletto asciugò la fronte imperlata di sudore.

«Devi smetterla di comportarti in questo modo.» Emily aveva gli occhi lucidi, ma la sua voce era ferma e decisa.

«Perché dovrei? Se fallisco rischio di morire e rischio di perderti. Ed è l'ultima cosa che voglio.» Il volto di Kiran era tirato dal dolore per via dello sforzo, i muscoli delle gambe avevano ceduto e si erano strappati. Per qualche minuto non fu in grado di muovere gli arti inferiori, poi, grazie alla guarigione accelerata, fu di nuovo in grado di camminare.

 «Sciocchezze, non mi perderai e non perderai nessuno dei tuoi amici. E non morirai. Abbi fiducia, ma soprattutto, permetti a gli altri di condividere il peso di questa situazione. Non sei solo, ci siamo anche noi in questa guerra.» Mentre parlava, Kiran fissava Emily dritta in volto. Non aveva mai visto la ragazza tanto arrabbiata, le sue mani tremavano e gli occhi erano diventati di un giallo molto acceso. La ragazza scostò una ciocca di capelli neri via dal viso, poi trasse un respiro e gli occhi tornarono a risplendere come due smeraldi.

«Mi dispiace, non pensavo che il mio comportamento potesse causare tanto fastidio. Ma ho già perso i miei genitori, non voglio perdere nessun'altro.» Kiran aveva uno sguardo triste, persino il biondo dei suoi capelli sembrava essere spento. Emily avvolse le braccia attorno al corpo del ragazzo e lo strinse a sé. Kiran non seppe descrivere la sensazione provata in quel momento, ma il dolore sparì, nessuno aveva mai mostrato così tanto affetto nei suoi confronti. I suoi sentimenti per Emily si rafforzavano sempre di più, ed era arrivato il momento di confessarglielo. Avvicinò il suo viso a quella della ragazza e lo accarezzò, più si avvicinava il momento, più il cuore sembrava esplodergli in gola. Kiran trasse un respiro profondo e parlò:

«È passato abbastanza tempo da quando ti conosco, ma solo negli ultimi mesi mi sono accorto che c'è di più che una semplice attrazione. Credo che si sia trasformato in qualcosa di più forte. Non sono molto bravo con le parole, né tantomeno a rapportarmi con la gente. Mi sono sempre trovato a disagio con gli altri, però con te non ho alcuna difficoltà nel parlare o a essere me stesso. Tu mi fai sentire strano, cioè, non strano male, ma strano buono. Anche un po' nervoso devo dire.» Dentro di sé, il ragazzo stava per esplodere, era pieno di imbarazzo e si stava ingarbugliando nel suo stesso discorso. Pensò che era un miracolo che non stesse balbettando.

 Kiran sperava che Emily avesse capito cosa stava per dire e sperava un aiuto da parte sua, ma la ragazza sembrava divertita.

«Non fermarti» Emily sorrise e poi accarezzò il volto del ragazzo.

«Insomma, quello che sto cercando di dirti, è... che ti amo.» In mezzo ai due calò il silenzio, per Kiran, quei secondi, che precedettero le parole della ragazza, furono interminabili. Ma poi Emily lo baciò e tutta la pressione, la preoccupazione e ogni emozione negative, si sciolsero come ghiaccio al sole. Aveva baciato Emily un sacco di volte, ma ora sembrava diverso, non riuscì a descrivere la sensazione provata in quel momento, ma era come essere colpito da un fulmine.

 «Anche io Kiran. Ti amo.» I due continuarono a baciarsi per diversi minuti, poi una voce esplose nell'arena. La voce echeggiò per tutta la stanza facendo balzare dalla sorpresa i due ragazzi.

«Voi due... avete intenzione di copulare in mezzo alla stanza? Avete le camere per questo!» La voce fuoriuscì da un uomo nascosto nell'ombra, all'iniziò pareva nascondere un tono di rimprovero, ma poi si sciolse in una sonora risata. I due non ebbero bisogno di aspettare che l'uomo si mostrasse a loro, conoscevano bene il padrone della voce. Era Roy.

«A quanto vedo, finalmente, avete confessato i vostri sentimenti. Credevo non l'avreste mai fatto» Roy sorrise e si avvicinò ai due.

«Ogni cosa a suo tempo, grande capo. La prossima volta cerca di bussare» disse Kiran alzandosi da terra.

«Sei sempre il solito testone. Non capisco come faccia Emily a sopportarti» continuò Roy abbastanza divertito dalla situazione. «Su, ora andate a sistemarvi. Vi voglio tutti nell'arena fra trenta minuti esatti.»

«Agli ordini capo» Kiran ed Emily si alzarono e si diressero verso l'ascensore.

«Cercate di non saltarvi a dosso mentre tornate nella vostra stanza» disse Roy scoppiando in una fragorosa risata.

Kiran ed Emily arrossirono per l'imbarazzo,   poi entrarono nell'ascensore in silenzio, lasciando Roy completamente solo in mezzo all'arena.

La luce dei riflettori colpiva il Roy in pieno volto. Mentre l'uomo camminava, tentava di dare risposte alle domande che aveva in testa. Erano passati mesi da quando gli Occhi Bui avevano dichiarato guerra, ma ancora non sapeva il luogo dell'incontro, e questo creava una certa preoccupazione. Da piccolo aveva letto parecchi libri e ascoltato tante storie dai vecchi della sua città, in ogni guerra, entrambe le parti, sapevano dove sarebbe avvenuto lo scontro. Roy iniziò a pensare che Envy avesse avuto l'idea di attaccarli dentro la scuola, e questo sarebbe stato un problema. Non avrebbe avuto spazio per combattere e nemmeno per far schiarare l'esercito dei Druna. Inoltre, tra poche ore, Kerhshark sarebbe arrivato col suo esercito alle porte della Revive, e come d'accordo si sarebbero accampati nella foresta. La Revive era grande, ma non poteva contenere duemila licantropi al suo interno.

I minuti passavano e Roy non aveva ancora notizie, né dai Druna e né da gli Occhi Bui. Lo spazio intorno a lui sembrò rimpicciolirsi e diventare sempre più angusto, il comandante si accorse di aver bisogno di una boccata d'aria, così aprì la porta e percorse le scale che lo avrebbero condotto oltre il cancello nero. Il sole era già tramontato quando Roy fuoriuscì dall'arena, la maestosa distesa di alberi si materializzò davanti a lui. L'aria iniziava a rinfrescarsi, la temperatura iniziava a scendere portando via la calura pomeridiana. Roy volse il suo sguardo alle montagne, sperando di trovare la speranza in cima a quelle vette. All'improvviso, dal nulla, una figura avvolta in un mantello nero, con una barba altrettanto scura che usciva dal mantello, si materializzò davanti a lui.



Cronache Di Un Lupo - L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora