Capitolo 69

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Erano anni che ormai non combatteva, si domandava se sarebbe riuscito a difendere gli studenti e tutti i suoi amici, ormai diventati la sua famiglia, si domandava se avesse mai avuto una moglie o dei figli e sorrise al solo pensiero di poter dare una risposta positiva a quelle domande. Roy non aveva mai pensato all'idea di costruire una famiglia, non era molto vecchio, aveva solo settantuno anni. Per un licantropo, raggiungere settant'anni significa aver appena superato i trent'anni di un normale essere umano: aveva ancora tempo per decidere. Roy non era una persona che si poneva spesso domande sul futuro, ma quella situazione d'ansia e preoccupazione lo fece riflettere. La visita di quella strana ragazza elfo, chele aveva mostrato la magia, lo sorprese. Prima di allora, Roy non avrebbe mai potuto immaginare l'esistenza della magia. Sorrise al sol pensiero di rivedere Seraphina ,anche se per poco tempo, quella creatura lo aveva affascinato. Chiuse gli occhi provando a ricostruire l'immagine della ragazza nella sua mente per poi ricordarsi della magica sfera chiusa nel cassetto, non la usò, ma si promise che l'avrebbe fatto solo al termine della terribile guerra che si avvicinava. Riaprì gli occhi e continuò la stesura del messaggio.

In una stanza ai piani superiore della Revive, Kiran, sdraiato sul suo letto a fissare il soffitto, vagava per la sua mente immerso nei suoi pensieri. Per gli studenti della Revive era un giorno festivo, e festivo significava niente lezioni, non che Kiran si preoccupasse di frequentarle, ovviamente. Se ne stava sdraiato al buio a fissare le varie forme che l'oscurità dava a i vari oggetti della stanza: fece luccicare i suoi occhi azzurri da licantropo per poi sbattere le ciglia e ritornare al solito arancione. Egli odiava quell'azzurro così profondo, non per il colore ma per la verità che celavano. Roy una volta gli disse che il colore degli occhi cambia in base alle nostre scelte di vita: quando un Beta è ancora puro, e decide di essere fedele al suo branco, gli occhi sono di un giallo paglierino intenso ma, se un licantropo decide di stare da solo, di allontanarsi da tutti e fare gesti che possano in qualche modo macchiare la sua anima, allora i suoi occhi diventano azzurri. Roy si raccomandò di precisare che quella era solo una mezza verità, nessuno era a conoscenza della realtà dei fatti. Una cosa era certa, era stato Kiran a decidere di allontanarsi da tutti. Il colore degli occhi poteva dipendere da quella scelta. Però, nell'ultima settimana, l'influenza di Emily aveva fatto accendere una piccola luce nell'antro oscuro che era la sua mente. Si ritrovò a sorridere mentre pensava a quella piccola uscita nel parco e il suo cuore prese a battere forte.

Se ci rifletteva, Kiran non aveva mai provato un'emozione simile, non sapeva nemmeno come identificare quel sentimento. Sapeva solo che stare vicino ad Emily lo rendeva nervoso e felice al tempo stesso e, anche se non lo ammetteva, lo spingeva ad essere migliore. Mentre si cullava in quei pensieri di gioia, la porta si aprì e chiuse all'improvviso. Occhi gialli intenso brillarono nell'oscurità, Kiran non si mosse dal letto, aveva subito riconosciuto il dolce profumo proveniente dalla figura stagliata contro l'oscurità. Era come se la sua mente avesse istantaneamente materializzato la ragazza davanti a lui, la sua bocca si allargò in un sorriso. Il ragazzo si alzò dal letto, afferrò la mano della ragazza e la portò al suo petto: l'esile figura di Emily si mimetizzava perfettamente nel buio della stanza, gli occhi verdi smeraldo si univano in perfetta armonia con l'arancione di Kiran. I due si fissarono a lungo senza emettere una sola parola, ignari dei sentimenti che provavano l'uno per l'altra. Un leggero rossore fece capolino sulle guance di Emily, ella sorrise e lo abbracciò.

«Ho sentito il tuo cuore battere forte all'improvviso, così mi sono precipitata qui. Pensavo stessi male» Emily strinse il ragazzo più forte che poté. Kiran sentiva tutte le forme della ragazza adagiarsi sul suo corpo, non emise un sol fiato. Il calore sprigionato dal corpo di Emily lo portava alla tranquillità assoluta. Sentiva di non aver più bisogno di nulla. In quel momento, perfino la morte dei suoi genitori era più facile da sopportare. Kiran si staccò dal corpo della ragazza con ancora il suo sguardo fisso sul suo viso. 

«È tutto ok, ora che ci sei, sto bene.» Entrambi sorrisero e si abbracciarono. Kiran afferrò Emily per la vita e la fece sedere sul suo letto: si sdraiarono l'uno accanto all'altra e si addormentarono profondamente. 

Quando la luce del mattino iniziò a propagarsi perla stanza, Kiran fu il primo a svegliarsi. Era in procinto di alzarsi quando sentì qualcosa che lo tratteneva. Non era una presa stretta o soffocante, era come un lento trascinarsi nella pace dei sensi: volse il suo viso per vedere cosa lo stesse trattenendo e subito scorse la dolce figura della ragazza. Emily dormiva, immediatamente Kiran ricordò tutto ciò che era successo prima, provò un sincero senso di gioia nel vedere la ragazza ancora accanto a lui. Lei era l'unica che riusciva a capirlo, l'unica che, anche stando in silenzio, gli dava conforto: Emily era l'unica persona che Kiran avrebbe sempre voluto accanto. 

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