Capitolo 53

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«Siete patetici!» Urlò il licantropo di rimando.

«Lena è il momento.» Con grande coordinazione, io e Lena, ci lanciammo in una sfrenata corsa contro il nemico; Lena corse a tutta velocità contro il licantropo sferrandogli un potente pugno allo stomaco. Io, che mi trovavo alle sue spalle, saltai a mezz'aria pronto a colpire il cranio del mio avversario. Non appena il mio calcio si scontrò contro la sua testa, nell'aria ci fu un rumore di ossa rotte. Il ragazzo cadde al tappeto come svenuto.

Io atterrai immediatamente dietro di esso e rimasi a fissarlo: sembrava essere morto. Qualche secondo dopo, la creatura, era di nuovo in piedi: sulla sua fronte c'era una grossa chiazza di sangue e polvere. Senza nemmeno preoccuparsi della ferita inferta, il licantropo si lanciò contro Lena. Io non persi tempo a riflettere e scattai a piena velocità contro di lui, lo afferrai dal braccio destro e lo lanciai con violenza contro l'albero alle mie spalle. Il ragazzo si schiantò contro l'albero e, tra il rumore del legno che si rompeva e il rantolo di dolore del mio avversario, non riuscii a capire se ero riuscito a rompergli qualche osso. Passarono alcuni minuti di totale silenzio e contemplazione, prima che la creatura si rialzasse totalmente priva di forze. Il suo corpo era piegato dal dolore e i vestiti erano ridotti a brandelli.

«Pagherete con la vita il vostro affronto.» Le ferite riportate dal ragazzo guarirono istantaneamente sotto i miei occhi, le macchie di sangue rimaste sui vestiti erano l'unico ricordo dei numerosi tagli inferti in precedenza. Non sembrava essersi arreso, anzi, aveva ancora intenzione di dare battaglia. Io ero stanco, sentivo la rabbia che mi si contorceva nello stomaco. Dovevo dargli il colpo di grazia: mi lanciai contro di lui con i pugni ben serrati, sentivo la rabbia crescere dentro di me ad ogni passo che facevo. Quando gli fui vicino, lo afferrai per la gola, lo alzai in aria e puntai gli artigli contro la sua carotide. In quel momento pensai che, se avesse fatto qualcosa di avventato, avrei anche potuto ucciderlo. Lo guardai con gli occhi pieni di rabbia, ma a lui sembrò non importare: era senza paura.

«Non provare mai più a presentarti in città. Potrei ucciderti, se solo volessi, ma non sono come te.» Intanto stringevo la mia mano intorno al suo collo sempre più forte; i miei artigli erano piantanti nella sua gola, gocce di sangue scendevano lungo la pelle del ragazzo che, ormai, faceva anche fatica a respirare. «Va via e non farti rivedere!» Sentivo i miei occhi andare a fuoco e così, preso dalla rabbia, ruggii contro il viso del ragazzo. "Ho vinto, basta così" più che un'affermazione, era un ordine contro me stesso.Dovevo fermarmi perché correvo il rischio di esagerare sul serio. Raccolsi quel briciolo di bontà che mi era rimasto e mollai la presa sul ragazzo. Egli cadde a terra e rimase immobile per qualche secondo. Dopo essersi alzato in piedi, sconfitto, decise di correre via e di tornare nel posto da cui era venuto. Tornato alla mia forma umana, corsi verso Lena. Fortunatamente stava bene e non riportava nessuna ferita, dopotutto, non le avevo nemmeno dato il tempo di reagire. La guardai negli occhi, scostai una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso, e la baciai.

«Non sei stata niente male» Sorrisi.

«Veramente hai fatto tutto da solo» disse lei sorridendo.

«Non volevo ti ferisse. Forse ho esagerato» dissi appoggiandoli le mani sulle spalle.

«Non preoccuparti. Mi va bene così» Lena sorrise e mi diede un rapido bacio sulla guancia.

Mi voltai verso Lisa e John. «Il peggio è passato.» Mi inginocchiai di fronte a J e poggiai una mano sulla sua gamba.

«Ci avete salvato, non so come ringraziarvi.» Disse J guardando me e Lena.

«Non devi ringraziarci» disse Lena.

«Sei il nostro più caro amico, non possiamo permetterci che ti accada qualcosa» continuai.

«C-cos 'era quella cosa? E perché vi voleva uccidere?» Mormorò Lisa uscendo dalla presa di John.

«Credo che J ti potrà spiegare tutto lungo la strada verso casa» dissi guardando Lena per cercare il suo appoggio «Non so perché ci volesse uccidere. Ha detto che è stato mandato, ma non sappiamo da chi. Ora è andato via, non penso si farà rivedere.»

Accarezzai i capelli di Lisa per rassicurarla e poi diedi un colpetto sulla testa di John.

«Riportala a casa e raccontale tutta la verità, non tralasciare nemmeno un particolare. Non preoccupatevi, ormai il pericolo è passato.» Lo guardai negli occhi e poi mi alzai per osservare l'area intorno a noi.

«Farò come hai detto. Ormai è inutile tenere il segreto.» J prese dolcemente la mano di Lisa e l'aiutò ad alzarsi dalla panchina. Seguimmo i due con lo sguardo fin quando non sparirono nel buio della sera. Ormai si era fatto tardi, anch'io dovevo accompagnare Lena a casa. "È stata una serata un po' strana, di certo non la solita serata tranquilla alla quale siamo abituati" pensai. 

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