Capitolo 3

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Feci molta fatica a camminare, la mia spalla perdeva sangue, sembrava fossi stato pugnalato più volte con un grosso coltello. Con molta calma, aprii la porta di casa e con la maglia cercai di tamponare il più possibile la ferita. Presi del disinfettante e delle garze dal mobile del bagno e poi mi infilai sotto la doccia. Mi spruzzai il disinfettante dappertutto, ma nonostante questo, ogni volta che l'acqua toccava la ferita, sembrava mi toccassero con un ferro incandescente. L'acqua che scorreva sulla mia pelle si colorava di rosso, poi scendeva verso le mie gambe e continuava il suo viaggio fino allo scarico. Fortunatamente, la ferita aveva smesso di sanguinare ma faceva ancora male: quando uscii dalla doccia fui molto attento nell'asciugarmi. Dopo aver poggiato l'accappatoio sul pavimento, presi le garze e avvolsi metà busto in quella soffice stoffa bianca. Il graffio che mi aveva fatto partiva dalle scapole e arrivava fin sopra la parte lombare. Stanco e dolorante andai a dormire facendo attenzione a non far toccare la schiena contro il letto. L'unico modo era dormire a pancia in giù sperando che, durante la notte, non mi girassi.

L'unica cosa che ricordai prima di addormentarmi fu l'ora: erano le due...poi, il buio.

La sveglia iniziò a suonare, guardai l'ora, erano le sette. Mi alzai dal letto e corsi in bagno, mi tolsi la maglia per visionare la ferita che mi ero procurato durante la notte. Tolsi con delicatezza la garza e, con mio stupore, notai che non avevo più nulla: la ferita si era completamente rimarginata sei lasciare alcuna cicatrice. Era inutile porsi delle domande, non avrei saputo rispondere. Accettai la mia guarigione miracolosa e mi cambiai in fretta i vestiti, poi scesi in cucina per la colazione. Quella mattina mi sarei dovuto presentare a scuola alle dieci per via di un'assemblea tra i professori, quindi avevo il tempo per andare a comprare il regalo per Lena. Salii in camera e presi i soldi e lo zaino, poi salutai la mamma e uscii di casa.

Seguii la strada che solitamente facevo con mio padre per andare a scuola, solo che per arrivare alla nuova destinazione dovevo compiere una piccola deviazione sulla destra e superare qualche incrocio. La gioielleria si trovava di fronte a un vecchio parco giochi, andato distrutto tempo prima. Entrai nel negozio e salutai il commesso. Descrissi l'oggetto che stavo cercando e mi indicò la vetrina e il prezzo. Effettivamente era un po' caro, costava ottanta zargas, ma per Lena avrei speso anche un milione. Comprai la collana e la feci impacchettare accuratamente. Uscito dal negozio mi diressi verso casa di John per tirarlo giù dal letto. Arrivato, suonai al videocitofono; mi rispose Jennifer, sua madre.

«Buongiorno Raccon, cosa mai già sveglio? Oggi non entrate più tardi?»

«Certo, ma sono uscito presto di casa perché dovevo fare un salto al negozio. Poi ho deciso di fare un salto qui. Disturbo?»

«Assolutamente no, ti faccio entrare subito.»

La porta emise un click e poi si aprì. Appena entrato, Jennifer mi diede un bacio sulla fronte e poi mi abbracciò: mi voleva molto bene e appena ne aveva l'occasione mi riempiva di cibo fino a farmi esplodere, era come una seconda madre per me. Passavo molto tempo in quella casa, e qualche volta le nostre famiglie si riunivano per una cena. Jennifer non mancò nemmeno quella volta di offrirmi la colazione: mi fece posare lo zaino vicino all'appendiabiti e mi diressi al tavolo in cucina. Tenevo il pacco con dentro la collana ben stretto, non volevo perderlo.

Prima di fare colazione, chiesi di poter salire in camera di John: anche se stavo quasi tutti i giorni lì, non mi azzardavo assolutamente a fare qualcosa senza chiedere prima il permesso. Chiedevo anche il permesso per sedermi sul divano, scatenando la risata di tutta la famiglia, John compreso. Mi piaceva essere educato. Salii al primo piano ed entrai in camera di J, mi mossi piano senza fare rumore e non appena fui abbastanza vicino al suo letto iniziai a parlare:

«Amore mio, svegliati. Coraggio cucciolo, è ora di alzarsi» dissi cercando di imitare la voce della sua attrice preferita. Fortunatamente ci cascò.

J dormiva profondamente, un filo di saliva colava dalla sua bocca fino ad arrivare al cuscino sotto la sua testa «Ancora cinque minuti Jenna, mi sveglio e poi ci divertiamo.»

Mi avvicinai al suo viso e urlai «Ehi sporcaccione, con chi ti vuoi divertire?»

John spalancò gli occhi «Dannazione Raccon, non essere così crudele. Lo sai che sono molto sensibile al mattino.»

«Lo so, ma è troppo divertente. Piuttosto, alzati, tua mamma ci aspetta giù per la colazione.»

«Un momento, ma tu cosa ci fai nella mia stanza?»

«Sono andato a comprare la collana, genio. Oggi è il compleanno di Lena. Tu le hai comprato il regalo?»

«Si Racc, le ho comprato un cofanetto contenente tutte le stagioni della sua serie tv preferita.»

«Ottima scelta.»

«Lo so amico, ma tu devi fare colpo e di certo non lo farai con un cofanetto di una serie tv. Piuttosto, quanto hai speso per il regalo?»

«Ottanta zargas» dissi leggermente imbarazzato.

«Ottanta za...? Cazzo Racc, sono un bel po' di soldi. Spero che ne valga la pena.» disse John mettendomi una mano sulla spalla.

«Lo spero anche io. Ora scendiamo a fare colazione, inizio ad avere un bel po' di appetito.»

Scendemmo in cucina e andammo a fare colazione, John si rivolse alla madre e chiese se potesse fare una confezione regalo per Lena.

«Lena? Ah sì, la ricordo. È davvero una ragazza carina» rispose Jennifer sedendosi con noi al tavolo.

Jennifer lanciò un'occhiata al mio zaino «E tu, Raccon, le hai già comprato il regalo?»

«S-sì, è questo» afferrai la busta e mostrai la confezione che riportava il marchio della gioielleria "J&Q"

«Cosa le hai comprato?» Domandò Jennifer con sguardo curioso.

«È la riproduzione di una collana che Lena perse tempo fa in un parco. Ci era molto affezionata perché le fu regalata da suo nonno. Questa non ha lo stesso valore affettivo, ma spero che le farà piacere averla con sé. Per me è molto importante renderla felice, spero di riuscirci.» Mentre pronunciavo quelle parole, sorrisi, mi bastava pensarla per essere felice.

«Ti piace tanto quella ragazza?» chiese Jennifer in tono dolce.

«Mentirei se dicessi il contrario. Ma stasera spero di conquistarla.»

«Bravo ragazzo, questo è lo spirito giusto» disse John mentre si ingozzava con una coppa di cereali.

Decisi di lasciare a lei il regalo, non volevo portarlo a scuola e rischiare di farmi scoprire da Lena. Finita la colazione, salimmo in camera di John e qualche ora dopo uscimmo per dirigerci verso scuola. Mi sentivo stranamente pieno di energie quel giorno. Arrivati vicino scuola, John mi diede un colpetto al braccio e mi indicò Lena: era seduta su uno degli scalini a ripetere per il compito di fisica. Così decisi di andare da lei per farle gli auguri. Mentre la raggiungevo, il cuore batteva all'impazzata, sembrava stesse per esplodere. Mi avvicinai e lei alzò la testa, mi sorrise e con una mano si spostò una ciocca di capelli dal viso.

«Ehi Lena, buon compleanno» mi avvicinai e le diedi un bacio sulla guancia. Lei arrossì e mi sorrise.

«Grazie, ci vediamo stasera. Ok?» disse lei sorridendo.

«Certo Lena, ci vediamo stasera.»

Erano le dieci in punto, la campanella suonò annunciando l'inizio delle lezioni. Per il compito di fisica io non sapevo assolutamente nulla, fortunatamente John era un asso anche in quella materia e mi passò tutto il compito.

«Un giorno ti farò una statua» dissi bisbigliando.

Passata l'ora di fisica iniziò quella di letteratura moderna, niente di più semplice. La professoressa Cindy passò in rassegna tutto il registro prima di arrivare il mio nome, l'unico a non essere stato interrogato. L'interrogazione fu una delle più facili mai fatte, non ci volle molto per raggiungere il dieci, il massimo voto ottenibile. L'interrogazione si svolgeva su uno dei miei autori preferiti: Alfred Case. Sapevo tutto di lui: ogni opera, ogni poesia e ogni passo della sua vita. Era tutto immagazzinato nella mia mente, pronta ad essere tirata fuori all'occasione. L'ora di matematica arrivò, Lena si avvicinò per avvisarmi che la festa di compleanno si sarebbe svolta alle nove di quella sera a casa sua, io annuì e iniziai a contare i minuti, i secondi e le ore che mi separavano da quell'evento. 

Cronache Di Un Lupo - L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora