Capitolo 27

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«Fatto conversazione?» Chiesi mentre rimettevo le scarpe sotto il letto.

«Si, ovviamente» disse lei sorridendo.

«Posso sapere di cosa avete parlato?» Domandai buttandomi a peso morto sul letto che avevo appena rifatto.

«Cose da donne, non preoccuparti» ribatté Lena sedendosi sopra le mie gambe.

«Va bene tesoro, mi fido.»

Lena adagiò la testa sul mio petto e poi mi guardò negli occhi.

«Non voglio tornare a scuola domani, voglio stare tutto il tempo con te» disse Lena mentre mi accarezzava il viso.

«Dobbiamo solo resistere fino alla fine di febbraio, e poi saremo diplomati.»

«Cos'hai intenzione di fare dopo che avremo preso il diploma?» Domandò Lena.

«Non saprei, sicuramente mi iscriverò all'università. Ma non ho ancora deciso il corso» risposi picchiettandomi l'addome.

«Sicuramente andremo a Soldor, qui non ci sono università» Continuò Lena prendendomi la mano.

«Già... questo è sicuro.» Rimasi un attimo in silenzio a guardare il soffitto bianco della mia stanza, poi mi girai verso di lei, sorrisi e le diedi un bacio sulle labbra.

«Tutto bene?» Chiese Lena preoccupata.

«Sì» risposi.

Sapevo benissimo che Lena poteva sentire se mentivo o meno, ma non mi chiese il motivo di quella bugia o del mio essere pensieroso. Rimase in silenzio a fissarmi. Le ore passarono rapidamente, ma io e Lena non ce ne preoccupammo, rimanemmo l'uno accanto all'altro per tutto il tempo a nostra disposizione.

Erano le tre del pomeriggio, faceva un caldo pazzesco. Mancava poco alla fine dell'inverno, ma a me sembrava di essere in estate. I licantropi, normalmente, hanno una temperatura corporea che va dai trentotto ai quaranta gradi, ma non ero solo io a sentire caldo, anche Lena sembrava soffrire i caldi raggi solari. Durante i giorni di vacanza, avevo deciso di prendermi qualche giorno di pausa dagli allenamenti, ma a Lena e John non andava bene. Così, dopo vari tentativi atti a convincermi, Lena fu costretta ad usare le maniere forti: invitare John a casa mia era l'unico modo per convincermi. Molte persone, in possesso delle mie abilità, si sarebbero sentite in dovere di sventare il crimine, di fare buone azioni verso il prossimo e di rendere il mondo un posto migliore. A me non fregava nulla: non ero un supereroe e non dovevo affrontare nessun super cattivo. Volevo solo godermi la mia adolescenza in santa pace. Lena mi aveva svelato che il mio corpo si sarebbe irrobustito anche da solo, ma lei e J volevano farmi allenare lo stesso. Lo scopo? Solo per farmi migliorare in tutta velocità, come se avessero la necessità di farmi diventare una macchina da guerra. Ok, forse stavo esagerando, ma non volevo proprio allenarmi. Alle tre e venti del pomeriggio, J citofonò. Lena si rivestì e poi mi lanciò la tuta addosso.

«Ehi, sei proprio sicura di voler andare?» Mi alzai, afferrai Lena dai fianchi e le diedi un bacio sul collo.

«Se ti comporti in questo modo, no» disse Lena mordendosi le labbra «Ma ormai John è arrivato, non possiamo mandarlo via.»

«Giusto, hai ragione.» Mi staccai da lei e indossai rapidamente la tuta «Su, è ora di allenarsi» dissi con tutta la pigrizia che avevo in corpo. Raggiunsi la porta d'ingresso e la aprii.

«Ehi Bro!» dissi alla vista di J.

«Vedi che vi siete divertiti voi due» esclamò J ridendo.

«Veramente, Lena è appena arrivata.» risposi mentendo spudoratamente.

«Oh sì, certo, immagino che Lena esca sempre di casa con i capelli scompigliati e senza scarpe, giusto?»

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