«Signor John, lei può tranquillamente poggiare tutta la sua roba nella stanza numero 530 al secondo piano. Ecco la sua chiave. Le lezioni del primo anno inizieranno tra una settimana, sentitevi liberi di girare per la scuola e di fare conoscenza. Buona giornata» concluse la segretaria.
J prese la chiave e uscimmo tutti e tre dalla stanza. Esplorammo la scuola in lungo e in largo, ne visitammo i vari piani scoprendo le classi e i laboratori: le aule di studio erano tutte contrassegnate con un'etichetta, su ognuna di essa vi era indicato la materia che si svolgeva al suo interno, lo stesso valeva per i laboratori e quasi per ogni stanza dell'edificio. Saliti al terzo piano, oltre alle stanze di alcuni professori e del preside, vi era una stanza priva di qualsiasi indicazione.
Spinto dalla curiosità, provai ad aprire, ma, sfortunatamente, era chiusa a chiave. Scendemmo al primo piano e proseguimmo lungo il corridoio che avrebbe dovuto portare al cortile, aprimmo la piccola porta che ci separava dall'esterno e uscimmo. La luce del sole riempì i nostri volti, un variegato turbinio di colori esplose davanti ai nostri occhi lasciandoci con le parole bloccate in gola per lo stupore. Davanti a noi c'era un enorme prato verde decorato con aiuole piene di fiori, insegne colorate che riportavano il nome della scuola, e la più grande quantità di studenti mai visti in una scuola.
C'erano ragazzi e ragazze, tutti si avvicinavano e salutavano con fare gentile "Non come quell'imbecille visto mezz'ora prima". Di fronte a me vi era un piccolo sentiero decorato con delle pietre che conducevano a uno spiazzo all'ombra, Lena prese la mia mano e insieme ci dirigemmo verso di esso. J si guardava in giro, era sorpreso quanto me e per un attimo ci perse di vista. Quando fummo di nuovo tutti e tre insieme, ci sedemmo sull'erba e guardammo ciò che ci circondava: c'erano studenti che giocavano a calcio nel piccolo campo a 5, altri che giocavano a basket e pallavolo nel campo adiacente e altri studenti che preferivano la corsa o l'allenamento a corpo libero. In quel cortile c'era di tutto, e più che un semplice cortile sembrava uno stadio. I campi da gioco erano posizionati l'uno dietro l'altro separati da una rete, attaccati al muro vi erano dei piccoli spalti che davano la vista sui campi e su tutto il resto del cortile. Al centro di esso vi erano varie aiuole, alberi e panchine sistemati in modo ordinato su due file separate. Mentre alla destra vi era uno spiazzo dove gli studenti si riunivano per ascoltare il discorso che il preside faceva all'inizio dell'anno.
«È una delle cose più belle che io abbia mai visto!» esclamò Lena stupefatta.
«Il cortile della nostra vecchia scuola non è minimamente paragonabile a questo» rispose J mentre si guardava attorno.
«È tutto molto bello e spazioso, non ho idea di quanti soldi ci abbiano speso. Però le mura così alte mi fanno sentire in trappola» risposi guardando le mura che circondavano il cortile.
«Beh, se io fossi un licantropo che cerca di nascondere la natura dei propri studenti al mondo, non saprei come altro fare. Inoltre, bisogna evitare che la gente, da fuori, veda cosa c'è dentro e che non lo sporchi buttando immondizia. Le mura così alte sono un buon compromesso» disse Lena guardandomi.
Rimasi a guardarla per un po' prima di risponderle, il sole le illuminava tutto il viso facendole risaltare gli occhi e i capelli, era bellissima.
«Inoltre, nessuno ci farebbe caso dato che a Soldor la maggior parte degli edifici sono palazzi molto alti» continuò lei.
«Ragazzi, che ne dite di dare un'occhiata alla mia stanza?» chiese J guardando le finestre del secondo piano.
«Arriviamo Bro.» Io e Lena ci alzammo e ci incamminiamo con J.
Rientrati dal cortile ci dirigemmo all'ingresso, di nuovo vidi quel ragazzo dai capelli biondi, questa volta si avvicinò all'unico muro libero della stanza e fece pressione sul legno che lo ricopriva. La parete si aprì mostrando un piccolo ascensore nascosto, il ragazzo ci entrò e la porta si richiuse immediatamente. Lena e J non ci avevano fatto caso, erano occupati a parlare tra di loro. Decisi di non dire nulla e lasciai cadere la cosa. Saliti al secondo piano percorremmo il lungo corridoio piastrellato di bianco e raggiungemmo la stanza 530. J infilò la chiave nella serratura e la aprì: la stanza era abbastanza spaziosa e illuminata. Affianco alla porta d'ingresso c'era il bagno, al centro della stanza un letto singolo, un comodino con il lume, un armadio e una cassettiera che sosteneva una piccola tv a schermo piatto. Alla destra del letto vi era l'interruttore della corrente e la finestra dalla quale entrava la luce. Il pavimento era tutto in parquet mentre le pareti della stanza erano di un bianco opaco: per una sola persona era più che sufficiente. Io e Lena ci guardammo e scuotemmo la testa, la stanza non era male, anzi, era carina, ma li sarebbe rimasto solo mentre a casa avrebbe avuto compagnia. Non ci piaceva l'idea di lasciarlo li solo come un cane abbandonato.
«Bro, sei davvero sicuro di voler rimanere in questo buco?» domandai poggiandogli una mano sulla schiena.
«È solo per dormire, ci vedremo praticamente tutti i giorni. Poi, qui ci sono un sacco di studenti. State tranquilli, andrà tutto bene.»
«Sei sicuro?» continuò Lena.
«Assolutamente sì» rispose J.
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Cronache Di Un Lupo - L'inizio
FantasyRaccon vive la sua vita come qualsiasi adolescente del suo paese. Quest'anno, per lui e i suoi amici, sarà l'ultimo e dovranno affrontare il passaggio dal liceo all'università. Una sera, mentre Raccon torna a casa, dopo aver passato una normalissima...