Capitolo 116

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Era mattina presto quando Roy e Alexis si svegliarono per raggiungere i Druna. I due uscirono dalla scuola intenzionati a dirigersi verso la foresta, il sole era sorto da pochi minuti, l'aria era calma e immobile, ma loro riuscivano comunque a percepire la tensione attorno a loro. Roy era vestito nella sua uniforme da combattimento, una maglia spessa, di colore nero, riportante gli antichi stemmi della sua famiglia, e un paio di pantaloni grigio antracite. Alexis, invece, indossava un normalissimo completo sportivo e, per rendere onore anche lui alla sua famiglia, aveva dipinto sul suo braccio destro il proprio stemma famigliare.

«Ti ostini ancora usare quella roba, vedo» Alexis guardava la vecchia uniforme dell'amico, ancora totalmente integra ma segnata inevitabilmente dal tempo passato. Alexis legò i propri capelli con un elastico e scese il primo scalino.

«Penso che questa sarà l'ultima volta, non credo reggerà un'altra battaglia» Roy passò la mano sulla maglia e ne ripercorse le spesse rifiniture in cuoio lungo le maniche e le spalle.

«Nessun vestito sarà in grado di proteggerci. Tranne quelle vecchie armature d'acciaio che usava tuo padre. Le hai ancora?» domando Alexis ripensando al passato.

«No amico, nemmeno una» rispose Roy ripensando pensando alla sua famiglia.

I due scesero gli scalini della Revive e aggirarono l'accademia fino a raggiungere il cancello che conduceva all'arena, poi piegarono rapidamente a sinistra verso l'entrata della foresta. Percorsi un paio di metri, in una fitta macchia di alberi, trovarono il piccolo accampamento dei Druna. L'esercito era immerso nel sistemare tutto quello che avevano utilizzato durante la notte. Con sorpresa, Roy notò che tutti erano vestiti in modo diverso: i tempi in cui ognuno indossava un'armatura riportante la casa d'appartenenza erano finiti. Solo Kershark indossava un uniforme riportante i colori della propria casa. Il capo dei Druna aggirò una piccola macchia di cespugli e corse a salutare i due appena arrivati.

Kershark abbracciò entrambi senza indugiare «Benvenuti.»

«Anche noi siamo felici di vederti. Sei davvero venuto con duemila unità?» Alexis era sbalordito e dentro di sé pareva tirare un sospiro di sollievo.

«A quante unità ammonta l'esercito di Envy?» domandò Kershark dando uno sguardo alla milizia.

«Quando si trasferirono sulle montagne erano poco più di mille licantropi, ma non credo che supereranno le millecinquecento unità. L'unica cosa che so, è che Envy ci sottovaluta, quindi non impiegherà mai tutto il suo esercito per attaccare» Roy, dentro di sé, iniziava a provare una certa sicurezza. Se la sua intuizione fosse stata giusta, avrebbero vinto.

Kershark incrociò le braccia «Siamo superiori di numero, ma ci atterremo al tuo piano. Rimarremo nascosti fino a quando non ci darai il segnale. Ma posso farti una domanda?»

«Certo» rispose Roy.

«Mi spieghi perché non vuoi che ci presentiamo sul campo insieme a i tuoi studenti? Non riesco a capirlo, abbiamo la possibilità di schiacciarli subito, ma tu preferisci aspettare. Perché?»

«Roy vuole mettere a dura prova i suoi ragazzi. È una mossa rischiosa e sono completamente contrario. Alcuni di loro potrebbero morire, ma non posso far cambiare idea a questa testa quadra.»

«Esatto Al, proprio così. Ti assicuro che nessuno di loro morirà oggi» Roy lanciò una rapida occhiata ad Alexis e poi tornò a guardare Kershark «Nell'area deserta ci sono numerose colline che circondano l'intero campo di battaglia. Fa in modo che il tuo esercito non lasci scampo ai nemici quando sarà il momento.»

«Ai tuoi ordini, Roy.»

Compiuto il saluto, il capo dei Druna corse a dare istruzione ai suoi uomini, mezz'ora dopo erano già in cammino per raggiungere il luogo d'incontro. Intanto, Roy ed Alexis ritornarono all'accademia: insieme agli studenti avrebbero raggiunto la zona deserta.

****

Ero immerso nel vuoto, tutto intorno a me era buio e privo di luce. All'improvviso, in lontananza, scorsi una piccola luce bianca al centro del vuoto in cui mi trovavo. Lentamente, provai a muovermi per raggiungere il punto illuminato di fronte a me. Dal nulla, apparve di nuovo quella figura nera e tondeggiante: avanzò fluttuando e poi mi parlò.

«Raccon, il momento è arrivato. Oggi ucciderai.» La voce, la mia voce, echeggiò per tutto lo spazio circostante. Era opprimente e non potevo sfuggirle.

«Chi? Chi è che ucciderò?» urlai con tutta la voce a disposizione, ma la figura non rispose. Si voltò e sparì insieme alla luce bianca.

La sveglia suonò e mi alzai di soprassalto lanciando il cuscino in aria. Erano le otto del mattino, J e Lena erano già pronti e stavano per chiamarmi nel momento esatto in cui mi svegliai. Il sole illuminava tutta la stanza di John, ogni cosa riluceva in quel mini appartamento all'interno dell'accademia. Controllando che tutti i miei muscoli rispondessero ai comandi, mi alzai. Mi sentivo pieno d'energie, il sonno mi aveva completamente ritemprato. Corsi in bagno e aprii l'acqua fredda del piccolo lavandino di J: ci immersi completamente la faccia. In mente avevo ancora quella figura che avevo sognato, non riuscivo a togliermela dalla testa: ripeteva quella parola come un mantra. Mi guardai allo specchio, ero sempre io: soliti occhi marroni e solito taglio di capelli, ma nonostante tutto sentivo che c'era qualcosa di strano, era come se qualcosa in me fosse cambiato, ma non sapevo ancora cosa. 

Non avevo tempo di pensare alle voci nella mia testa e né alle mie piccole stranezze, rapidamente uscii dal bagno e indossai la stessa tuta d'allenamento utilizzata durante la terza prova. Questa, a differenza della prima, aveva delle placche d'acciaio inserite all'interno del tessuto che ricoprivano alcuni punti del corpo. Feci dei brevissimi piegamenti sulle gambe, per testare peso e comodità dell'uniforme, e poi uscii dalla stanza insieme a Lena e J. Le nostre uniformi aderivano perfettamente al nostro corpo facendone risaltare ogni forma.

Raggiunto l'ingresso dell'accademia, ci dividemmo e ognuno di noi andò a unirsi al proprio branco.

«Forza ragazzi, venite tutti qui» urlai mentre mi mettevo al centro del gruppo. «Oggi è il grande giorno, se così possiamo chiamarlo. Tutti noi ci siamo distrutti le ossa in questi mesi, tutti noi abbiamo dato il massimo per arrivare a questo momento. Non vi mentirò dicendo che non ho paura, ma oggi vinceremo» portai la mia mano avanti a me e tutti i ragazzi fecero lo stesso.

«Per la vittoria» Insieme alzammo le mani al cielo e poi partimmo insieme Roy, Alexis e Janus.

Cronache Di Un Lupo - L'inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora