Capitolo 60

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«È un po' timida» disse Lisa, prendendomi la mano.

«È così, sarei solo tuo amico?» dissi, avvicinandomi al suo viso.

«Si, ma sei un amico molto speciale» rispose lei guardandomi negli occhi.

Misi le mie braccia dietro la sua schiena e l'avvicinai al mio petto.

«Non posso resisterti, se mi guardi in quel modo» dissi, arrossendo leggermente.

«Allora non farlo» Lisa si avvicinò dandomi un bacio sulle labbra.

«Oh, tu devi essere John.»

Mentre la baciavo, una voce molto profonda arrivò alle mie orecchie. Immediatamente mi staccai dalle labbra di Lisa e mi allontanai di qualche centimetro: una goccia di sudore percorse la mia schiena quando capii che quella era di sicuro la voce del padre. Non provavo imbarazzo a baciare la mia ragazza davanti a i suoi genitori, mi preoccupava che il padre potesse non essere d'accordo. "Ora mi caccia di casa a calci nel culo" pensai. Mi voltai verso il corridoio e vidi un uomo alto che osservava me e Lisa: entrambi ci avvicinammo per salutarlo.

«Piacere, io sono John» allungai il braccio e tesi la mano per la salutare.

L'uomo aveva una corporatura media, capelli brizzolati e occhi di un nero quasi abissale: il viso, che mostrava la totale assenza di rughe, era sereno e contornato da un ampio sorriso. Sembrava essere molto giovane, non aveva nemmeno molta barba; c'era solo un piccolo accenno sopra le sue guance. L'uomo si avvicinò verso di me e mi diede un'energica pacca sulle spalle. "Potresti essere più delicato." pensai mentre mi presentavo.

«Il piacere è tutto mio» rispose l'uomo in tono gioioso.

La mano del padre di Lisa si aprì ed io la strinsi in segno di saluto. L'uomo, probabilmente per mettermi alla prova, optò per una stretta parecchio energica. Io non mi feci intimidire e la strinsi più forte: ero un ex pugile, anche io avevo una bella stretta di mano.

«Bella presa ragazzo.»

«Grazie, signore.»

«Dimmi, pratichi qualche sport da combattimento, giusto?» aggiunse l'uomo.

«Anni fa ero iscritto ad una palestra di pugilato. Ma ora non lo pratico da un po'» risposi guardandolo negli occhi. 

«Tipico dei pugili, hanno tutti il setto nasale rotto.» L'uomo sorrise e mi diede un'altra pacca sulla schiena, poi si girò e si diresse in cucina. "Come ha fatto a capire che avevo praticato pugilato? È vero che ho il setto nasale rotto, ma è guarito da anni."

«Quello è mio padre» annunciò Lisa sorridendo.

«Lo avevo intuito dalla sua voglia di frantumarmi una mano» risposi massaggiandomi la mano destra.

«Perdonalo, certe volte non gestisce la forza.»

«Ho notato» dissi sorridendo.

«Si chiama George, Mia madre, invece, si chiama Alessandra.»

«Alessandra? Un nome straniero, credo» chiesi incuriosito.

«Si, mia mamma è nata in una nazione che, purtroppo, è ridotta in pessime condizioni. Un tempo era una nazione florida, piena di cultura e una grande storia alle spalle. Purtroppo, la pessima gestione governativa ha messo in difficoltà l'intero popolo, ecco perché molti di loro hanno preferito emigrare in altre nazioni. I genitori di mia madre sono una delle poche famiglie che è riuscita a scappare.» 

«È una storia affascinate, anche se ha la sua dose di tristezza» dissi accarezzandole la spalla.

Non avevo mai sentito un nome del genere, ma lo trovavo estremamente bello. Dopo aver incontrato suo padre, Lisa mi condusse nella sala da pranzo. Posizionato al centro della stanza, c'era il tavolo da pranzo; era una costruzione abbastanza solida, il ripiano superiore era stato costruito utilizzando un vetro,all'apparenza, solido e robusto. Le staffe che lo sorreggevano, invece, erano state fatte in metallo, questo permetteva al tavolo una base solida. Le sedie,posizionate introno al tavolo, erano come delle piccole poltrone senza i braccioli. Lo schienale, nero con i lati bianchi, era sostenuto da delle barre di metallo che curvavano per adattarsi alla forma del pavimento. Il pavimento della sala da pranzo era interamente ricoperto di piastrelle bianche che si intonavano perfettamente con il soffitto e i vari mobili. Io e Lisa ci sedemmo l'uno accanto all'altra e poi aspettammo i suoi genitori che, qualche minuto dopo, uscirono dalla porta a scomparsa che divideva la sala da pranzo dalla cucina. Alla mia vista, la madre di Lisa esplose in un grosso sorriso che terminò con un caloroso abbraccio di benvenuto: non avevo mai incontrato una famiglia così affettuosa, oltre la mia e quella di Raccon. Sembravano tutti felici di vedermi, e non mi spiegavo il perché. Forse Lisa aveva leggermente gonfiato le aspettative.

«Sono molto felice che tu abbia accettato il nostro invito» disse la madre staccandosi dall'abbraccio.

«Ed io sono molto felice che mi abbiate invitato.» In realtà ero parecchio nervoso, ma tentai in tutti i modi di mascherare le mie emozioni. La madre di Lisa sembrava una signora davvero simpatica e dolce: i capelli lunghi e biondi le ricadevano sul viso affetto da qualche lentiggine attorno al naso. Aveva qualche accenno di rughe sulla fronte, ma niente faceva pensare che fosse una vecchia megera. 

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