Capitolo 30

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Ad est, la luna, accompagnata dalle sue file di stelle, iniziava a sorgere. Chiusi gli occhi per qualche attimo e, senza accorgermene, mi addormentai per qualche breve istante. Al mio risveglio, la sinfonia luminaria di stelle, aveva già fatto capolino nel cielo blu della notte. Era incredibile come la natura potesse cambiare in una manciata di secondi, non c'era niente che mi sorprendesse come il passaggio dal giorno alla notte. Eppure, riflettendoci, non è una cosa così sorprendente: sin dalla creazione, il sole e la luna, si alternano nel cielo. Non sapevo spiegarmi quello stupore e così finii per restare a fissare il cielo immobile, come quando un bambino vede qualcosa per la prima volta e resta a guardarla imbambolato. Mentre guardavo il cielo, la mia mente ripercorse tutto quello che mi era successo fino a quel momento. Con un solo morso, la ragazza di cui ero innamorato, mi aveva stravolto completamente la vita. Ero passato dall'essere un semplice ragazzo delle superiori, ad essere un licantropo che va alle superiori. Non è una cosa che accade tutti i giorni e, soprattutto, non credevo nemmeno che potesse succedere un simile avvenimento. Dopo il morso le cose sono cambiate, ero riuscito a conquistare la ragazza dei miei sogni, avevo detto a J la verità rischiando di perderlo e avevo quasi ammazzato Mark, il mio compagno di classe.

Poi era arrivata la luna piena e, con essa, i miei problemi a controllare i miei nuovi poteri da ragazzo lupo. Con gli allenamenti, e l'evolversi del rapporto con Lena, non avevo avuto un attimo per fermarmi e pensare a cosa stesse succedendo nella mia vita. Non ci avevo mai pensato, ad essere sincero. Ma, in quel momento di pace e tranquillità, stavo iniziando a risentire il peso di tutti gli eventi accaduti: era tanto da digerire. Ormai, anche volendo, era troppo tardi per tornare indietro. Non rimpiangevo di essere cambiato in quel modo, l'unico pensiero che mi stava ronzando in testa, in quel momento, era sapere se ci fossero altri licantropi oltre me, Lena e la sua famiglia. Mi ero fatto raccontare qualcosa da Lena e suo padre ma, per il resto, ero completamente a secco d'informazioni.

«Chissà cosa mi riserverà il futuro.» Parlai a me stesso, ad alta voce

«Una cosa è certa, dopo il diploma mi trasferirò a Soldor con Lena e John. Chissà, magari, nella più grande città dello stato, incontrerò altri licantropi.»

In quel momento avevo la testa piena di dubbi e di preoccupazioni, c'erano troppi pensieri che viaggiavano nella mia piccola testa da adolescente smarrito. Mentre tentavo di spegnere la testa e di ricacciare ogni singolo pensiero nell'antro più buio del mio cervello, il telefonò, con mia sorpresa, squillò.

"Non ricordavo di averlo portato con me" pensai, fissando il nome che appariva sul display. Decisi di rispondere.

«Finalmente Bro, ma dove cavolo ti sei cacciato? Ti ho cercato dappertutto, a casa non c'eri, al parco nemmeno e non eri neanche a casa di Lena. Ti ho chiamato un sacco di volte ed hai risposto solo ora.»

John pareva preoccupato. Comprensibile, visto che ero sparito senza avvisare.

«Avevo voglia di fare due passi. A dire la verità, non sapevo nemmeno di avere con me il cellulare, credevo di averlo lasciato a casa. Forse, nel posto in cui mi trovo, non c'è molto segnale, ecco perché non ho ricevuto le tue chiamate. Comunque, sto per tornare a casa. Ci vediamo li» dissi mentre mi alzavo dalla roccia.

«Per me va bene, qui con me c'è Lena, è preoccupata» continuò J.

«Sono subito da voi.»

Chiusa la telefonata, rimisi il telefono in tasca e iniziai a correre verso casa. Percorsi il piccolo sentiero pieno di alberi e cespugli di more, oltrepassai le sbarre con scritto "Non entrare, Zona vietata" e mi infilai nella serie di giardini che mi avrebbero riportato a casa. Arrivai a casa qualche minuto dopo aver ricevuto la chiamata, mi infilai nel giardino dei miei ed entrai dalla finestra di camera mia. Richiusi la finestra e scesi in cucina, salutai i miei genitori ed aprii la porta per uscire. Lena e J mi aspettavano come guardie del corpo davanti casa, alla mia vista, Lena, balzò fuori dall'auto e mi corse incontro, lasciando J totalmente sorpreso della velocità di quel gesto.

«Dove sei stato? Ero preoccupata, non rispondevi al telefono e non riuscivo a sentire il tuo odore in giro. Pensavo ti fosse successo qualcosa di grave.» Lena premeva le mani contro la mia schiena e mi stringeva come se le fossi mancato per un mese. Non credevo di aver fatto qualcosa di così grave, era stata solo colpa di quel maledetto telefono. Bastava che mi spostassi poco fuori paese, per far perdere il segnale.

«Ero uscito di casa con l'intenzione di fare una passeggiata, poi mi sono ritrovato sulla collina a ripensare alla mia vita. Il telefono ha perso il segnale ed era come se fosse sparito, ma ora va tutto bene. Sono qui.» La strinsi a mia volta e poi le diedi un bacio sulla guancia. «Ti amo tanto.»

«Ti amo anche io, ma mi sei mancato. Non fare ma più una cosa del genere.» disse Lena accarezzandomi il viso.

«Non accadrà mai più» risposi guardandola negli occhi.

«Ehi ragazzi, guardate che ci sono anche io. Giuro di essere preoccupato tanto quanto Lena.» J era sceso dalla macchina e se ne stava fisso a guardare.

«Vieni qui Bro!» dissi urlando per strada.

«Ehi, ma come sei elegante» continuai sorridendo e battendogli il cinque.

«Appuntamento con Lisa, non importante. Dove diavolo sei stato per tutto il pomeriggio?» Chiese J

«Ero su una piccola collina ad ammirare il paesaggio» risposi.

«L'importante è che sei tutto intero. Ora devo lasciarvi soli, Lisa mi aspetta. A domani, piccioncini» disse J mostrando un largo sorriso sulla sua bocca.

«Buon appuntamento, John John» dissi ridendo.

«Questa me la paghi, Racconcino» John rise di gusto, poi accese il motore della sua macchina e sparì nel buio della notte lasciando me e Lena completamente soli.

«Ti va di rimanere con me?» Chiesi a Lena prendendole la mano. Lei non rispose, arrossì e annuì semplicemente. 

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