Capitolo 25

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Durante il tragitto non ebbero alcuna difficoltà a procurarsi del cibo, a differenza di molti altri clan di licantropi, loro possedevano grandi capacità di caccia. Gli Occhi Bui, chiamati così per via dei loro occhi completamenti neri, erano un clan forte sotto ogni aspetto: produttivi dal punto di vista agricolo, veloci e letali sia nella caccia che nel combattimento e con una vista formidabile sia di giorno che di notte. Potevano vantare una forza e strategia militare al dir poco sorprendente, un tempo sarebbero stati secondi solo alla forza dei licantropi di Kardia. Ma ora Brad era morto e Kardia era andata perduta, rimanevano solo loro. In quanto al loro capo, Envy, si poteva dire che odiasse ogni altra forma di vita al di fuori del suo popolo. Tutto questo lo doveva a suo padre Walter che, nei suoi anni di governo, aveva applicato una politica molto semplice ed efficace: uccidere chiunque infrangesse le regole che lui stesso aveva stabilito. Envy, anche se si professava diverso da suo padre, uccideva per il puro piacere personale. Il calore del sangue del nemico sulle proprie mani, gli artigli e le zanne intrisi di sangue lo mandavano in estasi. Era spietato e chiunque entrasse nel suo territorio non ne usciva vivo. Ma non era sempre stato così. Envy Rushford, nato dall'unione di un'umana e un licantropo, visse la sua infanzia e adolescenza su un villaggio in montagna. Sin da ragazzo, aveva sempre mostrato segni di una forza e capacita fisiche oltre la media dei normali licantropi: proprio per questo, il padre, decise di insegnarli diversi stili di combattimento.

 Envy, però, odiava combattere: non aveva ereditato la malvagità di suo padre. Walter sottoponeva il figlio ad un addestramento doloroso ed estenuante persino per un giovane licantropo, e tutto questo solo perché voleva che il figlio ereditasse il titolo di capo di stato. Ogni giorno il ragazzo tornava a casa con ferite che impiegavano ore a guarire. Sua madre, Trisha, non riusciva sempre a sottrarre il figlio dall'allenamento violento del padre, ma quando ci riusciva i due passavano momenti così intesi da far dimenticare a Envy tutto il dolore che Walter gli provocava. Le giornate tra madre e figlio erano gli unici momenti in cui Envy rivelava la sua vera natura. Era un ragazzo dolce, gentile e disposto ad aiutare gli altri. Completamente diverso dal padre, Envy non visse un'adolescenza facile, soprattutto quando la madre morì. Essendo di razza umana non aveva una prospettiva di vita molto lunga: aveva settant'anni quando morì. Si dice che la morte abbia un odore ben distinto, e si racconta che i licantropi possano percepire l'odore di un umano in punto di morte quasi come si percepisce l'odore di una torta appena sfornata. Envy non aveva mai creduto a quelle storie raccontate nelle notti di luna piena intorno al fuoco, ma quel giorno sperimentò quelle storie sulla propria pelle. Quel giorno, sin da quando aveva aperto gli occhi, Envy sapeva che sua madre l'avrebbe lasciato per sempre. Rimase accanto lei per tutto il giorno sino al calar della sera. Allo scoccare della mezzanotte, Trisha, con le poche forze che le rimanevano accarezzò la folta capigliatura nera del figlio, guardò i suoi marcati occhi azzurri striati di grigio, completamente diversi dal resto del clan, sorrise e gli prese la mano.

«Tesoro sono molto stanca. Ho bisogno di riposare. Ricordati che io ti amo più ogni altra cosa al mondo, non lasciare che tuo padre ti cambi. Insegui i tuoi sogni, fallo per me. Ma soprattutto, fallo per te stesso.» La donna, col viso ormai marcato dalla vecchiaia, chiuse gli occhi accarezzando per l'ultima volta la mano del proprio figlio.

Envy, ormai in lacrime, ascoltò con dolore quelle che sarebbero state le ultime parole della madre. Distrutto dalla perdita, poggiò la testa sul grembo della propria madre e pianse.

«Te lo prometto mamma. Sarai fiera di me.»

Gli anni trascorsi col padre lo trasformarono e del ragazzo, dolce e gentile, che Trisha conosceva, ne rimase solo il ricordo. Passò del tempo prima che Walter morisse, il tempo necessario affinché Envy dimenticasse la promessa fatta alla madre. Alla fine, alla veneranda età di trecento anni, Walter morì solo nella sua villa in montagna. Anni dopo, all'arrivo degli Occhi Bui sulle montagne di Soldor, Envy incontrò Roy per ripagare il danno fatto dal padre. Un gesto fatto solo per ingraziarsi ancora di più il volere del proprio clan. Ad Envy non importava nulla delle scaramucce del suo vecchio con gli altri capi di governo, ma compiere quel finto gesto di pace avrebbe creato un clima di pace con Roy. Dopo quel giorno, Roy ed Envy non ebbero più nessun contatto. Tutto tornò alla normalità, come se nulla fosse accaduto. Nei giorni successivi all'incontro con Roy, Envy fece la conoscenza di un vecchio, a quel tempo sconosciuto, che cambiò totalmente la sua vita.

Era una notte tenebrosa, sulle montagne di Soldor soffiava un vento gelido. La luna illuminava il tetro paesaggio, nascondendosi, per brevi tratti, dietro le nuvole che correvano in cielo trasportate dalla corrente. Nella sua dimora, all'interno di una caverna talmente grande da contenere una piccola villa, Envy sedeva sulla poltrona del suo soggiorno. Ma non era da solo, di fronte a lui sedeva l'uomo incontrato subito l'incontro con Roy. I due sedevano l'uno di fronte all'altro, braccia poggiate sui braccioli delle poltrone, gambe poggiate saldamente al pavimento e viso contorto in un ghigno maligno. Col tempo, Envy aveva imparato che il vecchio era il più spietato licantropo mai conosciuto, i due andavano molto d'accordo: difatti stavano progettando di conquistare ogni clan esistente, e avrebbero iniziato proprio da quello sotto la montagna. Erano disposti a uccidere chiunque intralciasse il loro cammino verso la conquista.

Envy adorava i discorsi del vecchio, sembrava quasi che pendesse dalle sue labbra, era come se ogni parola dell'uomo provocasse in lui un senso di obbedienza e piacere incontrollato. Il vecchio era riuscito a penetrare nella mente di Envy senza alcuna difficoltà. Molti componenti del clan degli Occhi Bui, vedendo lo svolgersi delle vicende, iniziarono a credere che il vecchio avesse mutato il comportamento del loro capo. Envy era spietato e cattivo, ma era giusto con il suo popolo e, nonostante fosse un bastardo come pochi, non avrebbe mai pensato di dichiarare guerra a qualcuno senza un valido motivo.

«Dimmi... Envy» disse l'uomo «Quando smetteremo di parlare per passare ai fatti?» Domandò il vecchio roteando gli occhi cerulei.

«Presto, mio caro Yuria. Presto ci prenderemo tutto quello che ci spetta di diritto. Roy e la sua piccola accademia da strapazzo cadranno nelle mie mani e, dopo di lui, ogni altro licantropo di questa terra s'inginocchierà al mio cospetto.» Envy pronunciava le parole piene di odio con una leggerezza che sembrava surreale. Persino la sua defunta madre, se lo avesse visto, avrebbe provato disprezzo. Il pensiero della madre si fece strada nell'oscura mentre dell'uomo, però, in tutta quell'oscurità, un ricordo materno così puro non aveva scampo. Così si dissolse lasciando il posto a nuovi pensieri di malvagi.

«Parli spesso di questo Roy, ma dimmi... come mai vuoi iniziare proprio da lui. Se non sbaglio, la sua accademia è composta da studenti innocui, non credo che possano rappresentare un pericolo.» Gli occhi del vecchio brillarono al lume della candela mostrando tutta la curiosità che aveva a disposizione.

Le parole di Yuria destarono la natura primordiale di Envy. Un'oscurità profonda si impadronì dei suoi occhi, mutandoli da azzurri a neri: le zanne si allungarono fuoriuscendo dalla sua bocca e mostrandone le punte affilate. Envy sorrise e mosse la mano che, con un semplice scatto, fece fuoriuscire degli artigli ben affilati: alzò il braccio e portò la mano vicino ai suoi occhi, la guardò e poi la lasciò cadere sul braccio della poltrona.

«Per il potere.» Gli occhi duri e cupi si poggiarono su quelli del vecchio «Uccidere Roy mi permetterebbe di diventare ancora più forte, bere il suo sangue mi trasformerebbe in un essere invincibile. Ma prima di uccidere lui, farò a pezzi ogni singolo membro della sua stupida accademia. Voglio vederlo soffrire, voglio vedere la luce della vita che abbandona i suoi occhi. Il dolore accumulato si trasformerà in odio che non potrà sfogare perché sarà troppo tardi per reagire. Lo ucciderò lentamente. Il suo sangue pieno d'odio mi renderà ancora più potente.» Envy ormai era in estasi, una goccia di densa saliva cadde dalle sue zanne, la bocca si chiuse in un sorriso maligno per poi scoppiare in una risata fredda e scura coma la notte. Il vecchio Yuria, sorpreso dalla malvagità dell'uomo, scoppiò in un applauso fragoroso.

«Ho bisogno di tempo per preparare un esercito, dopodiché invierò a Roy una dichiarazione di guerra. Concederò loro del tempo per prepararsi, voglio dare loro l'illusione di poter vincere così da rendere ancora più amara la sconfitta.» L'ultima goccia di malvagità si consumò e la stanchezza tornò a impossessarsi del suo corpo. Envy si sentiva incredibilmente abbattuto: il volto tornò alla normalità e gli occhi ripresero a risplendere di un azzurro che andava a scurirsi sempre di più. Alzatosi dalla poltrona, Envy salutò il vecchio e si recò nella sua camera da letto. La notte non fu molto facile per l'uomo, vecchi ricordi tormentarono la sua mente: nei suoi sogni rivide i giorni in cui era tutto diverso e la sua amata madre era ancora in vita. Il suo cuore si espanse come colpito dall'affetto più puro, ma non fu abbastanza. L'amore della madre, in quel momento, non sarebbe bastato, perché ormai era andato perduto.

Lasciato completamente solo, il vecchio Yuria sorrise nell'oscurità della stanza, felice di aver corrotto ancora di più la mente malvagia del licantropo.

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