Natasha Romanoff/Reader

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Richiesta.
Prompt: "Non innamorarti di mia sorella", più facile a dirsi che a farsi, soprattutto se la sorella in questione era Natasha Romanoff.

Been waiting for you to make a move (before I make a move)

<<Numero uno?>>, chiese Yelena, indicando il ragazzo con un veloce movimento del capo. Lo studiai con attenzione: alto, biondo, occhi chiari, indossava un maglione grigio che metteva in mostra i suoi muscoli e un paio di pantaloni neri. Scossi la testa.

<<Cosa? Perché no?>>, domandò, il suo accento russo ancora forte e presente come quando era una bambina. 

<<Perché non sono Wanda>>, dissi, bevendo un sorso di birra. A vista, potevo dire che quel ragazzo era più tipo della nostra amica che mio. 

<<Okay...allora, numero due?>>. Questa volta, indicò una ragazza dai capelli mori, ovviamente era seduta di fronte, affinché potessi guardarla per intero.

<<Carina, ma nemmeno lei è il mio tipo>>, ammisi, alzando le spalle. 

<<Cosa combinate voi due?>>, volle sapere Natasha mentre si sedeva tra di noi.

<<Giochiamo a "uno due tre è tuo/a">>, spiegò sua sorella minore, guardandola con divertimento. La più grande inarcò un sopracciglio, alternando lo sguardo tra di noi.

<<E' un modo per divertirci e trovare qualcuno di interessante. A seconda dei gusti di una, l'altra indica delle persone nella stanza. Se passi il primo, si va al secondo e se passi anche lui o lei, allora ti tocca per forza di cose la terza persona che indica l'altra>>, continuai. <<Vuoi giocare?>>, proposi.

<<Assolutamente no. Quando ci siete voi due di mezzo, è meglio tenere le distanze>>, disse la donna, scuotendo la testa con espressione confusa.

<<Oh, andiamo, Natasha!>>, esclamò sua sorella. Presero a litigare in maniera scherzosa, come accadeva ogni qualvolta passavano più di dieci minuti insieme. Le avevo conosciute quando ero poco più che una bambina: avendo sei anni, come Yelena, frequentavamo la stessa scuola e siccome non avevo legato con gli altri bambini della classe, anche se era arrivata per ultima, avevo subito sentito una forte connessione con lei. Col passare del tempo, diventammo amiche e conobbi la sua famiglia, ecco come entrò in scena la dodicenne Natasha. Dal primo momento in cui le avevo incontrate, mi ero resa conto che avevano questo modo buffo di interagire l'una con l'altra che somigliava ad un litigio che, tuttavia, sapevamo tutte e tre non essere per niente serio. 

<<Ehm...scusate, io non avrei ancora finito il mio turno>>, feci notare alle due sorelle. Yelena smise subito di parlare, guardandosi intorno con interesse. Sapevamo entrambe che questa sarebbe stata la scelta definitiva, dunque spettava a lei decidere se puntarmi in direzione di una persona davvero interessante oppure no, giusto per infastidirmi.

<<Non potete continuare in un altro momento? Sono tornata a casa per stare con voi, sarei molto triste se tu andassi via>>, mormorò Natasha, guardandoci entrambe con gli occhi dolci. Yelena sbuffò, fingendosi annoiata, ma poi annuì. Io sorrisi.

<<Aww, hai sentito la nostra mancanza, Natty?>>, domandai, imitando il tono di voce di una bambina. 

<<Fai silenzio>>, ordinò con finto tono severo.

<<Sissignora>>, dissi, facendo il saluto militare. 

<<Quindi, sorellona, come ti tratta la vita a New York?>>, chiese Yelena. 

<<Bene. Sto seguendo un corso che mi abiliterà all'insegnamento della lingua russa. Ho un po' di preoccupazioni poiché sono ancora relativamente giovane, ma penso di potercela fare>>, disse con un piccolo sorriso orgoglioso. Il fatto che il russo fosse la loro lingua madre, la rendeva una candidata ottima per l'insegnamento e perciò non mi sorprendeva che riuscisse a trovare lavoro così facilmente. Nonostante la giovane età sapevo benissimo che ce l'avrebbe fatta. 

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