32. XXIV Chapter

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Con la mano mi strinse forte la gamba e me la accarezzò per rassicurarmi.

«Ecco signora..» deglutii a malapena.
"Devo darle del tu".

Abbassai lo sguardo come per cercare le parole giuste, sempre che ce ne fossero state. "Parla" la vocina, anche lei terrorizzata cercò di farmi coraggio, non era per niente facile, non ce l'avrei fatta.

«Johannah, io non so..» la mia gola era secca, non sarei riuscito a finire se non mi fossi affrettato a dirle tutto.
Mi guardò perplessa, come se non stesse capendo niente, beh, come biasimarla.
Mi voltai verso Louis, mi fissò e riportò lo sguardo poi su sua madre che nel frattempo corrugò le sopracciglia e si fece più seria, quasi arrabbiata.

No arrabbiata no, ti prego.

«Io e Louis, come ha detto, siamo subito diventati buoni amici..» alzai gli occhi verso di lei. «È stato facile per noi fare amicizia».

Fece un accenno con il capo e mi fece segno di proseguire, Louis spostò la sua mano nella mia, sul tavolo, per poi farla scivolare sulle sue gambe.
«Stai tremando» mi sussurrò divertito.

«Dove volete arrivare?» chiese diffidente e dubbiosa.
Mi alzai dalla sedia lasciando la mano di Louis e mi avvicinai a lei, a pochi passi dal suo viso, fece un passo indietro come se avesse paura ed io avanzai successivamente.

«Johannah» la guardai negli occhi cercando il suo sguardo sul mio. «Io amo suo figlio»

Silenzio.

Sul suo volto non apparve niente, era rimasto lo stesso di qualche minuto prima, incerto, scontroso, titubante.
Non si era resa conto della situazione venuta a crearsi, pensava stessimo scherzando, "uno scherzo di pessimo gusto". Aprì la bocca e la richiuse subito dopo come se si fosse mangiata le parole, la sentii deglutire così violentemente che le andai a prendere un bicchiere d'acqua fresca, con la mano ancora tremolante.

«Ho pensato potesse servirle» le porvi il bicchiere d'acqua, aspettando che lo accettasse e che lo prendesse tra le sue mani.
Era bloccata.
Da testa a piedi.
Guardava un punto fisso, il pavimento, molto probabilmente.
Mi voltai verso Louis, sembrava preoccupato e divertito allo stesso tempo, aveva la mano davanti alla bocca e non so se servisse per trattenere le risate o cosa.
Forse me ne dovevo andare, dovevo lasciarli da soli, lasciarli parlare. Ero di troppo in quel momento.

«Signora io..» i suoi occhi non si spostarono dal tappeto ben disegnato. «Mi dispiace, arrivederci».
Con le lacrime agli occhi presi il giubbotto e corsi fuori asciugandomi le lacrime con la mano ancora palpitante.
Perché è così difficile venire accettati?
Perché non possiamo essere anche noi una coppia normale e rispettata?
Avevo paura di non riuscire a sopportare tutto questo tradizionalismo, tutta questa opposizione verso persone comuni che si amano, indipendentemente dal sesso.

«Harry!» la voce di Louis dal pianerottolo di casa mi rincorse eliminando tutti quei pensieri dolenti. Venne verso di me sbattendo la porta alle sue spalle. «Harry, mi dispiace» mi prese le spalle con le mani, cercando di tenermi fermo. «Io..»

«Tu cosa? Hai voluto pensare che avesse capito, pensavi che ci avrebbe accolto a braccia aperte senza dire niente?»

«Beh..» alzò un sopracciglio e rifletté.

«No Louis, questo non poteva accadere. Questo è il mondo reale, questo è un mondo difficile Louis, non sempre le cose vengono capite nonostante a noi possano sembrare così normali. Per l'amor di Dio, come abbiamo potuto credere che ci avrebbe compreso?»

«Mi dispiace Harry, pensavo..»

«Ti dispiace? È solo questo quello che sai dire? Te ne sei stato li, a ridacchiare per tutta la conversazione, a prenderti il gioco di me mentre cercavo di parlarle. Non mi hai aiutato, non hai cercato di parlare o anche solo di tranquillizzare tua madre quando era in preda alle palpitazioni. Pensavo che glielo avremo detto insieme, come una vera coppia sa fare ma a quanto pare mi sbagliavo»

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora