117. XCVVVIII Chapter

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«Beh» si avvicina e allarga le braccia «non mi abbracci?» fa l'occhiolino.
«non ho niente da dirti Jake» rispondo con aria fredda, non voglio più vederlo «mi hai rovinato in quel periodo»
«rovinato» ripete «sei troppo duro con me» dice «ti sei divertito e lo sai»
«Stai scherzando?» corrugo le sopracciglia, divertito? mi sono divertito secondo lui?! «Ho vomitato e sono stato malissimo!»
«Ma questa è solo una conseguenza» si avvicina ciondolando tra i piedi «guardami negli occhi e dimmi che per neanche un istante hai provato sensazioni come euforia, allegria e felicità, dimmi che insieme a me sono stati i giorni peggiori della tua vita» è a cinque centimetri da me, cerco di tenergli testa, non voglio fare il bambino e allontanarmi a testa bassa.
«Vedi?» ribadisce «andiamo Harry, non puoi mentire a te stesso»
«Vattene» quasi sussurro.
«Ma vedi, sono consapevole del fatto di averti fatto intraprendere una strada più dura» dice, non capisco dove vuole arrivare «ed è per questo che ti aiuterò a riprenderti»
Sento la porta della camera cigolare, mia madre si è alzata.
«Io sto bene anche senza il tuo aiuto» rispondo alla sua offerta «non ho bisogno di te»
«Ah no? E quella cos'è allora?» indica la bottiglia di whisky, la guardo senza fiatare, «non stai bene, Harry. Lo sai bene»
Sento i passi di mia madre scendere le scale.
«Tesoro» mi chiama «chi c'è li?» domanda.
«Nessuno mamma, non preoccuparti» rispondo senza staccare gli occhi di dosso a Jake.
«Oh è un tuo amico?» quando raggiunge il salotto vede entrambi in piedi, a pochi centimetri l'un dall'altro.
«Se ne stava andando» dico schietto.
«Beh il mio numero ce l'hai, io posso darti una mano» sussurra in modo che solo io senta «so che farai la cosa giusta» si avvia alla porta
«Arrivederci signora!» e la chiude sbattendola forte.

«Sembra un bravo ragazzo» nota mia madre, «è un compagno di scuola?» chiede.
«Non è importante, mi è solo venuto a salutare»
«Amore, esci con i tuoi amici, divertiti! Non vorrai mica stare chiuso in casa per sempre»
«Voglio prendermi cura di te, mamma»
«Oh Harry, io ce la farò! Credimi» ha appena perso suo marito, non si riprenderà in fretta, voglio starle accanto, voglio prepararle la colazione, farle il bucato, stirarle le magliette.
«Harry veramente, vivi la tua vita. Io starò bene» sorride.
Vorrei tanto riuscire a continuare la mia vita, fare le cose che facevo anni prima e uscire ogni weekend ma non posso, voglio scomparire dalla faccia della terra, non voglio vedere più nessuno perché tutti mi riporteranno ai vecchi ricordi, tutti mi faranno ricordare mesi fa, quando ero felice, con Louis. Non voglio rientrare in quel mondo oscuro pieno di dolore e sofferenza. Sto meglio così, con il mio bourbon, mia madre e il mio diario. Continuerò a frequentare la scuola serale e lavorare in quel maledetto bar, racimolerò abbastanza soldi per comprare una casa in campagna, contornata dal verde e dalle immense terre coltivate. È l'unico modo, non voglio più soffrire così tanto.

«Credo andrò a letto un altro po'» annuncia mia madre.
Quando la sento chiudere la porta tiro fuori la bottiglia di bourbon che nascosi prima quando mia mamma scese le scale, la apro e bevo il primo sorso. Mi siedo sul divano e fisso la televisione spenta.

Quando la bottiglia è già arrivata a tre quarti tiro fuori il diario e incomincio a scrivere senza fermarmi.

Ed eccomi qui, caro Louis.
Non ti scrivo da qualche giorno forse e devo dire che le cose sono cambiate. In peggio ovviamente.
Mio padre è morto. Se n'è andato per sempre, non lo rivedrò più. Nelle ultime ventiquattro ore ho pianto così tanto, ma devo dire che ora sto molto meglio. Beh devo ammettere che da ubriachi il cuore è molto più leggero, sai, non ci sono più quei problemi che da sobrio affliggono senza sosta la mia mente. In questo momento è tutto più facile e tu sei solo un ricordo come tanti.

Il cellulare squilla senza sosta, lo tiro fuori dalla tasca posteriore e il numero non è salvato nella rubrica. Rispondo impacciato e prego il signore che non sia il mio capo di lavoro.
«Parlo con Harry Styles?»
«Si»
«Sono la direttrice di un agenzia di photo-shooting e volevo chiederle un incontro» sono confuso, non ho idea di cosa stia parlando.
«Di che cosa si tratta?»
«Ha rilasciato un intervista settimane fa e il giornale vorrebbe farle un articolo dedicato. Ci hanno contattato per farle un set fotografico. Nulla di particolare, solo alcune foto»
«Purtroppo non ho denaro a sufficienza per venire a Londra» ho messo da parte qualche centinaio di sterline ma non ho intenzione di spenderle per andare a fare delle stupide foto.
«Il viaggio glielo paghiamo noi, ovviamente. Inoltre avrà una ricompensa per averci dedicato del tempo» cerco di liberare la mia mente, l'alcool sta continuando a fare effetto.
«Mi servirebbe la sua email, dovrò mandarle i biglietti aerei a/r»
Rispondo balbettando e una volta data la email la tizia si congeda augurandomi una buona giornata.



Dovrò ritornare a Londra.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora