45. XXXVI Chapter

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Mi trovo a casa, seduto nel divano, la televisione è accesa, mi guardo intorno, non c'è nessuno. Sento un suono, mi giro, la televisione sta proiettando un video, è vecchio e un po' sfuocato. Ci metto un po' per capire veramente cosa sto guardando.
Sono io, sono piccolo, sono ad un'età dove i problemi non esistono, sto cercando di imparare ad andare in una piccola bicicletta a due ruote, mi giro verso l'obbiettivo e sorrido salutando con la mano. Cado a terra perché non so mantenere l'equilibrio, un uomo alto e con delle grosse mani mi aiuta ad alzarmi, è mio padre. Il video si ferma di colpo, si blocca per qualche istante e poi riparte con una scena dove sto soffiando le candeline, è il mio compleanno, il mio quarto compleanno. Sono bombardato di regali ed il video ne è la prova. Sono contento, rido e intravedo le fossette. Mia madre mi aiuta a spegnerle e poi si rimette a sedere, di fianco a me. La televisione si spegne. Cerco di riaccenderla ma non funziona più. Decido di alzarmi, mi guardo per l'ennesima volta intorno, non c'è nessuno. Dove sono tutti?

Sento un rumore provenire da sopra, non riesco a capire che cosa sia, prendo coraggio e salgo le scale, il cigolio del legno ormai consumato mi spaventa ma decido di continuare a salire.
Vado in camera mia, c'è Louis disteso sul letto, mi sente arrivare.

«È tutto finito» dice secco. Non capisco, non riesco a comprendere le sue parole.
«Vattene» ordinò guardando fisso sul soffitto.

Opto per l'opzione dove lui è ubriaco e decido di dirigermi in bagno, devo rinfrescarmi la faccia.
Oltrepasso la porta e arrivo davanti allo specchio, non vedo il mio volto, lo specchio continua a riflettere il muro, io non ci sono.
Lancio un urlo, com'è possibile?
Esco dal bagno correndo e vado verso la prima camera che mi capita, quella dei miei genitori.

Non capisco bene cosa sia.
Non capisco cosa sta succedendo.
C'è un tunnel, un tunnel completamente bianco. Il letto è completamente scomparso. Sembra una forza magnetica, mi sta attirando a sé.
Decido di fare un passo avanti.
Sento la mia mano tirare verso l'indietro, un piccolo bambino mi sta tirando verso l'indietro, sono io, quel bambino sono io. Non parla, si limita a tenermi la mano e portarla verso di lui.

«Harry» Louis entra rapidamente in camera. Per un momento non capisco più niente.
«Quello di prima» corruga le sopracciglia «non ero io» cerca di spiegare.

«Rimani, non andare oltre» sembra non accorgersi del bambino. «Ti prego».

Non riesco più a controllarmi, la mano scrolla via quella del piccolo bambino, i miei piedi fanno un altro passo avanti. Non riesco a comprendere ciò che sta succedendo.

«Harry» una voce familiare sibilò nella stanza. Mia madre.
Sembra triste, una voce preoccupata, allarmata. Non riesco a scorgere il suo viso, nella stanza non c'è.

Louis avanza verso di me, mi prende la mano, e la spinge verso sé, il bambino non c'è più.

«Harry» mia madre continua a ripetere il mio nome, sempre più forte.

Louis mi attira a sé.
Mi giro per guardare quel buco bianco.
È scomparso.
Ho vinto. Ce l'ho fatta.
Faccio per abbracciare Louis, non c'è più.

Sgrano gli occhi, batto le ciglia ripetutamente. Tutto è diventato nero, non vedo più niente.
Mi tocco il viso con le mani.
Apro gli occhi.

«Mamma»

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora