95. LXXXVI Chapter

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Mi sveglio di sopralzo cercando di capire che ore sono. Fuori è notte e le luci esterne del palazzo riflettono nelle coperte. Louis è accanto a me, resto qualche secondo a fissarlo, il suo viso é così bello e i suoi capelli scompigliati mi fanno venir voglia di toccarli.
Ho dormito troppo ed ora non ho più sonno, non ricordo bene come mi sono addormentato, volevo aspettare che ritornasse da lavoro ma a quanto pare non ce l'ho fatta, ero esausto.
Guardo l'orologio digitale sopra il comodino, segna le 4.38 del mattino, decido di alzarmi e di andare a bere un bicchiere di acqua. Cerco di non fare rumore e provo a scendere le scale lentamente per evitare che qualcuno si svegli, quando arrivo al pavimento mi avvio verso la cucina, il salotto è perfettamente in ordine e dalle enormi vetrate riesco a vedere le innumerevoli stelle che appaiono nel cielo sereno.

Il sonno è scomparso e insieme a quello anche la voglia di ritornare a letto. Indosso ancora i vestiti di ieri ma sembrano perfettamente puliti e profumati. Mi affaccio ad una delle grandi finestre del salotto e osservo il paesaggio. È così bello, così irreale, il cielo si è fatto più chiaro e tra un po' dovrebbe sorgere l'alba, il London Bridge ora è molto più visibile e riesco a vedere particolari a cui non avevo mai fatto caso. A pochi metri dal palazzo c'è un enorme parco con una stradina all'interno, nonostante sia così presto ci sono delle persone che camminano e altre che se ne stanno comode sulle panchine. Questa città è così viva, attiva 24h su 24 ed è strano per uno che non ha mai vissuto in paesi così grandi.
Tra un pensiero e l'altro decido di scendere giù e di andare a fare quattro passi, tornerò prima che gli altri si svegliano.

Quando finisco di incappucciarmi per bene prendo le chiavi dal vaso affianco alla porta e giro la maniglia facendo poco rumore, esco e la richiude silenziosamente.
«Signore» faccio un sussulto «Cosa fa in piedi a quest'ora?» quando mi rendo conto che è solo George lancio un sospiro di sollievo e cerco di giustificarmi.
«Buongiorno George, vado a fare due passi, non riesco a dormire» dall'uomo alto con le braccia simili ad un armadio riesco ad intravedere i suoi occhi rossi dal sonno, non avrei problemi ad invitarlo a riposarsi in casa ma non so se Louis sarebbe d'accordo.
«È sicuro? Non vorrei incappasse in qualche ubriaco o drogato, questa zona ne è piena» ha ragione, potrebbero essere pericolosi ma non sono ancora uscito da quando siamo arrivati se non per andare a scuola.
«Non si preoccupi George, tornerò prima che gli altri si sveglino» lo rassicuro e gli lancio un sorriso.
«Va bene, mi fido. Mi dia pure del "tu" signore, mi fa sentire vecchio» ride amichevolmente ed io ricambio salutandolo, entro in ascensore e premo il pulsante 0, secondo la logica dovrebbe essere il piano terra e quindi la via d'uscita.

È più veloce del previsto e arrivo giù in un baleno, quando esco la porta principale è davanti a me, passo l'enorme sala contornata da divani e poltrone, è molto simile ad una hall d'hotel, e poi è molto bella.

Il freddo è quasi insopportabile nonostante il cielo sia coperto solo da poche nuvole, metto il cappuccio e alzo la sciarpa di lana fino al naso. Da quaggiù è tutto diverso, è tutto molto più bello e realistico, qui riesco solo ad intravedere il parco e il London Bridge è inesistente, presuppongo stia calando la nebbia.
«Mi scusi» un uomo alto dai capelli nascosti dal cappello mi viene addosso, sono ancora davanti alla porta principale e lui non deve avermi visto.
«Non si preoccupi» mi rivolgo con gentilezza, infondo non mi ha fatto niente.
«Lei è il signor Styles?» mi chiede confuso, ha ancora l'aria un po' assonnata.
«Si, ci conosciamo?» chiedo, non vorrei sembrare troppo garbato.
«No, assolutamente. Ho sentito che sarebbe arrivato uno nuovo qui così ho dedotto fosse lei» indica il grande palazzo e faccio cenno di sì, nonostante ci abiti un infinità di persone tutti gli abitanti di questo edificio si conoscono anche solo di sfuggita ed è normale che la voce giri.
«Anche lei fa camminate mattutine?» mi chiede un po' scherzosamente.
«In realtà è la prima volta, non conosco bene la zona» rispondo impacciato.
«Beh allora andiamo insieme, le faccio un piccolo tour turistico» con il braccio mi stringe la spalla e mi trascina in strada, poi la molla e mette entrambe le mani in tasca.
«Io mi chiamo Eric, lei?»
«Harry, piacere» il freddo mi sta congelando anche le punte delle dita dei piedi, sarà difficile abituarmi a questo clima freddo.
Quando passiamo la strada non troppo trafficata entriamo nel sentiero che da lassù riuscivo a vedere, il fiume a fianco scorre ad una velocità incredibile ed il suono dei clacson incomincia già a farsi sentire.
«Adoro questo momento della giornata, mi aiuta a passare il giorno in modo più rilassante» ammette guardando avanti «sono sicuro piacerà anche a lei» sorride.
«Lei lavora?» chiedo, non voglio sembrare un tipo solitario, devo cercare di farmi più amici possibili.
«Si in ufficio. Lei dove?»
«Ah no io vado ancora a scuola, questo è l'ultimo anno» dal suo sguardo noto che ci è rimasto male, forse pensava mi fossi trasferito qua per ambizioni lavorative o per continuare la mia carriera.

Gli alberi spogli muovono i rami da un estremo all'altro e quelle poche foglie rimaste seguono il ritmo del vento, il sentiero incomincia a popolarsi di gente e il sole è sorto da ormai qualche minuto, io e Eric siamo rimasti zitti per tutto il tempo, ma è stato bello e ha ragione, è rilassante.
«Dovremo tornare indietro» mi fa notare e si gira dalla parte opposta «Sono già le sei e un quarto» è da quasi un ora che stiamo camminando e per tornare indietro ci metteremo lo stesso tempo.
Spero solo di arrivare prima che si svegli Helen, se si accorge che non sono a letto avviserà Louis e lui andrà in paranoia.
Prima di proseguire verso la strada di casa do un ultima occhiata al London Bridge che ora riesco a vedere perfettamente, è stupendo.
Il vento è un po' calato ma la nebbia è sempre più fitta e il cielo continua a riempirsi di nuvole.

                                 *      *      *

Quando il palazzo è ormai davanti a me faccio un lungo respiro, sono finalmente arrivato e devo assolutamente farmi una doccia e cambiarmi prima di andare a scuola.
Quando apro la porta dell'ingresso una vampata di calore mi avvolge e mi costringe a togliermi sciarpa e berretto.
«Siamo arrivati finalmente, a che piano abiti?»
«Ventitreesimo» rispondo ancora infreddolito.
«Io sono al trentesimo, ti accompagno» mi invita ad entrare in ascensore ed io lo seguo, quando le porte si chiudono ho un nodo nello stomaco, l'orologio segna le sette in punto e sono certo che saranno gia tutti svegli.

Quando le porte si aprono non faccio tempo a dire niente che Louis è davanti a me, girato di spalle e sta parlando (praticamente urlando) con George. Si accorgono del mio arrivo solo quando l'ascensore suona l'arrivo al piano.
«Spero ti sia piaciuto, buon proseguimento di giornata Harry» Eric mi saluta e preme subito il tasto del suo piano.
«Harry!» Louis viene verso di me a passi lunghi e veloci, sembra arrabbiato nero e ho l'impressione che stesse litigando con George.
«Hai idea di cosa hai fatto?» urla, non voglio una scenata qui davanti alla porta di casa, preferisco entrare e spiegare tutto con calma.
«Louis è meglio se entriamo» lancio uno sguardo di scuse a George ed entro in casa non facendo caso alla faccia di Louis.
«Poteva essere pericoloso, te ne rendi conto?!» è bravo per riuscire ad urlare di prima mattina.
«Si, ma non è successo niente» dico «perciò calmati ok?» sono infastidito dal suo atteggiamento, non sono un bambino e so cavarmela benissimo da solo, non ho bisogno del babysitter.
«Calmati? Mi devo calmare?!» esclama «Mi sono svegliato mezz'ora fa e nel letto non c'eri! Sono venuto a controllare giù in salotto e in cucina ed eri scomparso! Come pensi mi sia sentito?» oh lo so benissimo tesoro mio, ci sono passato anche io, peccato che io per rivederti abbia dovuto aspettare quanto? Tre mesi?
«Ho provato a chiamarti ma hai lasciato il telefono a casa! Poteva accaderti di tutto ed io non avrei saputo nulla» da una parte ha ragione, avrei dovuto avvisarlo o per lo meno potevo chiamarlo o mandargli un messaggio. Ma non ha senso prendersela così.
«Non è successo niente. E poi non ero da solo» spiego «È venuto Eric»
«Cosa?! Eric Hyde?» incomincia a camminare avanti e indietro, non posso credere la stia prendendo così male, non ho fatto nulla di male. Decido di non stare a guardarlo e salgo le scale intenzionato a darmi una rinfrescata.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora