120. CXX Chapter

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"Sto sognando" penso.
«Dai, andiamo Harry» Jake mi prende per il braccio e mi strattona via inconsapevole di chi io abbia visto.
Percorriamo a passi veloci tutta la sala fino ad arrivare dall'altra parte.
«Signor Styles?» un uomo di mezza età viene verso di me, è alto, moro e con dei mocassini orribili.
«Si, sono io» rispondo, mi guardo intorno ma è scomparso, non c'è più. Evidentemente è stata un allucinazione.
«Prego, mi segua» gli stiamo dietro, le valigie ha voluto portarle lui e io mi limito a seguirlo. Ci dirigiamo in una delle tante uscite di emergenza, non sono sicuro si possa uscire da qui ma faccio finta di nulla e proseguo.
Una macchina lunga e nera è parcheggiata davanti alla porta, ha i vetri oscurati e non riesco a vedere chi c'è dentro.
«Salite pure, nel frattempo metto le valigie nel bagagliaio» salgo nelle porte posteriori e l'autista mi da il buongiorno. Ricambio ovviamente. Una volta saliti tutti mette in moto e sfrecciamo verso la lunga strada che abbiamo davanti. È così comoda questa macchina, ha pure il riscaldamento sui sedili, starei qui un eternità.
«Vi porteremo in hotel, sarete stanchi» faccio un grugnito, non ho intenzione di mettermi a dormire subito, non è mica stato così faticoso venire qui, d'altronde.
«La ringrazio, abbiamo veramente bisogno di dormire» risponde Jake con un lieve sorriso. I suoi occhi traspaiono stanchezza, forse durante il volo non ha dormito.
Nell'arco di mezz'ora i grattacieli incominciano ad uscire dalle grandi nuvole che avvolgono Londra, capisco che siamo quasi arrivati e mi preparo a scendere.
«Eccoci qua, le valigie le porto io» la macchina si ferma in un immenso hotel contornato da led bianchi e fontanelle in parte all'entrata principale. "Deve essere bello" penso tra me e me.
Mi affretto ad uscire, e l'uomo ci fa cenno di entrare. C'è un grande salone prima di arrivare alla reception, il pianista è bravissimo e mi stupisco del fatto che suoni all'interno di un hotel. Mi avvio al bancone e le signore di accoglienza già sanno chi sono. Mi danno subito le chiavi in mano senza firmare nulla, senza un documento. Nulla di nulla.
«Beh non ci resta altro che salire allora» dice Jake facendomi l'occhiolino.
Prendo le valigie e dico all'uomo che ci saremo arrangiati, non voglio fargli fare tanti giri per niente.
«È sicuro Signor Styles?»
«Certo, non si preoccupi» rispondo con un mezzo sorriso. Voglio solo andarmi a fare la doccia.
L'ascensore mi ricorda tanto quello dell'appartamento di Louis, è immenso e ci potrebbero stare una ventina di persone. Sono i secondi più lunghi della mia vita, ho incominciato ad avere un po' di timore a stare qui dentro con una sola persona, specialmente se si tratta di un uomo.
Una volta usciti, un lungo corridoio illuminato si fa strada.
«Che numero è?» chiede Jake sbadigliando.
«153» rispondo.
Nell'arco di un paio di minuti troviamo la stanza ed entriamo.
«Wow» esclama Jake esterrefatto.
Era oggettivamente grande, due enormi letti matrimoniali, un bagno in marmo con rifiniture oro e un balcone privato con sedie e tavolino.
«Vado a farmi una doccia» dico. Mi siedo nel letto e apro la valigia, prendo il necessario e mi dirigo in bagno.
Sembra così surreale essere di nuovo a Londra, pensavo di aver chiuso per sempre con questa maledetta città. Entro in doccia quando l'acqua è ormai bollente. Sento i muscoli rilassarsi, il viso bagnato che si libera da tutti i germi e il mio corpo che mi ringrazia per questo caldo e rilassante bagno. Esco dopo un po' anche se sarei rimasto li un altra mezz'ora. Mi affretto ad asciugarmi, mi lavo i denti ed esco dal bagno. Mi sento tutta un altra persona.
«Che ne dici se andiamo a farci un giro?» neanche il tempo di dirlo che mi rendo conto che Jake è già disteso a letto, e russa, russa tantissimo.
«Vorrà dire che andrò da solo» faccio un lungo sospiro e mi dirigo all'uscita.

*** *** ***

L'atmosfera di Londra non è cambiata di una virgola, nonostante non mi senta a casa sto bene, mi sento libero ecco.
La pista pedonale non è vuota ma non c'è neanche chissà quanta gente. In molti sono seduti nelle panchine a mangiare qualche stuzzichino o a fumarsi una sigaretta, altri leggono, altri ancora hanno le cuffie. È una città così diversa, nessuno qui è uguale a nessuno, ognuno si fa gli affari propri ed è bello non sentire le solite vecchiette del paese spettegolare su chiunque.

Cammino per più di un ora, è veramente facile far passare il tempo qui. Le luci si fanno sempre più fitte, i negozi sono sempre più attaccati l'un l'altro e il London Bridge già si intravede in lontananza.
Mi rendo conto che mi sto avvicinando al centro della città, non so se proseguire o andarci domani con Jake. Penso al da farsi e nel frattempo mi fermo a riposare un po' le gambe diventate leggermente doloranti. Decido di sedermi nella panchina stranamente libera, chiudo gli occhi e mi concentro sui rumori che questa città emette.
«Harry!»

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora