27. XIX Chapter

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La strada verso casa sembrava alla mia mente sempre più lunga, mille pensieri e paure la pervasero ed io non seppi che fare. Non sapevo quale fosse la cosa migliore da fare, se dovevo proteggerlo, se avrei dovuto rompere definitivamente da lui, se me ne sarei dovuto andare. Di una cosa però ero certo, non sarei riuscito a stare lontano da Harry. Ogni volta, ogni sera, quando mi allontano da casa sua sento una sensazione strana, come se non riuscissi a staccarmi da lui.
I ricordi ripercorsero nella mia mente;
Il nostro primo incontro.
Il primo bacio
La nostra prima volta insieme. Era stato tutto fantastico, ma adesso? Avrei dovuto rompere tutto questo?
Quel ragazzo non mi piaceva, aveva detto cose che mi avevano fatto riflettere, cose che non avrei dovuto dire ad Harry per nessuna ragione al mondo, lo avrebbero fatto preoccupare e non volevo succedesse.
Non sapevo cosa volesse da lui, non sapevo perché ci tenesse così tanto ad un nostro allontanamento.
Non sapevo chi era.
Non sapevo il suo nome.
Però lo odiavo, lo odiavo perché stava rendendo la nostra favola un inferno, stava scrivendo la fine della nostra storia e non volevo, non dovevo permetterglielo. Non sarebbe accaduto. No.
Senza accorgermene parcheggiai la macchina davanti casa e scesi ancora frastornato da tutte quelle cose. Era un incubo, ne ero sicuro, ma non del tutto.
Entrai in casa senza fare caso a mio padre seduto nella poltrona ad ascoltare la partita con le cuffie. Avanzai verso le scale, non volevo mi vedesse, non volevo parlare.
«Figliolo, non ti ho sentito arrivare, tutto bene?» disse appoggiando le cuffie sul tavolino.
La domanda mi fece cadere di nuovo tutto addosso. No, la mia vita non andava bene per niente, voglio dire, avevo un bel ragazzo e lo amavo più di qualunque altra cosa ma non stavo del tutto bene. "Questo è il mio ultimo avvertimento". Una serie di pensieri travolsero la mia mente e, corrugando le sopracciglia risposi «Si papà, sto bene» accennando un finto sorriso, cercavo di essere convincente, lo speravo.
Aggrottò il labbro inferiore, alzò leggermente la testa e con tono soddisfatto «Sono contento. Sai, da quando esci con quel ragazzo sembri più felice, più spensierato» si mise gli occhiali e prese il giornale di fianco a lui e sussurrò un «Quel ragazzo fa miracoli».
Salii su per le scale intento a non far rumore, mia madre era a letto e non volevo svegliarla.
Mi distesi sul letto con le mani nel capo e guardai il soffitto, ero stanchissimo ma dovevo capire cosa dovevo fare. Cosa sarebbe stato più giusto. Ma era difficile quando in ballo c'era la persona più importante della mia vita.
Decidere non è facile.
Non lo è mai stato.
Mi addormentai con ancora i vestiti addosso, ancora assorto tra i miei pensieri, avrei mai trovato una risposta?

Mi svegliai la mattina dopo con la bava alla bocca, era piuttosto imbarazzante ma in camera non c'era nessuno quindi era tutto okay, più o meno. Avevo deciso di voler vivere la mia vita, senza far caso a quello che quel ragazzo aveva detto. Si vive una sola volta ed io la volevo passare con Harry. Per sempre. Fin che morte non ci separi, no?
Passai a prendere Harry ma, come già successo, ero in ritardo e lui era partito da ormai una decina di minuti. Va tutto bene. Va tutto bene. Le lezioni dovrebbero essere già incominciate ed io mi affrettai ad entrare, avevo Diritto e l'entusiasmo (stranamente) mancava. Aprii la porta dell'aula, c'era già la professoressa, una donna vecchia, con gli occhiali, capelli ricci e nella sua bocca si potevano intravedere dei piccoli baffetti, orribili, senza contare l'occhio strabico. Faceva ribrezzo solo a guardarla ma era brava tutto sommato. C'era Michael, un amico di vecchia data, era il mio migliore amico un tempo ma poi ci siamo allontanati sempre di più fino a non sapere più nulla dell'uno e dell'altro. Mi sedetti vicino a lui, era l'unico posto libero senza contare quello vicino ad un ragazzo che faceva una caccia al tesoro all'interno del naso con il suo lungo ed abile dito.
«Guarda chi c'è, Louis Tomlinson» si alzò dalla sedia, sotto gli sguardi di tutti, non era cambiato per niente, sempre pronto a favorire a figure del cazzo.
Mi sedetti guardandomi attorno ed essendo sicuro che nessuno mi stesse guardando. Odio quelli che mi fissano. Incominciammo a parlare della nostra vita in generale, delle cose che ci eravamo persi nel corso dei mesi, era stupefacente come la nostra vita fosse cambiata così drasticamente nel giro di poco tempo.
«E così hai cambiato rotta» mi disse sorridendo. Lo guardai chiedendomi tra me e me di cosa stesse parlando, era sempre stato difficile capire le sue parole. «Voglio dire, sei cambiato. Ora stai insieme ad Harry» mi guardò e poi spostò lo sguardo verso il quaderno pieno ceppo di appunti.
«Sono sempre lo stesso, non sono cambiato per niente» il mio tono si fece più freddo, avevo preso la sua frase come una critica, come se essere omosessuali fosse da persone 'sbagliate'.
Alzò le mani in segno di una sconfitta, sorrise e continuò a prendere appunti.
Sapevo che di lui mi potevo fidare, d'altronde era stato uno dei miei più cari amici, era stato importante ed ero sicuro che lo sarebbe potuto diventare di nuovo. Dovevo parlare, parlare con qualcuno. Dovevo sfogarmi perché con Harry non potevo, o meglio, non volevo affatto.
«Ma c'è un problema» dissi guardandolo, aspettando che sollevasse la faccia dal quaderno. «Problemi in paradiso, addirittura» c'era un senso di ironia in quella frase, ma io avevo bisogno di parlare, anche se non mi avrebbe capito.
«C'è un ragazzo che mi ha minacciato, l'ho incontrato svariate volte, una di notte in mezzo alla strada, una dentro il vecchio ospedale ed una mentre tornavo da scuola. Non so chi sia, non so cosa vuole» il suo ironico sorriso si trasformò in un tenebroso viso, non so se fosse stata paura o cosa, appoggiò la penna e smise di scrivere nonostante ci fosse la professoressa che stesse spiegando.
«Ti avrà detto qualcosa, no?» la sua domanda mi fece irrigidire da una serie di sensazioni negative, mi pentii di averglielo detto perché in quel momento avrei dovuto ricordare tutto ciò che mi disse la sera prima.
«Di stare lontano da Harry, ecco, mi ha detto questo» risposi girandomi verso il professore, non volevo sembrare disinteressato anche se in realtà lo ero eccome. Divenne pallido talmente tanto che tutti si girarono preoccupati. Sapeva qualcosa di cui io non ne ero a conoscenza
«Ascoltalo Louis, fai quello che ti dice, è la cosa migliore per tutti e due, credimi»
La campanella suonò, il tempo era volato ma io avevo ancora bisogno di risposte.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora