77. LXVIII Chapter

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Il silenzio è assordante, sfrego gli occhi e mi alzo dal letto. Non so quanto ho dormito ma è sera a giudicare dal tempo, vado in bagno e mi faccio una rapida doccia prima di scendere, mi sistemo i capelli e vado in cucina.
Giro per un attimo lo sguardo, Louis è seduto sul divano con i gomiti appoggiato sulle gambe e la testa che guarda il pavimento. Indossa un paio di jeans e la solita felpa verde e bianca.
«Louis» lo chiamo, cosa sta facendo?
«Quanto male ti ho fatto?» chiede secco, sta piangendo? «Rispondi Harry, quanto hai sofferto da quando me ne sono andato?»
A solo il pensiero mi vengono i brividi.
«Beh non tanto» non voglio dargli colpe perciò preferisco tenere tutto in generale. Non è colpa sua.
«Non tanto?» fa un grugnito «Veramente Harry? Veramente dici? Sei dimagrito da diventare quasi invisibile, hai tentato di suicidarti» si mette le mani negli occhi.
«Non importa» rispondo. Ora sei qui.
«Questo, le parole scritte qui sono fatte di dolore, sofferenza, solitudine, disperazione» mi indica il diario, quel diario. «Non hai paura di ciò che potrei farti più avanti?» si alza in piedi e mi viene incontro «Se dovessi ferirti di nuovo»
«Non lo farai, non succederà» ne sono certo.
Allungo le mani e le appoggio sulle sue guance. Le accarezzo dolcemente. «Tu mi ami»
«Si, tanto» risponde.
«Ce la faremo Lou» gli prometto.
Sorride.
«Voglio cucinare qualcosa di buono per noi» gli confido spingendolo in cucina. «Qualcosa di italiano» dico.
Mi prende per i fianchi e si morsica le labbra «Vuoi che ti dia una mano? So cucinare bene io»
«Cosa vuoi preparare di gustoso?» alzo un sopracciglio e sorrido.
«Pollo con patate arrosto, non è del tutto italiano ma è buono, credimi» ride, amo quando fa così. Mi mancava così tanto.
Lo aiuto a cucinare, a quanto pare serve anche il prosciutto e del formaggio. Taglio le patate e metto sopra del rosmarino, gli italiani fanno così penso. Metto in forno e in una ventina di minuti sono pronte. Guardo Louis alle prese con i fornelli, sembra così a suo agio, chissà cosa faceva a Londra a quest'ora e dove abitava, con chi lavorava. Chissà se aveva amici o qualcuno che gli ronzava intorno, al solo pensiero mi assale l'agitazione.
«Come procede la cottura?» non riesco a non ridere.
«Devo solo metterlo in forno, senti questo profumino?»
«Si, chi ti ha insegnato a cucinare?»
«La domestica, quando non avevo lavoro da svolgere mi dedicavo alla cottura di animali selvaggi come la gallina. È interessante sai»
«Domestica?» aveva qualcuno che lavorava per lui?
«Si, te l'ho detto, lo stipendio è buono e posso permettermelo»
Resto in silenzio. Li ora ha una vita da portare avanti, dovrà tornare indietro prima o poi, no?
«Apri il forno, altri dieci minuti ed è pronto»
Sfrutto il tempo rimasto per preparare la tavola, sembra essere tutto tornato come una volta, sembra impossibile ma è così.

«Ecco qui, pronto e servito» annuncia.
Riempie quasi tutto il piatto, tra patate e pollo non saprei da cosa iniziare. Sembra buono a giudicare dall'aspetto.
Ci sediamo a tavola e incominciamo a mangiare ma veniamo interrotti dal telefono che squilla.
«Pronto, si, mi arrangio io, mettile nel mio ufficio, non lo so presto comunque, perfetto»
Riattacca, al telefono è così distaccato che quasi non lo riconosco «Scusami, affari di lavoro» sorride.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora