-giorno quindici-
In questi giorni non ho avuto il coraggio di scriverti, non so se riuscirò a dirtelo ma incomincio con l'annunciarti che ieri sono andato per l'ultima volta dalla psicologa. Ha comunque voluto vedere il mio diario ma io non ho voluto, questo deve rimanere un nostro segreto. Sono stato bravo sai? Non ho pianto, anche se mancava veramente poco, quella donna riesce a toglierti tutto quello che hai, riesce ad annullarti in pochi minuti. Ma ci sono riuscito, io ce l'ho fatta, sono andato via e le ho detto che non sarei più ritornato.
Non posso dire che sto meglio perché non sarebbe la verità, continua ad essere un incubo qui, Louis. Tutto continua a girare all'incontrario, tutto continua ad andare nel peggiore dei modi. La gente si è abituata in fretta alla tua mancanza, si è abituata al fatto di non vedere più la tua macchina girare per la strada, si è abituata a non vedere più il tuo instancabile sorriso. È strano come la gente riesca a dimenticarsi così in fretta, vorrei riuscirci anche io.Giorni fa ho conosciuto dei ragazzi, sono tipi a posto, credimi. Forse un po' strani e 'fuori dal mondo' ma d'altronde chi non lo è.
Loro si divertono, si godono la loro vita e, sai, ad un certo punto hai bisogno anche tu di un po' di 'adrenalina', quella cosa che ti cambia per una manciata di tempo, che ti rende più felice e fuori dai problemi.
Ero arrabbiato con te, ero furioso con te.
Non riesco a concretizzare il fatto che non ti sei degnato di scrivermi o di sapere come io stessi, mi hai deluso ma d'altronde se te ne sei voluto andare c'è un motivo.Eravamo al parco, in quattro persone da quanto ricordo, tutti avevano in mano una specie di sigaretta che loro chiamano "canna", penso tu sappia cosa sia. Ho voluto provarla, ho voluto provare quella sensazione di liberà di cui tutti parlano, quella sensazione di leggerezza che ti avvolge dopo poco. Avevano ragione, mi ha fatto stare meglio, mi ha fatto dimenticare di tutto il resto. Ho fatto uno, due, tre, quattro tiri e mi sono fermato quando ormai ero arrivano al filtro (non so se si chiama così, non ne sono un esperto).
Le mie sensazioni erano contrastanti, sentivo la vendetta scorrermi nel sangue e non so perché ma ero felice di averti fatto un torto del genere, ero felice perché sapevo che a te non avrebbe fatto piacere. Sentivo l'energia lungo tutto il corpo, come se avessi avuto la forza di buttare giù un grande albero, come se fossi riuscito prendere il cuore di qualcuno e ridurlo a pezzi (come hai fatto tu, ricordi?). Insieme a questo c'era la nausea, giramento di testa, vertigini, ma stavo bene, io stavo bene.
Christian continuava a ripetermi di sedermi e di bere un po' di acqua ma io non ne volevo sapere, volevo restare in quello stato perché in un certo senso non mi faceva pensare a te, non stavo più male, capisci?
Sono andato via ciondolando tra i piedi, era imbarazzante ma non riuscivo a camminare bene, era come se avessi dei mattoni sopra le scarpe. Ho fatto una lunga camminata e mi sono ritrovato davanti a casa di tua madre, il mio subconscio continuava a ripetermi di non farlo, di non fare niente perché avrei peggiorato la situazione. Le mie gambe continuavano però ad avanzare finché si trovarono davanti alla porta d'ingresso.
Ormai non reagivo neanche più, continuavo a bussare interrottamente, senza sosta, senza il timore di ciò che sarebbe successo.
Quando mi trovai tua madre davanti restai sorpreso, ma durò poco, incominciai a parlare di cose senza senso, di come la mia vita stesse cadendo giorno dopo giorno. Mi chiese se ero ubriaco ma capii subito, quando si avvicinò, quale era la verità. Non ricordo molto la sua espressione ma sembrava avesse pietà per me, come se avesse letto il mio dolore negli occhi.
Mi ha portato una tazza di the al limone ed io non l'ho neanche ringraziata, mi faccio schifo, ancora non credo di averlo fatto.
Continuavo a borbottare, a dire cose a vanvera e lei cercava di capirmi, lei ci provava ma inutilmente.È riuscita a portarmi a casa in auto dopo aver vomitato tre volte nel salotto di casa sua, devo ancora chiederle scusa ma non so se ci riuscirò.
Ti chiedo scusa Louis, io non volevo farlo davvero, pensavo finisse li, nessun effetto collaterale. Mi dispiace così tanto.
Ti amo Louis.Il telefono sopra al comodino squilla incessantemente, premo l'icona verde e rispondo:
«Dammi due minuti, scendo subito»
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Obsession || Larry Stylinson
FanfictionSiamo in una società dove il giudizio degli altri conta più di quello nostro. Siamo in una società dove l'omosessualità è considerata un reato. Siamo in una società di tradizionalisti contrari ai cambiamenti. Sono convinta che il vero amore esista i...