119. CXVIV Chapter

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Un rimbombo frastornante si fa strada tra i sogni e desideri del lungo sonno. Degli operai stanno sistemando la strada di fronte casa di Jake e hanno incominciato presto, veramente troppo presto.
«Il risveglio più traumatico a cui sono stato sottoposto» penso tra me e me, sono ancora troppo assonnato per rendermi conto di aver parlato a voce alta.
«Scusa» ridacchia Jake rimenandosi tra le lenzuola. «è ora di alzarsi caro» si tira su e si veste in un lampo. Cerco di aprire gli occhi e di capire se è solo un terribile incubo o veramente sono qui da Jake.
«Non costringermi a tirarti su con la forza!» ride Jake mentre va in cucina.
«Che ore sono?» nell'aprire gli occhi mi rendo conto che è tutto reale, si, è tutto reale.
«Le nove e mezza più o meno» risponde e apre l'anta sotto i fornelli.
Mi dirigo in bagno e prendo i miei vestiti, il pigiama di Jake è veramente comodo ma credo che ne farò bene a meno. Mi guardo allo specchio e mi lavo il viso, l'acqua fredda mi risveglia per bene così penso ad un modo per andarmene di fretta e furia da qui. Esco e vado in cucina, mi metto le scarpe e cerco le chiavi della macchina.
«Non avrai pensato di andartene senza aver fatto una buona e salutare colazione» mi fa l'occhiolino e mi porge un bicchiere di spremuta d'arancia.
«In realtà si» accenno un sorriso. «E poi devo controllare tra le mail se la segretaria mi ha mandato i biglietti» invento una scusa.
«Harry, lo puoi fare anche più tardi, smettila di inventarti scuse» ride.
«E va bene, posso restare per altri dieci minuti al massimo» sorride compiaciuto.

*** *** ***

Quando nella tarda mattinata ritorno a casa apro le email ricevute e noto subito che c'é anche quella per il set fotografico. Contiene un allegato con i biglietti aereo, leggo la data e mi accorgo che é domani. L'aereo di ritorno é esattamente una settimana dopo e mi chiedo perché la mia permanenza dovesse essere così lunga.
Avviso Jake che mi risponde dicendomi che dovrà tornare due giorni dopo la partenza perché deve lavorare.
Penso al fatto che dovrò starmene da solo per cinque giorni, spero che i miei risparmi possano bastare nonostante sia una città maledettamente cara. Scaccio via i pensieri e mi preparo per il turno pomeridiano, la mutua dovuta alla perdita di mio padre è durata troppo poco e non ho voglia di ritornare in quel fastidioso posto, con quel orribile capo.
Mi affretto, devo anche avvisarlo del fatto che non riuscirò ad andare per un intera settimana. Spero che capisca e al massimo farò una settimana di ferie in meno quando ne avrò l'occasione.

Entro dalla porta principale dopo aver appoggiato la bici in una pensilina con tanto di lucchetto. Vado nello spogliatoio e incomincio a cambiarmi, ho un leggero brivido quando sento una mano avvolgermi la spalla.
«Come andiamo?» era il mio capo, il suo alito mi faceva salire la nausea «ti sei riposato abbastanza in questi giorni?» mi chiede.
«La perdita di un padre non si dimentica così in fretta Signore» rispondo finendo di mettermi le scarpe.
«Lo so» ha una specie di grugnito «ed è per questo che finito il tuo turno firmerai il foglio del licenziamento» mi immobilizzo «qui non abbiamo bisogno di piagnucoloni» ride come se questo lo divertisse.
«Ah sì?» rispondo a tono «allora tenga pure questa» mi tolgo la giacca marchiata del nome del suo bar/ristorante e gliela butto addosso, mi tolgo le scarpe e gliele butto a terra «mi dia pure il foglio, glielo firmo immediatamente» esclamo «io invece non ho bisogno di lavorare con dei rincoglioniti» dico, quasi mi scappa un risolino.
Nell'arco di due minuti ho già firmato il foglio e mi sto avviando a casa.

Colgo l'occasione per avvisare mia mamma del viaggio che andrò a fare, è contenta eppure anche un po' triste.
«Puoi rimanere qui se vuoi» so quanto difficile possa essere ritornare in una casa piena di ricordi e cose che fanno solo ed esclusivamente pensare a quella determinata persona. Ha bisogno di respirare e qui può farlo senza problemi.
«Grazie tesoro, rimarrò qui per un altro paio di giorni» accenna un sorriso e ritorna in camera da letto.
Devo essere forte per lei, non posso neanche immaginare quanto sia difficile perdere colui che ti è stato affianco per un intera vita.

Mi affretto a preparare le valigie, nel frattempo penso a come sarà stare una settimana a Londra, senza Louis, senza nessuno che mi stia affianco per davvero. Louis avrebbe di sicuro saputo cosa fare durante la mia permanenza. Nonostante il lavoro sarebbe riuscito a riservare del tempo anche per me, come ha sempre fatto d'altronde.

Chiudo la valigia e mi distendo nel divano oramai divenuto il mio letto. Continuo a rimuginare sui vecchi ricordi, ricordi che sembrano provenire da chissà quale anno quando in realtà è successo tutto così in fretta.
Chiudo gli occhi e immagino una vita serena e felice insieme ad una persona che veramente mi ami come solo lui ha saputo fare per ora.

                    ***               ***               ***

Mi sveglio all'improvviso, quasi impaurito, l'aereo nel frattempo è atterrato, siamo già arrivati?
«Su svegliati, Harry» mi sussurra Jake «non vorrai startene qui»
Corrugo le sopracciglia e mi stiracchio la schiena su quei sedili troppo scomodi. Mi alzo e mi affretto a prendere lo zaino portatomi come bagaglio a mano, scendo dall'aereo scortato dalle assistenti di volo, sento Jake che mi fissa incessantemente e che borbotta qualcosa tra lui e lui. Ci dirigiamo verso il recupero bagagli e i nostri sono quasi i primi ad arrivare. Ci avviamo quindi verso l'uscita dell'aeroporto.
«Mi dispiace che tu debba rimanere qui da solo tra qualche giorno» mi dice Jake guardando tra le vetrate dell'aeroporto.
«Me la caverò» rispondo freddamente, mi guardo in giro e un improvviso brivido lungo la schiena mi travolge, infondo alla sala, nascosto tra la gente che va avanti e indietro c'è lui, Louis.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora