39. XXXI Chapter

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Quella mattina era strana, era una mattina calda, sapeva di margherite appena sbocciate, di aria profumata come un giorno di primavera. Le coperte mi rimboccavano fino al collo e il suo respiro avvolgeva il mio viso ancora assonnato. Era successo tutto così in fretta che mi è stato difficile metabolizzare ciò che successe il giorno prima, mi portò qui appena finito scuola, ero ancora infastidito ma accettai perché volevo stargli accanto più che mai. Cenammo a lume di candele in quel posto che lui chiamò "casa nostra".
Si perché quella era la nostra casa, avremo vissuto li per sempre, indipendentemente dal pensiero degli altri. Finimmo la serata uno accanto all'altro e ci addormentammo in quel meraviglioso letto, pieno di speranze e obbiettivi per il futuro.
Accostai lo sguardo verso il suo viso ancora immerso nel sonno, era meraviglioso, forse troppo per i miei standard, i capelli tutti arruffati eppure così sexy e belli, la bocca rosea e ricca d'amore. "Non svegliarti" ripetei, voglio continuare guardarti per l'intera giornata.

Mi girai e mi aggrovigliai intorno alle coperte cercando di non muovermi troppo, erano le 10.15, avevo proprio voglia di una colazione ed ero sicuro che anche a Lou non sarebbe dispiaciuta. Mi alzai, camminai in punta di piedi e scesi le scale quasi volando, arrivai in cucina e aprii qualche cassettone in cerca di qualcosa da mangiare, pane e Nutella, sarebbero potuti andare bene, aprii il frigorifero, succo d'arancia, ottimo per una prima colazione.
Cercai un vassoio, tagliai il pane e ci spennellai qualche cucchiaiata di cioccolata, presi il bicchiere con il succo e lo appoggiai sopra al vassoio di legno decorato con strisce d'oro e argento. Salii le scale facendo il minimo rumore. Arrivai in camera e appoggiai tutto sul comodino.

«Buongiorno tesoro» esclamai con un sorriso a trentasei denti.
I suoi occhi lentamente si aprirono e ci volle un po' perché capisse dove eravamo.

«Ma che bel buongiorno» sussurrò con voce rauca, ancora assonnata.

«Ti ho portato la colazione» annunciai orgoglioso del mio lavoro.

«Oh grazie amore, ma lo sai, a me basti tu»
La mia faccia, era imbarazzante quanto rossa diventò. Mi affrettai e gli portai la colazione nascondendomi poi tra i suoi capelli.

«Ti amo tanto, lo sai?» mi ringraziò.

«Ti amo tanto anche io, dai mangia adesso»

«Va bene Capo, ai suoi ordini» era strano come lui, al mattino, appena sveglio, fosse già in vena di scherzare, era una qualità che non tutti avevano e Dio, quanto lo amavo. Lo fissai per tutto il tempo, in attesa che finisse quella colazione preannunciatasi infinita.

«Finito. Ora mi devi un bacio» il mio cuore esplose.

«Ricordi di quel posto che mi dovevi far vedere?» trova un argomento,trova un argomento.

«Si certo, perché?» le sue labbra si staccarono dal mio collo ancora in preda da quei baci così sensuali e pieni di passione.

«Voglio andarci».

«Adesso? È presto, possiamo andarci anche oggi».

«Si, adesso»

«Va bene Mr.Styles, sai sempre cosa vuoi»

Fuori pericolo, il mio cuore batte ancora.

Vi era una distesa di erba verde lungo tutto il giardino, immerso nella natura e nell'ambiente circostante. Era contornato da fiori di ogni tipo, da delle semplici rose a delle favolose orchidee, c'era un laghetto, era piccolo ma dava a quel posto un tocco in più, era tutto più vivo.
Mi girai cercando di capire come fossi finito in quel paradiso neanche tanto lontano a quell'inferno di paese in cui vivevo.
Louis aspettò ansioso un mio commento, un mio verso o qualunque altra cosa che gli avrebbe fatto capire quanto contento ero di essere li, in quel meraviglioso parco.
Invece no, rimasi in silenzio, continuai a fissare l'orizzonte come se oltre a quello ci fosse altro.

«Hai fame?» mi chiese per attirare la sua attenzione. Un'improvviso appetito invase la mia mente o non esitai a rispondere.

«Si».

Prese dallo zainetto un enorme tovaglia a quadri rossi e bianchi e la distese sull'erba.
Frugò dentro allo zaino in cerca di salviette, bicchieri e forchette. Prese il cestino e servì il pranzo, panino con prosciutto cotto e maionese, delizioso pensai. Afferrai il panino e gli diedi un morso continuando a scrutare quel posto.

«Non dici niente» osservò con aria perplessa.

«È stupendo Lou» attaccai.

«Ma..»

«Ho paura Louis, ecco» ammisi. Un improvvisa voglia di piangere arrivò ai miei occhi ma cercai di trattenermi. Oh Harry come sei sensibile.

«Paura? Di cosa esattamente?» chiese ansioso.

«Di perderti e che tutto questo finisca» il pensiero che ciò accadesse mi spezzò il cuore e la fame mi passò rapidamente.
«I tuoi attacchi d'umore, sono piuttosto imprevedibili sai, un momento prima sei felice e contento di essere qui insieme a me, un attimo dopo sei distaccato, freddo e ti comporti come se non te ne fregasse niente»

«Io ti amo Harry».

«Lo so, e ti amo anche io».

Un minuto di silenzio, non sapevo più cosa dire, cosa pensare, e come comportarmi. Era difficile capire il motivo di quei atteggiamenti ed io avevo paura, ero tremendamente preoccupato.

«Chi era al telefono l'altro giorno?» sbottai seccato.

«Harry ricevo chiamate tutto il giorno da persone completamente diverse, è impossibile che mi ricordi»

«Non sono ebete, dimmi chi era, sai di chi sto parlando» alzai leggermente la voce.

«È difficile da spiegare» si appoggiò la mano nella fronte come se stesse passando un'interrogazione impossibile.

«Siamo qui, in questo incantevole giardino rivestito di questo stupendo verde, fiori di ogni genere e un cielo bellissimo, io dico che di tempo ne abbiamo e anche parecchio. Ti ascolto».

«Ti stanno cercando Harry»

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora