62. LIII Chapter

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Il riflesso della luce mi infastidisce, apro gli occhi e un odore di alcol mi paralizza completamente. Sbuffo e mi guardo intorno, cerco di metabolizzare dove sono e di capire cos'è successo. Ricordi di bicchierini, di un water e tanto, tanto mal di testa si fanno sempre vicini, più reali. Sento il tessuto dei boxer, ho solo quello addosso, giro la testa a sinistra e mi ritrovo un ragazzo moro, al momento non capisco chi è ma i tatuaggi lungo il braccio mi fanno aprire gli occhi, è Jake, anche lui in boxer. Mi metto le mani tra i capelli, no, non è possibile, non posso averlo fatto veramente. Mi alzo di scatto e mi infilo i pantaloni e la maglietta che sono ripiegati perfettamente sopra al comodino. Infilo le scarpe e cerco il telefono, cazzo mia madre, mi starà cercando per tutta la città, maledizione a me.
«Harry» la sua voce mi fa saltare in aria, devo andarmene.
«Dov'è il mio cellulare?»
«Buongiorno anche a te» quasi si mette a ridere. «È sopra al tavolo».
Lo trovo e lo accendo, una sfilza di messaggi riempiono il blocca schermo, sarà su tutte le furie, sarà su tutte le fuori.
«Dove vai?» chiede curioso «Qui non passano taxi»
Non avrei neppure soldi per pagarlo. «Pensavo di andare a piedi»
«Ti porto io, dammi solo un paio di minuti per prepararmi, non puoi andare la fuori da solo»
«Cosa?! No io non ci vengo con te, non dopo stanotte» alzo la voce.
«Stanotte? Cosa sarebbe successo stanotte?» il suo tono sembra quasi ironico. Mi sta prendendo in giro.
«Sai bene cos'è successo, quando mi sono svegliato eravamo praticamente nudi, non fare il fino tonto»
«Devi aver sbattuto la testa, davvero pensi che ti abbia usato per fare sesso? Mi fai ridere» si alza e si chiude in bagno quasi infastidito.
Ora che ci penso sembra una stupidaggine, non penso sia il tipo che fa queste cose, cioé si, fuma, beve e si droga, però non penso nemmeno che sia gay. La mente è in confusione e mi appoggio alla prima parete che trovo, gira tutto cazzo.
Il suono del cellulare mi fa sobbalzare, è scarico, dovrò affrontare mia madre a quattro occhi, già so quello che mi dirà.
«Andiamo» annuncia Jake.

C'è il sole ma il freddo rabbrividisce la mia schiena ancora sudata. Salgo in macchina e affondo la testa sul sedile, non so nemmeno quanto ci metteremo, neanche so dove sono.
Guardo l'orologio, sono le 13.28, dobbiamo muoverci.

Dopo esser arrivati al centro della città e di aver cercato di spiegare lui la strada per casa salgo giù salutandolo prima con la mano, mi avvio verso casa con il fiatone, tutto quell'alcol mi ha fuso le forze. Suono il campanello e spero vivamente che mia madre o mio padre siano in casa. Aspetto qualche minuto e mi viene ad aprire lei, le lacrime le rigano le guance e mi sento morire dentro, l'ho ridotta io così.
Mi apre e si dirige verso il divano.
«Pensavo te ne fossi andato per sempre» incomincia «Che fossi andato a cercare lui» Louis.
Prendo un respiro cercando di trattenere le lacrime, è tutto così sbagliato che non riesco nemmeno a cercare una scusa buona, non riesco a capacitarmi del fatto che lo abbia fatto veramente.
«Mi dispiace tanto mamma» sussurro sedendomi di fianco a lei, cerca una scusa Harry, cerca una buona scusa, dille qualcosa, avanti. «Volevo prendermi del tempo da solo» dico. «E ho preso una decisione».

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora