66. LVII Chapter

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«Non penso sia il caso Jake» ribadisco, non voglio farlo, faccio un passo verso il bosco, voglio ritornare indietro.
«Harry aspetta» urla da dietro.
Mi blocco.
«Io non voglio farti male. Questo lo sai vero?»
No, non lo so.
«Io so chi sei, io so tutto Harry. So che stai passando forse il periodo più brutto della tua vita e, credimi, so che ti sei trasferito da poco, so che ti sei innamorato della persona che adesso se n'è andata e che probabilmente non ritornerà mai più, io queste cose le so, le so da tempo. Poco tempo fa ho scoperto che sei stato in coma, per tre mesi Harry. Ho voluto cambiare atteggiamento, ho voluto aiutarti»
Le lacrime colano lunghe e distese, non capisco cosa voglia fare, non capisco cosa vuole da me.
«Quindi per favore Harry, fallo. Forse i tuoi problemi non si risolveranno così, tra un tuffo e l'altro, ma ti faranno comprendere che non tutto è perso, ti faranno provare sensazioni che in confronto a quelle che stai vivendo adesso sono niente. Libertà, responsabilità, indipendenza. Tutto in una sola volta».

Lui lo ha già fatto milioni di volte.
Non è mai successo niente.
Non si è mai fatto male.
Non dovrei aver paura, non ho niente da perdere ormai.
Dovrei provare, dovrei 'liberarmi' dei miei pensieri, dei miei problemi. Dovrei fregarmene delle paure, della tristezza, del pericolo.
«Okay» dico tra me e me. «Come vuoi tu» sussurro.
Prima la maglia, poi i pantaloni. Sono nudo e qui c'è freddo. Ne varrà la pena, starò meglio.
Mi volto dall'altra parte e vedo Jake compiaciuto, come se avesse appena vinto ad una finale di una partita mondiale di football.
Mi rigiro per l'ultima volta verso il bosco.

I miei occhi non riescono a identificarlo, c'è una figura, un uomo. Nonostante ci sia buio ha gli occhiali da sole.
La sua testa non si muove.
È ferma.
Su di me.
Il suo viso è cupo, interrogatorio. Non riesco a vederlo bene, è distante.

Mi rigiro, Jake sembra non essersene accorto, non voglio pensarci, la mia mente potrebbe avermi giocato un brutto scherzo, so come sono, vedo cose del tutto inesistenti.
Con la mano indica il confine del burrone, è li che devo buttarmi, ce la posso fare, solo una volta.
Avanzo verso il masso e in un batter d'occhio mi trovo a qualche centimetro dal vuoto più totale, riesco a vedere il mare, riesco a sentirlo.

«Quando sei pronto» dice.

I suoni della foresta sono tutti più amplificati, come se mi stessi trasformando. Riesco a sentire gli uccelli cinguettare all'interno dei loro nidi, le onde che si infrangono nelle dure rocce, il vento che muove i secchi rami degli alberi, l'erba che mi corre lungo le ginocchia, le macchine che sfrecciano a tutta velocità nell'autostrada difronte.
È tutto così normale e surreale contemporaneamente.
Ma ora tocca a me.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora