86. LXXVII Chapter

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«Un mio amico» non faccio molto caso alla sua gelosia, «Devo andare da mia madre» ribatto mentre mette in marcia la macchina, spero ci sia anche mio padre, mi farebbe piacere salutare anche lui.
«Ti accompagno ma non posso restare lì, devo andare a casa per finire di firmare delle carte» respinge la richiesta indiretta di venir con me.
«Com'è andata a scuola?» domanda, sembra incuriosito dalla mia risposta.
«Bene» in ogni caso non penso sia molto importante, passerò solo un altro giorno in questa scuola, non ci darei molto peso neanche se andasse male.
Accosta davanti il cancello di casa, ha le mani ancora salde sul volante cosi ne approfitto per allungarmi e salutarlo con un bacio.
«Vengo a prenderti tra un paio d'ore» dice, sembra sorpreso. Chiudo la portiera e suono il campanello di casa, dopo qualche secondo mia madre scosta le tende delle finestre della cucina per guardare chi è e viene ad aprirmi.
«Tesoro, che ci fai qui? Entra pure» mi da un rapido bacio sulla guancia e mi fa accomodare sul divano, sembra di non stare tra queste mura da mesi, l 'odore di lavanda l'ho sempre adorato ma qui è troppo intenso.
«Sono venuto a controllare se ci sono robe mie di sopra» catturo la sua attenzione perché ora è troppo presa a cucinare chissà quale dolce «E per salutarti se domani non ce ne sarà occasione» urlo più forte, non voglio che si senta da sola quando me ne andrò, vorrei fargli capire che può chiamarmi quando vuole e chiedermi qualunque cosa lei abbia bisogno. Vivere con mio padre non è facile, quando arriva a casa si rifugia sul suo mondo, per lui esiste solo televisione, cuffie e partite di calcio. Non è mai stato molto affettuoso e mia madre avrebbe bisogno di qualcuno che le stia accanto sempre.
Salgo le scale e mi dirigo in camera, è rimasta come l'ho lasciata, ci sono dei fogli per terra, la scrivania quasi spoglia e l'armadio vuoto. Sembra di non essermi dimenticato niente, ritorno al piano terra e vado in cucina dove trovo mia mamma, un profumo di biscotti avvolge l'odore che prima mi infastidiva.
«Li ho preparati per voi, fammi sapere come sono venuti» in altre circostanze li avrei rifiutati, non amo portare avanti e indietro sporte di cibo, ma so che a lei farebbe piacere se portassi un pezzo di questa casa anche là.
Apre il forno e con un scatto veloce li sposta tutti su un cestino decorato con tovaglioli di carta gialli.
«Vado a prenderti una cosa» appoggia il torcione sul lavabo e si nasconde in salotto, la sento aprire i cassettoni del mobile in legno, quando ritorna ha una cosa tra le mani.
«La facemmo quando eri molto piccolo, ricordo che appena la incorniciammo la presi e la portai nella tua cameretta. Ti addormentavi sempre con quella fotografia tra le mani» me la allunga e la prendo, ritrae me, mia madre e mio padre in una delle più normali foto di famiglia, ho all'incirca tre anni e non assomiglio per niente a come sono adesso.
«Grazie» non posso nemmeno immaginare cosa si prova ad avere un figlio che se ne va a chilometri e chilometri da casa, all'idea mi rattristo e appoggio la fotografia al tavolo.
«Per qualunque cosa chiamami figliolo, so che non sarò con te fisicamente ma ci sarò con il cuore e con me potrai sempre parlare» mi ricorda, esser venuto qui mi ha fatto salire una tristezza unica, ho paura che le cose non andranno come previsto, quella donna mi ha fatto ripensare alla mia scelta, a pensare che magari andare a vivere con lui non sarà del tutto positivo.
Ma io mi fido, nonostante mi abbia provocato tutto quel male mi fido ancora e non voglio lasciarlo andare via di nuovo, voglio esserci anche io questa volta, questa volta voglio lottare per lui.
«Ti voglio tanto bene mamma» la abbraccio stringendola più che posso, ha le ossa fragili ma non importa, mi mancherà così tanto, sarà una delle uniche persone che mi starà accanto per sempre e mi fa male lasciarla così.
«Sii felice Harry, fai tutto quello che ti rende felice» le sue parole mi danno una forza immensa, la mia felicità, farò la cosa giusta, ne sono certo.

                                     * * *

Non sono riuscito a stare in quella casa dopo che tutti i ricordi riaffioravano mano a mano che mi guardavo intorno. Ne ho passate così tante in quest'ultimo anno, vorrei ritornare nella mia vecchia cittadina, salutare Jenna, rivedere Sarah e controllare come se la stanno passando. Mi sento in colpa per Jenna, l'ultima volta l'ho trattata malissimo nonostante lei fosse venuta qui per me, stavo passando uno dei momenti più brutti della mia vita e non sapevo come comportarmi, non sapevo badare a tutte quelle sensazioni ed emozioni.
Quando Louis se n'è andato all'improvviso tutto il mondo, l'intero scudo che mi ero creato per nascondermi dagli altri crollò, mi sentivo così deluso, abbattuto e demoralizzato. Avevo perso ogni mia abitudine, perfino andare a scuola si era rivelato impossibile.
Le lettere che scrivevo per lui erano ogni volta una rovina, dovevano aiutarmi, farmi passare quel momento ma più ci pensavo e più mi rovinavo. Ed è da questo che ho capito che all'amore non ci sono medicine, psicologi, diari, lettere. Il tempo è la soluzione più adatta, solo lui può far diminuire la distruzione che abbiamo dentro, solo il tempo può liberarci da quello che noi definiamo inferno.

La suoneria del telefono mi riporta nel mondo degli esseri viventi. È Louis.
«Dimmi»
«Dove sei? Sono fuori, esci»
Mi ero dimenticato che doveva venirmi a prendere, spero non si arrabbi ma ho preferito andarmene via prima.
«Sto tornando a casa a piedi» Sento il suo cuore gelare e riaggancia senza rispondermi.
Infilo il cellulare in tasca e una macchina in lontananza decelera, la sento fermarsi di fianco a me. Abbassa il finestrino e si sporge.
«Jake!» mi ha fatto prendere un colpo.
«Harry, che ci fai qui?» sembra meravigliato di trovarmi a girovagare per le strade al buio.
«Vuoi un passaggio? Potrebbero prenderti sotto» ride.
«No, Louis...» la sua macchina è dietro quella di Jake, sarà nero dalla rabbia, prima lo faccio aspettare per niente e poi mi trova per strada con Jake. Perfetto, ottimo tempismo.
«È meglio che vada» il suo sorriso si è smorzo e la mia paura avvampa. Mi urlerà dietro, lo so.
«Ci vediamo domani, vedi di non farti uccidere» mette in motore l'auto e si allontana.

Obsession || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora